La severa disciplina di Roger Rasheed è il segreto del nuovo Grigor Dimitrov, ormai pronto ad attaccare i migliori. “Vuole diventare n. 1 e me l’ha dimostrato cosi fatti. Si sottopone ad allenamenti che non sono per tutti”.

Di Riccardo Bisti – 17 luglio 2014

 
E’ dura la vita di Grigor Dimitrov. Oddio, come può essere dura la vita di un ragazzo bulgaro di 23 anni, appena entrato tra i primi dieci, dotato di talento cristallino, con un fisico perfetto e la fortuna di uscire con Maria Sharapova? Il problema sta proprio lì. Al netto dei 4 milioni di dollari intascati, “Grisha” ha un problema: non riesce a brillare di luce propria. Per anni, lo hanno soprannominato “Baby Fed” per la somiglianza tecnica con Roger Federer. In effetti, a inizio carriera era impressionante. Alcuni video su Youtube, quando Grigor era ancora un ragazzino, erano clamorosi. Oggi la somiglianza persiste, anche se non è così marcata. Poi è diventato Mr. Sharapova. La loro prima apparizione semi-pubblica fu proprio in Italia, in occasione della Grande Sfida del 3 dicembre 2012. Si capì subito che qualcosa bolliva in pentola. Maria è troppo ricca, troppo famosa, troppo carismatica per essere messa in ombra dal talento di Grigor. Quando lei segue i suoi match in tribuna, viene inquadrata costantemente. Quando è Grisha a fare il tifo, a malapena si accorgono di lui. Però adesso è cambiato qualcosa. Ed è merito suo. Il suo tennis spettacolare, tecnicamente sopraffino, gli ha permesso di finire spesso nei filmati “Hot Shots” prodotti dall’ATP, dove è mostrato il colpo più spettacolare di giornata. Tanto che Kamakshi Tandom, in un interessante articolo uscito su ESPN, ha detto che potrebbero soprannominarlo “Hotshot Dimitrov”. In fondo, un soprannome in più cosa volete che cambi? Ma ciò che conta sono i risultati. Piano piano, le vittorie di Grisha iniziano ad essere all’altezza del suo talento. Quest’anno ha vinto tre tornei ATP (Acapulco, Bucarest e Queen’s), ma le semifinali a Roma e Wimbledon fanno più rumore. E’ già numero 9 e dovrebbe qualificarsi per le ATP World Tour Finals.
 
"GRISHA, CHE NUMERO VUOI DIVENTARE?"
Ma la crescita è stata lunga e affannosa. Non è il caso di elencare le sconfitte e la girandola di coach che si sono alternati per cinque anni, da quando vinse due Slam junior nel 2008 fino all’ottobre 2013. La svolta ha un nome e un cognome. Per sua fortuna, un tizio a cui apparire interessa il giusto. Roger Rasheed era libero, appiedato da Jo Wilfried Tsonga dopo una discreta collaborazione. Appena l’australiano, motivatore molto attento alla parte fitness, si è seduto al suo angolo, Dimitrov ha iniziato a vincere. “Mi trovo in un’ottima situazione – ha detto il bulgaro – mi sto allenando bene, sia dentro che fuori dal campo. E riesco a concentrarmi su ogni singola partita”. Rasheed è considerato un top-coach. Proviene dal football australiano e aveva già lavorato con Hewitt, Monfils e Tsonga. Appena si sono incontrati, gli ha subito fatto una domanda: “Che numero vuoi diventare? Sette, cinque, uno?”. Grisha non ci ha pensato su un attimo. Ed era quello che Rasheed voleva sentirsi dire. “Ma se davvero vuoi riuscirci, devi essere disposto a lavorare”. Grisha gli ha dimostrato che faceva sul serio. Dopo averlo inquadrato, ha capito subito dove bisognava intervenire: la preparazione atletica. Prima era considerato carente, oggi è un fenomeno. Ha talmente tanta fiducia nel suo fisico che a volte esagera in fase difensiva, come se volesse mettere in evidenza la sua esplosività. “Ammetto che nella nostra preparazione ci sono alcuni punti che non sono alla portata di tutti” ha detto Rasheed.
 
UNA MARCIA DA SCALARE
Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. E’ stata molto importante la reazione dopo la sconfitta al primo turno del Roland Garros per mano di Ivo Karlovic. Rasheed non ha apprezzato l’approccio a quel match. Sull’erba, tuttavia, le cose sono cambiate. Dimitrov si è imposto al Queen’s, mostrando un'idea più “ordinata” alla partita, concetto che piace molto ai coach, Rasheed compreso. “Abbiamo cambiato alcune cose nel suo gioco – ha detto Rashedd – quando hai tante armi a disposizione, è importante capire quando usarle. Lui si comportava ancora come uno junior, non capiva bene come usare i suoi colpi”. Certo, ancora oggi arrivano gravi errori dovuti a una condotta scriteriata, come ad esempio la semifinale di Roma. Scegliere di fare a pugni contro Nadal è stato un suicidio tattico. Per sua fortuna, certi episodi sono diventati eccezioni. “Penso di avere una migliore selezione di colpi, il che mi ha reso più solido e costante”. Rasheed ha optato per un approccio professionale, ma è soddisfatto anche de rapporto umano. Grigor ha iniziato col padre, poi ha cambiato un mucchio di allenatori e accademie, peraltro in diverse nazioni. Anche per questo, forse, ha impiegato un po’ a sfondare. Non ha mai avuto un reale punto di riferimento. “Deve ringraziare i suoi genitori, gli hanno trasmesso una bella etica del lavoro in un contesto difficile, dove non aveva esempi nè avversari del suo livello. Tuttavia, credo che abbia sviluppato soltanto il 25% del suo potenziale”. Fosse vero, gli avversari dovrebbero mettere l’elmetto. “Ci sarà una rapida accelerazione della sua crescita quando inizierà ad essere motivato dagli altri, e magari non avrà più tempo per specchiare il suo stile”. Il prossimo obiettivo è battere Novak Djokovic e non accontentarsi più di portarlo al quinto. “Voglio scalare la marcia appena affronterò i migliori – ha concluso il bulgaro – sto per attaccare i migliori. Giunto a questo punto, non voglio più fare un passo indietro”. Anche perchè, caro Dimitrov, se scalerai la marcia, tornerai ad essere Baby Fed e Mr. Sharapova. Non è quello che vuoi, vero?