Il diciottenne che ha strappato un set a Djokovic impressionando lui e gli Australian Open è figlio di una lunga tradizione che comprende Pilic, Franulovic, Antic e Ivanisevic. E oltre settanta olimpionici di tutti gli sport
Niki Pilic (n. 6 del mondo nel 1968), Zeljko Franulovic (finalista al Roland Garros e n.8 nel 1971), e Mario Ancic (n.7 Atp nel 2006) sono nati tutti nella stessa strada: la Put Firula di Spalato. Franulovic al numero 30, Ancic al 39, Pilic a 41. Il portone del Tennis Club Spalato invece è al numero 34. Per trovare l’attuale coach di Novak Djokovic, Goran Ivanisevic, ex numero 2 del mondo, campione di Wimbledon nel 2001, bisogna fare qualche centinaio di metri in più ed arrivare in Roosevelt Ulica, al numero 47.
Una concentrazione impressionante di campioni, cresciuti attorno allo stesso tennis club, ma che non esaurisce l’elenco: di Spalato sono anche Marco Ostoja – che è nato a Bonn ma è cresciuto in riva all’Adriatico – numero 74 e davisman croato degli anni 80, l’ex numero 1 di doppio, Mate Pavic, 36 titoli di specialità, e il 22enne Duje Ajdukovic, n.143 Atp. Insomma Dino Prizmic, il diciottenne che a Melbourne stamattina ha debuttato nel tabellone principale di uno Slam strappando un set e tenendo in campo quattro ore Novak Djokovic, è figlio di una nobilissima tradizione.
Prizmic, che ha iniziato a giocare a 5 anni, a 14 si è trasferito a Zagabria, e a 16 per qualche periodo si è allenato anche a Bordighera, al Piatti Tennis Center, seguito da Piatti e da Andrea Volpini, lo stesso team che ha cresciuto Jannik Sinner. Oggi è allenato da Miro Hrvatin, mentre il suo manager è un altro grande croato: Ivan Ljubicic. Da juniores Prizmic è stato due volte finalista ai campionati europei, under 14 e under 16 e soprattutto ha vinto il Roland Garros lo scorso anno, quando ha anche debuttato in Coppa Davis, superando in finale Juan Carlos Pardo Angelo. Il suo talento è evidente, come ha riconosciuto lo stesso Djokovic: «è un gran lavoratore, un giocatore completo perché ha un ottimo diritto e un rovescio molto solido. Può migliorare al servizio, ma mentalmente sa stare benissimo in partita. Mi ha impressionato perché ha solo 18 anni ed era alla sua prima partita in uno stadio come questo, e anche quando era sotto 4-0 al quarto non si è lasciato demoralizzare, ha provato a rimontare: un segno di grande maturità. Sentiremo parlare di lui». Una expertise perfetta, firmata dal numero uno del mondo, fra l’altro da sempre molto attento ai giovani di qualità.
Nel tennis, dunque, Prizmic si candida a diventare l’ultimo, in senso cronologico, degli ‘Split boys’ del tennis; ma l’ex residenza di Diocleziano è una fabbrica di successi anche negli altri sport. E’ la città al mondo che ha prodotto più atleti olimpici – nel 2020 erano 74 – con la più alta media di medaglie procapite. Mare, sole, una gioventù splendida, grande tradizione e cultura sportiva, sono alcuni degli elementi che possono (in parte spiegare) l’impressionante quantità di fuoriclasse spalatini: dagli ori Jerkov e Krtulovic ai più famosi Toni Kukoc e Dino Radja nel basket, da Vladimir Beara – che secondo la leggenda Lev Jascin, in porta era ancora meglio di lui – alla recordwoman nel salto in alto Blanka Vlasic, da Boksic e Tudor nel calcio a legioni di pallanuotisti.
«Spalato è un crocevia di mare – ha scritto il telecronista di Eurosport Zoran Filicic – Per indole gli spalatini sono una via di mezzo fra marsigliesi (per la sfrontatezza), napoletani (per la fantasia) e livornesi (per l’arguzia), mettete insieme queste caratteristiche e avrete una immagine abbastanza veritiera degli spalatini». Cromosomi bagnati nell’avventura e nel coraggio, con un pizzico di follia – pensate a Cavallo Pazzo Ivanisevic… – del resto la squadra di calcio della città, di cui Beara fu portiere fra il 1955 e il 1960, si chiama Hajduk, che vuol dire pirata, fuorilegge. In passato gli spalatini si battevano da guerriglieri del mare con le navi ottomane, oggi danno l’assalto al tennis e allo sport in generale. Prizmic, insomma, non è un caso. Ed è in buona compagnia.