Nella consueta conferenza prima dell’esordio in tabellone, Novak Djokovic parla del suo stato di forma, dei suoi obiettivi e del suo nuovo staff

ROMA – Frettoloso in certe risposte, poco espansivo rispetto al solito, anche evasivo. E’ un Djokovic un po’ così quello che aspetta di debuttare venerdì al Foro Italico, dove ha conquistato il titolo sei volte, l’ultima due anni fa. Sarà che l’ultimo trofeo vinto risale allo scorso novembre (le Atp Finals di Torino), sarà che quest’anno ha giocato poco e male (11 partite e 4 sconfitte) oppure conterà il fatto che consideri il torneo del Foro Italico solo un momento di passaggio nella sua stagione. «Punto al Roland Garros, a Wimbledon e alle Olimpiadi – ha detto – questo è il blocco per il quale ci stiamo preparando di più. Sono soddisfatto di come sono andati gli ultimi 10-14 giorni di lavoro, qui poi gli allenamenti con Dimitrov ieri e oggi con Rune mi hanno regalato buone sensazioni. Credo che già a Parigi mi presenterò in ottima forma».

E Roma? Nole naturalmente si presenta come numero 1 del tabellone, dove mancano i nomi illustri di Sinner e Alcaraz, con il campione uscente Medvedev in condizioni tutte da scoprire. «Spero di riuscire a giocare meglio rispetto a Monte Carlo (dove è stato battuto in semifinale da Ruud, ndc), il desiderio, ovviamente, è sempre quello di arrivare lontano. Roma dura due settimane, c’è più tempo per recuperare tra una partita e l’altra se continui nel torneo, e questo può essere molto utile».

Alla domanda sui recenti cambi nello staff Nole ha svicolato con eleganza. «Sto lavorando con un preparatore atletico che conosco da molti anni (l’austriaco Gebhard Phil-Gritcsh, ndc). Non ci è voluto molto tempo per adattarmi al suo programma e al suo approccio. Ci conosciamo davvero bene, siamo sincronizzati in termini di ciò che vogliamo fare, di come vogliamo affrontare, in sintonia con Zimonjic, il programma di allenamento dentro e fuori dal campo».

Un ultimo Nole-pensiero è andato all’arcirivale Nadal, giunto ai suoi ultimi tornei. «Una delle più grandi sfide per un tennista moderno è stato affrontare Rafa a Parigi. Lì il Centrale è enorme, c’è più spazio per rispondere, e ciò influenza visivamente il gioco e la sensazione del giocatore in campo. A Rafa piace stare molto indietro, rispondere da lontano. E quando si pianta dietro fa pochi errori… succede che ti sembri impenetrabile, un vero muro. La tenacia e la voglia di vincere che ha mostrato nella sua carriera sono qualcosa che si è visto raramente nel nostro sport. Sarà molto emozionante per lui a Parigi, visto il record di vittorie che può vantare».