Il serbo sta preparando il rientro nel tour e si confessa a Novosti: “Quello che ho passato non si può riassumere in una parola, ma certamente il gomito è stato il problema maggiore. Roger e Rafa hanno dimostrato che si può tornare in cima anche dopo uno stop”. L'identikit del coach che dovrà affiancare Agassi.

Una pausa più o meno lunga può avere effetti (molto) benefici. Rafael Nadal e Roger Federer lo hanno dimostrato. Paradossalmente, può essere un buona notizia per Novak Djokovic. Il serbo è fermo da Wimbledon, poi lo scorso 26 luglio ha annunciato la fine anticipata della sua stagione. Partendo dai loro esempi, è convinto di poter tornare più forte di prima, magari addirittura al numero 1. Un problema al gomito lo attanaglia sin dalla prima metà del 2016: una volta raggiunto l'apice con la vittoria al Roland Garros, foriera del Career Grand Slam, ha vinto soltanto un paio di titoli “minori” (Doha e Eastbourne). A Wimbledon si è bloccato, dopodiché ha deciso di fermarsi per risolvere definitivamente il problema. “Tutto quello che mi è successo non è riassumibile in una sola parola, sebbene il gomito sia stato il problema principale – ha confessato Djokovic, parlando con il quotidiano serbo “Novosti” – non ho potuto allenarmi come avrei voluto, non potevo giocare al massimo dell'intensità, ho dovuto modificare il movimento al servizio. Non avrei voluto fermarmi, pensavo che le cose sarebbero andate meglio… invece i problemi sono peggiorati”. E così, la decisione di alzare bandiera bianca e lasciare strada agli altri, proprio come il suo amico Andy Murray: pure lo scozzese è fermo da Wimbledon, per un problema all'anca. Curiosamente, entrambi sono nell'orbita di un secondo figlio: Djokovic ha già visto nascere la piccola Tara, mentre Murray è in attesa del secondogenito.

L'IDENTIKIT DEL NUOVO VICE COACH
A parte stare vicino alla famiglia, ha svolto parecchia preparazione atletica tra la Serbia e Monte Carlo. “Ho passato molto tempo con gli amici e la famiglia, ho apprezzato le piccole cose – ha continuato Djokovic – quando mi svegliavo non correvo ad allenarmi, ma giocavo con i miei figli”. Il progetto è chiaro: vuole raggiungere una condizione accettabile in tempo per l'Australian Open, magari anticipandolo con un torneo di preparazione. Un altro obiettivo sul breve termine è l'assunzione di un nuovo coach, da affiancare ad Andre Agassi. Se è vero che il Kid di Las Vegas continuerà a seguirlo, i patti erano chiari sin dall'inizio: nessun impegno full-time. Ma un giocatore come lui, ovviamente, ha bisogno di qualcuno che lo segua con costanza. Djokovic ha ammesso di avere alcuni nomi in agenda. Niente nomi, però ha tracciato un identikit: “Non sono in cerca di un numero 1, ma di un ex giocatore che abbia avuto una buona carriera, ottenendo sempre il meglio da se stesso. Inoltre, i suoi valori devono essere in linea con i miei”. Avendo già scavallato i 30 anni, Djokovic è realistico. Non punta a raggiungere subito il top della forma: il picco dovrebbe arrivare a metà stagione. Certo, il rientro di Federer è stato folgorante, con l'immediato successo all'Australian Open. “Roger e Nadal sono unici, tra i migliori di sempre – ha concluso Nole – la loro presenza mi ha ispirato a diventare quello che sono. I loro esempi dimostrano che anche se hai un break, oppure vivi una stagione complicata, puoi certamente tornare al top”. È l'obiettivo di Djokovic: con 12 Slam in bacheca e un passato da dominatore, non potrebbe essere altrimenti. Al ritiro, e all'idea di organizzare una maxi-festa allo Stadio Marakanà di Belgrado, con i suoi tanti amici nel mondo dello sport, ci penserà più avanti. Tra qualche anno.