Nonostante la sconfitta, Grigor Dimitrov nel match con Fritz ha deliziato i diecimila spettatori del Centrale (foto Brigitte Grassotti)

 

La notizia non è che Haskovo sia una città del sudovest bulgaro a quattro passi da Grecia e Turchia, né che la stessa possa vantare un gemellaggio con la nostra Novara. Il vero scoop del giorno è che una realtà urbana grande quanto un municipio capitolino, abbia reso giustizia ai coniugi Dimitrov recando loro, un remoto maggio del ’91,  un prezioso erede di nome Grigori, bimbo talentuoso divenuto un giorno lo straordinario atleta che tutti sappiamo. Lo stesso uscito perdente dal confronto con Taylor Fritz ma apprezzato al punto da spellare mani e piedi dei diecimila presenti ieri sul centralone degli Internazionali d’Italia.

Ora, sarebbe facile tessere lodi sperticate al legittimo vincitore ma diciamola tutta: seppure sconfitto, Grigori Dimitrov vale il prezzo del biglietto e il disagio di un parcheggio carpito a un lungotevere lontano da tutto.
Al punto che sarebbe ingeneroso ridurre a cronaca nuda e cruda quanto messo in atto dal numero dieci del mondo e affermare, senza tema di smentita, che raramente il tennis dei giorni nostri riassume in un unico soggetto un tennis ricco di pennellate all’olio d’oliva come di colpi di grande potenza. Il solo drop shot di rovescio meriterebbe eserciti di emuli dediti al suo scopiazzamento così come il dritto a mezz’aria andrebbe descritto nel ‘manuale del bravo insegnante’.

Per fedeltà ai fatti, tuttavia corre l’obbligo di dare a Cesare… etc etc. Assolvo al compito dicendo che l’americano di San Diego ha saputo salire di livello nei momenti importanti del match meritando ampiamente l’ingresso ai quarti del torneo romano. Come spesso accade, dunque, il rendimento ha prevalso sulla bellezza, anche se c’è da giurare che pubblico e organizzatori avrebbero fatto carte false pur di vedere ancora all’opera il nativo di Haskovo fattosi nel frattempo tennista planetario capace di incantare estese platee più inclini al ‘come’ piuttosto che al ‘quanto’.