WIMBLEDON – Vincere un match alla distanza, di classe ma anche di fisico, era quello che ci voleva per Grigor Dimitrov. Rimonta Dolgopolov e sembra a metà del guado che lo porterà ad essere un vero big.
Di Alessandro Mastroluca – 28 giugno 2014
L'ha vinta da giocatore vero. Grigor Dimitrov ha rimontato per due volte un set di svantaggio contro Alexandr Dolgopolov, che fino al quinto ha portato la sua Luce ma si è spento in un parziale decisivo senza storia. Solo gli organizzatori non hanno intuito che sarebbe finita così, e alla fine del quarto set hanno deciso di spostare Tomic e Berdych dal Campo 1 al Campo 3, convinti che la partita sarebbe durata ancora a lungo. E invece Dimitrov, che ha salvato 10 palle break su 12, ha vinto tutti i punti al servizio nell'ultimo set e in venti minuti ha chiuso 6-7 6-4 2-6 6-4 6-1. Grisha è diventato così il primo bulgaro a raggiungere la seconda settimana ai Championships e potrebbe diventare il primo a entrare in top-10: per riuscirci deve superare Isner e fare meglio di Nishikori.
GRISHA A META’ DEL GUADO
Il primo set procede ad alto ritmo, ad alto livello e senza strappi fino al tiebreak. Dopo 42 minuti, l'ucraino stampa il servizio vincente che completa il 7-3. 20 vincenti, 4 gratuiti e 10 ace lanciano il "Guru”, mentre il bulgaro si complica la vita con una tattica a lungo troppo conservativa. Il settimo gioco del secondo set, però, è fatale a Dolgopolov, costretto a un errore chiave da uno spettacolare rovescio in back di Dimitrov. La resa è nel suo unico doppio fallo del set, proprio sulla palla break. Dimitrov ritrova tutto il suo arsenale di vincenti, di volée e di palle corte e chiude il 6-4 con il terzo ace del parziale. Nel trionfo della discontinuità, però, è proprio Dimitrov a perdere concentrazione e servizio in avvio di terzo set. Non solo non si riprende, ma consegna anche il secondo break nel game che vale il 6-2, condizionato dal 60% di punti con la prima, decisamente troppo poco, soprattutto con il 56% di prime in campo. La partita cambia ancora, e il sipario si risolleva su uno scenario diverso sul 4-3 Dolgopolov nel quarto set. Dimitrov, capace anche di tre doppi falli in uno stesso turno di battuta, estrae un game di servizio autoritario, completa il break del 5-4 e al terzo set point appunta la prima vincente che di fatto chiude il match. Il quinto è solo un'appendice rapida e, per Grigor, indolore. Con questa vittoria il suo bilancio nei major va in parità: 15 successi e 15 sconfitte. Numeri che rispecchiano il momento attuale di una ex promessa che è a metà del guado verso lo status di grande giocatore. Non è più baby Federer, ma non è ancora abbastanza grande per brillare di luce propria tra le stelle del tennis. La riprova è arrivata qualche settimana fa, nella semifinale di Roma, in cui è sceso in campo ma non ha praticamente giocato contro Rafa Nadal. “Quando il mio gioco non è al meglio – ha detto dopo la partita, che ha chiuso con 47 vincenti e 32 errori – devo contare su qualcos'altro”. Qualcos'altro che, però, spesso gli è mancato. Fino a un anno fa, il deficit era primariamente muscolare, ma il periodo di allenamento in Svezia gli ha restituito un fisico in grado di reggere sulla distanza. Ora il quid da trovare è mentale. E quel guado, quel bilancio di vittorie negli Slam così in divenire, né buono né cattivo, è lì a dimostrare che troppe volte quando il gioco si è fatto duro Grigor ha smesso di giocare.
VERSO LA SFIDA A MURRAY
Wimbledon può essere il torneo della svolta. I segnali di crescita, dall'inizio dell'anno, ci sono. Il primo quarto Slam, in Australia, i tre titoli vinti in stagione ad Acapulco, Bucarest ed Eastbourne, ne fanno il secondo giocatore nato negli anni '90 dopo Raonic ad avere conquistato più di un torneo in carriera. Ma non solo. Sono passaggi che scandiscono un progresso, una strada verso la maturità accompagnata dalla scelta di Roger Rasheed, un coach che sa bene come ammortizzare le curve e gli angoli che questa strada comporta. Ora, a Wimbledon, si parrà la sua nobilitate. Già Leonardo Mayer, artigiano della racchetta che non ha mostrine e stelle da appuntarsi al bavero ma è uno che non molla, è una prova del nove, un esame più difficile proprio perché appare anti-climatico rispetto all'ostacolo appena superato. L'argentino, arrivato ai Championships senza aver giocato tornei di preparazione sull'erba, ha eliminato Kuznetsov, il tennista-chitarrista forse un po' appagato essendo diventato il primo giocatore fuori dai primi 50 a battere Ferrer in uno Slam dal 2008. All'orizzonte, per Dimitrov, c'è il quarto di finale contro Murray (facile vincitore su Roberto Bautista Agut), che quest'anno ha già sconfitto nella notte di Acapulco, nella semifinale finita alle 2.30 locali su un cemento color del mare in cui si specchia lo scoglio più noto della costa messicana, La Quebrada. Da quello scoglio, Dimitrov si è idealmente lanciato dove l'acqua è più blu, inseguendo il suo posto al sole, nell'elite del tennis che conta. Dovesse arrivare alla rivincita a Wimbledon, dovrà dimostrare di saper nuotare controcorrente in un'atmosfera necessariamente ostile. E allora, in quell'eventuale quarto di finale, non sarà tanto l'esito a contare, ma il modo. Se, dunque, la vincerà o la perderà da giocatore.
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