Novak Djokovic ritiene che gli attuali controlli antidoping siano sufficienti, peraltro con alcune richieste particolarmente impegnative. Il serbo ha spiegato di non aver mai avuto problemi con il sistema: "Penso che selezionino a tappeto i giocatori e le località dove si trovano. Io sono sempre disponibile, sanno dove mi trovo. Non ho niente da nascondere, quindi se dovessero venire da me sarebbe tutto regolare". L'anno scorso Djokovic aveva criticato il sistema antidoping dopo che il suo amico Viktor Troicki era stato squalificato per non essersi sottoposto a un test sul sangue. Nel 2014 sono stati condotti 3.500 test, di cui 1.400 fuori dalle competizioni. In generale, i top-50 ATP vengono testati sette o più volte nell'arco della stagione. Djokovic ha però aggiunto che i "whereabouts", ovvero l'obbligo di comunicare la reperibilità per almeno un'ora al giorno, sono molto pressanti e a volte non necessari, soprattutto nel periodo di offseason. "Se non ti trovano per tre volte scatta la sospensione, mi sembra un po' troppo. La stagione è lunga e sanno sempre dove siamo. Nel periodo di pausa capita di cambiare spesso città e non è semplice compilare i loro moduli". Le sue opinioni sono leggermente diverse rispetto a quelle espresse in questi giorni da Federer, Murray e Nadal. Il serbo ha spiegato di non aver mai avuto problemi con il sistema: "Penso che selezionino a tappeto i giocatori e le località dove si trovano. Io sono sempre disponibile, sanno dove mi trovo. Non ho niente da nascondere, quindi se dovessero venire da me sarebbe tutto regolare". L'anno scorso Djokovic aveva criticato il sistema antidoping dopo che il suo amico Viktor Troicki era stato squalificato per non essersi sottoposto a un test sul sangue. Nel 2014 sono stati condotti 3.500 test, di cui 1.400 fuori dalle competizioni. In generale, i top-50 ATP vengono testati sette o più volte nell'arco della stagione. Djokovic ha però aggiunto che i "whereabouts", ovvero l'obbligo di comunicare la reperibilità per almeno un'ora al giorno, sono molto pressanti e a volte non necessari, soprattutto nel periodo di offseason. "Se non ti trovano per tre volte scatta la sospensione, mi sembra un po' troppo. La stagione è lunga e sanno sempre dove siamo. Nel periodo di pausa capita di cambiare spesso città e non è semplice compilare i loro moduli". Le sue opinioni sono leggermente diverse rispetto a quelle espresse in questi giorni da Federer, Murray e Nadal.