Nonostante l’eliminazione dallo Us Open, per l’eleganza e la delicatezza dei suoi gesti, Grigor Dimitrov resta uno degli ultimi esempi di puro spettacolo

foto Ray Giubilo

E nel turbinio di uno zapping compulsivo, gira che ti rigira, trovavo rifugio nel canale a me più azzeccato. In tempo per vedere lanciato nell’etere il rallenty di uno splendido rovescio lungolinea di Grigor Dimitrov giocato col solo ausilio di un magico avambraccio. Un gesto che per i fan di Frances Tiafoe non sarà suonato proprio come l’Inno alla Gioia di Beethoven ma che obiettivamente é valso da solo il prezzo del biglietto per i ventimila assiepati sulle infinite tribune dell’Arthur Ashe. 

Certo, nel tennis di prestazione il rendimento è sovrano  ma è lecito dire che le cronache tennistiche abbondano di match passati alla storia più per spiccata carica agonistica che non per highlights degni di nota. Dico questo fuor di nostalgie e dichiaro aperto apprezzamento per il tennis dei nostri giorni ma lo sport vive anche di bei gesti e un bel colpo può rimanere nell’immaginario collettivo al pari di un grande risultato. In carriera Grigor Dimitrov di bei colpi né ha prodotti a iosa e anche in questo Us Open non ha lesinato su momenti di splendida follia. È finita com’è finita ma il bulgaro è forse l’ultimo baluardo di uno spettacolo sportivo che se per la potenza delle movenze sarebbe degno di un cinema dinamico alla Spielberg, per la delicatezza dei gesti ricorda quello un po’ vintage del grande Pupi Avati.