da Londra, Giorgio Spalluto
Sereno, rilassato, quasi come se il successo appena conquistato fosse stato il normale coronamento di una stagione superlativa, Novak Djokovic si concede alle domande dei giornalisti che lo accolgono con un fragoroso applauso. Ovviamente più che del match (“la miglior partita che abbia mai giocato sull’erba”) si cercano di carpire le emozioni di un tennista capace in due giorni di centrare tutti i sogni che aveva desiderato sin da bambino e di porre fine a un duopolio oramai settennale.
Dalla vittoria in Coppa Davis a oggi. Un viaggio incredibile. Cosa pensi di questo periodo?
“Vorrei tanto riuscire a dirvi tutto ma non trovo le parole per spiegare quello che sento adesso. Ho raggiunto l’obiettivo di tutta una vita, ho realizzato il mio sogno. È il più bel giorno della mia carriera. E’ per giorni come questo che ti alleni tutta la vita”.
Dopo aver vinto il secondo set in maniera così netta, hai cominciato a sentire un po’ di tensione? Cosa sentivi al termine del terzo set?
“Credo sia stato il contrario. Mi sono rilassato troppo all’inizio del terzo, non ero concentrato. Quando giochi contro un avversario come Nadal, lui sfrutta tutte le opportunità per rientrare nel match. Lui ha meritato il 6-1 ma io ho fatto tanti errori. Sono stato io ad aiutarlo a rientrare in partita"
A 12 anni sei andato hai lasciato casa per andare in Germania. Ripensando a tutto quello che hai conquistato, puoi dirci quanto ti sono costati questi sacrifici?
“Ne parlavo proprio adesso negli spogliatoio con i miei fratelli, con la mia famiglia. Una vittoria come questa ti fa ripensare al duro lavoro fatto in Germania e poi al ritorno in Serbia, quando avevo 8, 9 , 10, 11 anni, ai sogni che avevo allora.
Tutti sapete della situazione che c’era allora, della guerra. È stato molto difficile diventare un tennista professionista, anche perché il tennis non era certo lo sport più popolare a quei tempi. Ma passare attraverso tutto questo mi ha reso più forte”.
Come spieghi il fatto che hai giocato il tuo miglior tennis oggi contro Nadal e come ti senti quando dai il meglio in campo?
“Mi sono goduto il momento. Devi goderti un momento del genere. Essere avanti di due set, dopo appena un’ora di gioco, contro il campione in carica, sul campo dove non perde da tre anni è stato incredibile. Ovviamente è stata la miglior partita che abbia mai giocato sull’erba ed è arrivata nel momento giusto”.
Tuo zio ha detto che la vittoria in Davis ti ha liberato. Per tua madre ti ha insegnato a giocare senza paura. Credi che, se il risultato a Belgrado fosse stato diverso, tu saresti qui adesso?
“Se mia madre ha detto questo, vuol dire che è così. Non c’è nient’altro che io possa aggiungere. Mia madre mi conosce meglio di quanto io conosca me stesso. Comunque, è vero, dopo la Davis mi sentivo pieno di vitalità, di energia. Volevo tornare subito in campo, volevo giocare ancora, vincere altri tornei. Mi sono liberato della paura, ho iniziato a credere nelle mie capacità come mai prima. Gli Australian Open sono stati uno dei tornei migliori che abbia giocato nella mia vita”.
Prima hai detto che hai sempre pensato di avere grandi capacità. Ma qual è stato il peggiore momento per te? Quando hai temuto di non farcela? A 14, 16, 18 anni?
Credo dopo aver vinto il primo slam. Ho cominciato a fronteggiare sensazioni ed esperienze che non avevo provato prima. Essere un vincitore di slam, un top player comporta pressioni e aspettative enormi da parte della gente che si attende da te quantomeno le semifinali. E’ stato qualcosa che non avevo mai provato prima dei 21 anni. Ti mentirei se dicessi che non ho mai avuto dubbi sul fatto che sarei riuscito a ottenere tutto questo anche perché avevo davanti a me due straordinari campioni.
Puoi spiegarci cosa ti è passato per la mente alla fine della partita?
“E’ impossibile descrivere le sensazioni di quel momento. La migliore sensazione che io abbia mai provato su un campo da tennis. Vincere Wimbledon, guardare il box e vedere lì ad incoraggiarmi le 20 persone cui tengo di più, poter condividere con loro questa esperienza è stato incredibile.
E quando ti sei piegato sulle ginocchia?
Quando ho baciato l’erba? Mi sono sentito come un animale. Volevo sentire che sapore avesse l’erba. È davvero buona (sorride)”.
E’ stato un gesto istintivo, nulla di pianificato.”
Questo traguardo merita una celebrazione all'altezza. Come festeggerai?
"Come festeggiano i serbi".
Ovvero?
"E' difficile da spiegare (ride)".
Come festeggeranno in Serbia?
"Non so come stiano festeggiando nel mio Paese, ma lo scoprirò domani".
Lo scoiattolo ha mai mangiato dalla tua mano?
"No, magari ora lo farà. Forse mi ha sentito…"
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