US OPEN – Sembra che il serbo abbia spazzato polvere e ruggine accumulate nelle ultime settimane. Contro Kohlschreiber vince d’autorità, centrando il 22esimo quarto consecutivo in uno Slam. Certo, avrebbe potuto perdere il secondo set…

Di Alessandro Mastroluca – 2 settembre 2014

 
Per il quarto anno di fila, Novak Djokovic è ai quarti dello Us Open senza perdere un set. Anche se Kohlschreiber rimpiangerà non poco quella volée un po' troppo morbida sul set point che ha consentito al serbo di piazzare il passante vincente di dritto. Lì, sul punto che gli avrebbe consegnato il 6-4 nel secondo parziale, sono finite le speranze del tedesco di allungare il match. Da lì, il serbo ha brekkato nel primo game del terzo e si è limitato a controllare fino al 6-1 7-5 6-4 finale. Più che Kohlschreiber, che ha opposto una resistenza valida solo nel secondo set, Djokovic ha sofferto soprattutto il caldo. Tanti i respiri profondi, affannosi, nell'ultima ora di gioco in cui è sembrato di rivedere il Nole sofferente dei primi anni, il Nole che combatteva con l'asma prima che con gli avversari. “Era davvero molto umido – ha detto il serbo –  ci sono stati parecchi scambi lunghi e soprattutto nel secondo set la partita è stata tiratissima. Era da un po' che non giocavo sull'Armstrong – ha aggiunto senza alcuna polemica per essere stato declassato dall'Arthur Ashe – È un campo con una grandissima storia, sono molto fortunato ad essere qui”. Djoko ha passato comunque a pieni voti il primo vero test del suo torneo, contro l'ultimo giocatore capace di batterlo prima dei quarti in un Major, ormai 22 Slam fa, al Roland Garros 2009. Ha perso 12 punti con la prima in tutto il match, ha a lungo dominato sulla scia di 34 vincenti e soli 19 gratuiti, ha servito con più continuità e velocità medie appena più basse, ma ha fatto la differenza con i 12 punti in più in risposta. Kohli arriva alla sfida dopo aver eliminato Isner per il terzo anno di fila, ha tenuto 40 turni di battuta su 42, è la miglior percentuale nel torneo dopo i primi tre turni, ma il primo set praticamente non lo gioca. Il serbo veleggia verso un 6-1 senza opposizione in 25 minuti. Il futuro numero 1 del mondo, già certo di superare l'assente Nadal anche se non dovesse raggiungere la quinta finale consecutiva a New York, converte due palle break su due e vola subito 4-0. Kohlschreiber non riesce mai, per tutto il primo set, a disegnare le sue tipiche accelerazioni di rovescio lungolinea. Sempre in difficoltà, sempre costretto in difesa dalla profondità dei colpi di Djokovic, non riesce a incidere nemmeno al servizio. Così Djokovic può limitarsi a 7 vincenti e 3 gratuiti, poco più che ordinaria amministrazione, per impostare il ritmo e il canovaccio del match.
 
SLIDING…VOLLEYS
In campo non si vede certo il Djokovic abbacchiato del post-luna di miele che si è arreso di fronte Tsonga e Robredo a Toronto e Cincinnati. Il serbo è di nuovo “da corsa”, e si procura subito una terza palla break nel primo game del secondo set. Ma stavolta Kohli si salva. Gioca un po' più rilassato, adesso, più libero, i colpi da fondo viaggiano meglio e Djoko è costretto a correre di più, a coprire più campo per reggere lo scambio. Soprattutto, deve ricorrere più spesso a quei passanti in allungo che meglio sintetizzano le qualità elastiche connaturate al suo tennis. È proprio con un colpo dei suoi che sposta definitivamente l'inerzia emotiva della partita nel decimo gioco. Nel giro di pochi minuti, Kohlschreiber passa dal set point mancato al break subito. Nel game che chiude il parziale, e di fatto il match, Djokovic testimonia la differenza tra il campione e il grande giocatore. Nel momento di difficoltà, leggi palla del controbreak da fronteggiare con la seconda, estrae la soluzione meno attesa e tatticamente migliore possibile: un kick a uscire a 150 kmh che rimbalza alto sul rovescio dell'avversario, una palla velenosissima, la più difficile da addomesticare per chi lo gioca a una mano.
 
FINALE IN DISCESA
Il break in apertura di terzo set trasforma il resto del match in poco meno di un “garbage time”, acceso solo dallo spiraglio di controbreak al sesto gioco: Djokovic, però, si tira fuori da 0-30 e spegne ogni residuo di motivazione del tedesco. Dopo questa vittoria, Nole non può più nascondersi. È arrivato a New York con un bagaglio di dubbi, con un po' di polvere, di ruggine da grattar via dal suo gioco. Ma è qui, sul grande palcoscenico, che si vede il campione. Non ha dovuto fare, è vero, niente di davvero straordinario per arrivare nei quarti. Non ha riservato particolari sorprese, a parte il balletto con cui ha celebrato il successo odierno. Ha fatto quello che serviva per essere migliore dell'avversario in ogni situazione, in ogni distretto del gioco, in ogni turno. Il candidato numero 1 per un posto in finale nella parte alta, dunque, è ancora lui.