Lo sfogo di Josè Perlas, coach di Fabio Fognini, sulle pessime condizioni in cui si sta giocando il torneo ATP di San Paolo. Palle, campi, orari…non c’è niente che va per il verso giusto.
Juan Monaco: “Meglio perdere che rischiare di farmi male”
TennisBest – 15 febbraio 2013
Quando abbiamo letto questo articolo di Josè Perlas, tratto dal suo blog personale, è tornata alla mente una scena de “L’Allenatore nel Pallone”, film-cult del cinema trash italiano. Quando Lino Banfi e gli avventurieri Gigi e Andrea non poterono comprare Leo Junior al Maracanà, finirono in un campetto di sabbia, in periferia, dove scovarono il mitologico Aristoteles. Sono passati 30 anni, ma sembra che il problema delle infrastrutture sia ancora vivo. Eppure il Brasile ospiterà i Mondiali di Calcio e le Olimpiadi del 2016. Il primo a lanciare l’allarme era stato Roger Federer: durante il tour sudamericano di dicembre disse che i brasiliani avrebbero dovuto lavorare molto per migliorare le strutture. A quanto pare, il messaggio non è stato recepito dagli organizzatori del torneo ATP di San Paolo. A sentire Perlas, ne stanno succedendo di tutti i colori. Ecco il suo racconto.
Di Josè Perlas
(coach di Fabio Fognini)
Posso scrivere queste cose grazie all’opportunità di lavorare con un giocatore del circuito ATP. Non ho la pretesa di criticare, ma semplicemente di raccontare quello che sta succedendo in questi giorni a San Paolo, sede di un torneo 250 del circuito ATP. Il luogo si trova a più di 700 metri di altitudine e – come mi hanno detto gli amici brasiliani – ogni giorno verso le 17.30 si scatena una pioggia torrenziale in cui cadono migliaia di litri d’acqua in poco tempo. Per questo il torneo si gioca sulla terra indoor. L’impianto del campo centrale è spettacolare e anche quello dei campi secondari è più che accettabile. Gli spogliatoi, la players lounge e il ristorante hanno tutto il necessario, il personale del torneo (volontari e professionisti) è ammirevole, l’hotel va benissimo…Ma poi?
Quando ci riferiamo alla parte materiale del nostro sport, oltre alla racchetta, le cose basilari sono le palline e la superficie.
LE PALLINE. Ho scoperto che l’ATP non ha una lista di palline omologate, e si affida a quella dell’ITF. Quest’ultima ha una montagna di competizioni, che partono dai tornei junior, passando per i future di qualsiasi parte del mondo fino agli Slam e la Coppa Davis. Per questo sono stati omologati diversi tipi di palline in modo che tutti i tornei possano adattarsi. A San Paolo vengono utilizzate delle palline – dirò il nome, ma voglio che sia chiaro che la Wilson merita tutta la credibilità perché i suoi prodotti sono comparabili a qualsiasi altra azienda sportiva di alto livello – che non hanno le qualità necessarie per un torneo del circuito professionistico. Si tratta delle Wilson Championship (extra duty). Quando si chiede chi ha scelto questo tipo di palla, ti dicono che è stato il miglior giocatore brasiliano. Solo un giocatore sceglie le palline? Ho chiesto direttamente a lui e al suo allenatore e mi hanno negato di aver preso parte al processo decisionale. Non credo sia una questione di risparmi, poiché questo dettaglio non modifica il bilancio di un torneo di queste dimensioni. In ogni caso, non va bene che l’ATP non abbia degli standard propri per l’omologazione delle palline.
IL CAMPO. I padiglioni sono utilizzati tutto l’anno per altre attività, e la costruzione del campo si limita a un certo periodo di tempo. Mi hanno detto che le opere sono iniziate con un mese di anticipo. La mia esperienza, derivante dagli anni in cui facevo parte del quartetto di capitani della Davis spagnola, mi ha insegnato che si può costruire un campo di terra sia all’aperto che al coperto in appena una settimana. Per questo, dico che un mese è più che sufficiente per costruire un campo in perfette condizioni. Nei primi giorni, il campo si sgretolava. Hanno provato a migliorarlo, con il risultato che che in alcune zone ti blocchi e in altre non c’è modo di scivolare. Questo sul campo centrale. Nei campi secondari le linee si sono addirittura staccate, con tutti i rischi che comporta. Le qualificazioni si sono dovute giocare altrove, mentre i primi match del tabellone principale si sono giocati in condizioni migliori, anche se durante un dppio si è staccata una linea di fondo. Chi ha protestato si è preso addirittura un penalty point…la cosa più assurda che io abbia mai visto. Il povero Ruben Ramirez Hidalgo si è dovuto ritirare per una storta alla caviglia, patita durante il match contro Joao Souza. Ho parlato con Juan Monaco dopo la sua partita contro Simone Bolelli ed era indignato per il campo. Lo scorso anno si era fatto male a Monte Carlo, così oggi è molto più attento a correre. “Preferisco perdere piuttosto che rischiare di farmi male un’altra volta” mi ha detto. A quanto pare, dopo aver chiesto all’ATP, c’è una serie di regole da seguire ma solo nel primo anno. Non va bene. Tornei con una grande tradizione come Barcellona non hanno bisogno di monitoraggio, a differenza di tornei appena nati. Il fatto che abbiano tanti soldi non è sinonimo di qualità, come si è visto in questo caso.
GLI ORARI. Qui c’è un proprietario, e sembra che non gli importi nulla di quelli che non siano i suoi criteri, ben lontani dalla correttezza nei confronti dei giocatori. Questo mette in secondo piano le figure del supervisor e dei tour manager ATP. Non è colpa loro, sono ottimi professionisti, ma restano soli e disarmati di fronte alla dittatura imposta da una sola persona. L’ATP dovrebbe dare una mano, fornire più risorse e imporre i propri criteri e regolamenti. Quando siamo arrivati ci avevano detto che il torneo di doppio sarebbe finito sabato, mentre poi hanno deciso che per gli interessi di questo signore terminerà domenica. Ti organizzi perché ti dicono che giochi, poi un’ora dopo ti cancellano la partita, facendoti perdere una giornata intera. Oggi hanno cambiato l’orario di gioco a Nalbandian 10 minuti prima dell’inizio…
Potrei andare avanti, ma credo che quanto ho scritto sia sufficiente per far capire cosa sta succedendo in questo torneo. Prima dell’inizio è stata indetta una riunione tra giocatori e rappresentanti dell’ATP: pur condividendo le ragioni dei giocatori, l’ATP non poteva fare nulla per aiutarli nelle loro rivendicazioni. Per chiudere: in queste settimane il Masters 1000 di Indian Wells ha proposto una crescita del montepremi di 800.000 dollari: il Board ATP non l’ha approvato e la proposta è stata rifiutata. I tre rappresentanti dei tornei hanno votato contro, perché così si sarebbero messi in imbarazzo gli altri tornei. Che ve ne pare?
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