Chi sono le tenniste più forti a non aver mai vinto un torneo del Grande Slam? I domini di Evert, Navratilova, Seles, Graf e sorelle Willams hanno impedito a tante campionesse di centrare il bersaglio. Nella nostra top-10 troviamo splendide giocatrici e tante plurifinaliste, a testimonianza della loro qualità. Ma chi è stata la più forte?Tra gli uomini, certe classifiche si sono sprecate. Chi sono i più forti a non aver mai vinto una prova del Grande Slam? Ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori, mentre in campo femminile c’è un assordante silenzio. Eppure la storia del tennis in gonnella è piena di giocatrici definibili come “campionesse” ma incapaci di sollevare i trofei più ambiti. Alcune di loro, probabilmente, erano più forti di qualcuna che ce l’ha fatta. Ma non sempre la sorte premia i più meritevoli, tennis compreso. E così, ecco la lista delle dieci giocatrici più forti a non aver mai vinto un Major. Classifica opinabile, ci mancherebbe. (Sono escluse tutte le giocatrici in attività)
ZINA GARRISON
Prima delle sorelle Williams c’è stata lei. Fedele interprete del serve and volley, è stata l’anello di congiunzione tra Althea Gibson e le figlie di papà Richard. E’ stata numero 4 WTA e ha sfiorato l’impresa a Wimbledon 1990, quando mise in riga sia Monica Seles che Steffi Graf, ma il sogno si interruppe in finale contro Martina Navratilova, al suo nono e ultimo titolo. Donna piuttosto corpulenta, venne presa di mira per la sua stazza, ebbe la forza di trovare una forma decente che l’ha spinta al numero 4 WTA. Anche per questo, forse, era la persona ideale per allenare Taylor Townsend. Ma ad oggi i risultati non sono straordinari…
VERA ZVONAREVA
Ha annunciato il ritiro qualche settimana fa, ma ormai era da tempo una ex. 12 titoli WTA, un bronzo olimpico e un piazzamento al numero 2 hanno simboleggiato la sua carriera. L’anno d’oro è stato il 2010, quando ha centrato la finale sia a Wimbledon che allo Us Open, ma Serena Williams e Kim Clijsters erano (troppo) più forti di lei. Giocava bene su tutte le superfici, dettava il gioco con il rovescio, ma aveva importanti limiti caratteriali. Piagnucolava spesso durante i match e questo non l’ha aiutata. Persona intelligente, una delle poche tenniste con una laurea in tasca, nel 2011 ha posato nuda per la Body Issue di ESPN.
PAM SHRIVER
I più giovani la conoscono come commentatrice di ESPN. I meno giovani la ricordano come compagna di doppio di Martina Navratilova. Per intenderci, la Shriver stava a Martina come Peter Fleming stava a John McEnroe. In doppio ha vinto tutto: 112 titoli, tra cui 21 Slam e 10 Masters. Era forte anche in singolare, ma ebbe la sfortuna di giocare nell’epoca del dominio Evert-Navratilova. La grande occasione è arrivata allo Us Open 1978. Aveva 16 anni e incappò in Chris Evert. Avrebbe giocato altre otto semifinali Slam, ma probabilmente era il suo limite. E’ stata numero 3 del mondo e si è consolata con 21 titoli. Come detto, oggi è un’apprezzata commentatrice. Con il microfono sotto al naso, probabilmente, è più brava di Evert e Navratilova. Una piccola rivincita.
WENDY TURNBULL
Nome un po’ dimenticato, soprattutto al di fuori dell’Australia, eppure è stata un’ottima giocatrice. Una Shriver in piccolo, visto che si è aggiudicata ben nove Slam tra doppio e doppio misto. A differenza della Shriver, ha giocato ben tre finali Slam, peraltro in tre tornei diversi: Us Open 1977, Roland Garros 1979 e Australian Open 1980. Non c’è stato niente da fare, anche lei è nata nel periodo sbagliato. Vanta altre quattro semifinali ed è stata al massimo numero 3 del mondo. Noi la ricordiamo a stento, ma l’amministrazione locale di Brisbane, sua città natale, ha pensato di intitolarle un parco. Piccola consolazione, visto che il campo centrale del torneo ATP-WTA è intitolato a Pat Rafter.
ROSIE CASALS
Altra giocatrice capace di vincere tanto in doppio, ma (forse) per merito della compagna. Insieme a Billie Jean King ha formato una delle coppie più prolifiche di sempre, con ben 56 titoli. Però in singolare non ha mai superato lo scoglio della finale, centrata per due volte allo Us Open, nel 1970 e nel 1971. Si è spinta in semifinale ben sette volte, tra cui quattro a Wimbledon. Insomma, forse avrebbe meritato un successo. Ma è anche colpa sua: Margaret Court e la stessa Billie Jean King a fine carriera non erano forti come le migliori Evert e Navratilova. Ha vissuto nell’ombra della King: insieme a lei ha contribuito alla fondazione della WTA e si è battuta per l’uguaglianza, soprattutto nei montepremi. Ma ci si ricorda soprattutto di Billie Jean…
MARY JOE FERNANDEZ
La caratteristica comune di queste giocatrici è la sfortuna di aver giocato in periodi storici con avversarie troppo forti. Vale anche per la bella Mary Joe: a differenza di Gaby Sabatini, non ha mai superato lo scoglio rappresentato da Monica Seles e Steffi Graf. Non aveva ancora compiuto 14 anni quando giocò il suo primo Slam, al Roland Garros 1985. Doveva essere l’ennesima baby prodigio, invece ha impiegato qualche anno per trovare il suo miglior tennis e issarsi al numero 4 WTA. Ha giocato tre finali Slam, due in Australia (1990 e 1992) e una al Roland Garros (1993), ma Graf (due volte) e Seles erano un ostacolo troppo grande. Inoltre è arrivata in semifinale in tutti i quattro Major, segno di una viva completezza. Nei quarti del Roland Garros 1993 ha azzeccato una delle rimonte più clamorose della storia, battendo Gabriela Sabatini dopo essere stata in svantaggio 6-1 5-1. Le è andata meglio in doppio, dove si è aggiudicata due Slam e, soprattutto, due ori olimpici insieme all’omonima Gigi Fernandez. E’ rimasta nell’ambiente: moglie di Tony Godsick, manager di Roger Federer, ha guidato per otto anni il team americano di Fed Cup e ha raggiunto due finali. Con il materiale a disposizione, non le si poteva chiedere di più.
ANDREA JAEGER
Lei sì, che è stata una baby prodigio. Nel 1980 si è issata nelle semifinali dello Us Open ad appena 15 anni, più giovane di sempre. Per due volte si è spinta in finale (Roland Garros 1982 e Wimbledon 1983), ma è sempre incappata nell’inarrivabile Martina Navratilova. Forse ce l’avrebbe fatta se avesse avuto un carattere più “cattivo”: anni dopo ammise di non aver dato il massimo in alcune partite, forse travolta dalle eccessive pressioni paterne, con papà Roland che l’ha spinta (troppo) duramente sin da bambina. Si è ritirata ad appena 20 anni per i continui problemi a una spalla: nemmeno sette interventi chirurgici l’hanno rimessa in sesto. Dopo il ritiro ha studiato teologia, ha fatto il suo percorso ecclesiastico e nel 2006 è diventata suora della chiesa anglicana-dominicana.
HELENA SUKOVA
Figlia di una ex finalista di Wimbledon (mamma Vera sfiorò il titolo nel 1962) e del presidente della federtennis cecoslovacca, è ricordata per aver impedito a Martina Navratilova di centrare il Grande Slam, battendola in semifinale all’Australian Open 1984 (quando era l’ultimo Slam dell’anno). Da giovane prometteva bene, ma ha mantenuto solo in parte. Un best ranking al numero 4 e quattro finali Slam (due in Australia, 1984 e 1989, e due a New York, 1986 e 1993) non sono certo un bottino fallimentare. Però la casellina vuota pesa. Si è rifatta in doppio, vincendo 14 Major con quattro compagne diverse, e si è tolta la soddisfazione di vincere cinque misti, di cui tre con il fratello Cyril Suk. Con la sua eleganza tecnica avrebbe meritato almeno un titolo.
DINARA SAFINA
E’ una delle tre numero 1 WTA a non aver mai vinto uno Slam (le altre sono Wozniacki e Jankovic), e ci si domanda dove sarebbe arrivata se la schiena non l’avesse costretta al ritiro ad appena 25 anni. Era l’esatto opposto del fratello Marat: tanto genio e sregolatezza lui, quanta pazienza e abnegazione lei. Nel 2009 ha superato Serena Williams ed è rimasta in vetta per sei mesi. Il grande rimpianto è la finale del Roland Garros 2008, persa contro Ana Ivanovic. La carriera della serba, infatti, non è stata all’altezza di quel successo. Si è aggiudicata 12 tornei WTA, alcuni molto importanti, più l’argento olimpico a Pechino. Nel 2005 è stata tra le artefici di un bel successo della Russia in Fed Cup, ma la memoria è selettiva e crudele: ancora oggi è ritenuta la più scarsa numero 1 della storia. Non è stata la migliore, OK, però ha anche avuto sfortuna. Si è parzialmente consolata in doppio, vincendo lo Us Open 2007 insieme a Nathalie Dechy.
ELENA DEMENTIEVA
“In Russia tutti conoscono le Olimpiadi, mentre pochi sanno cosa significa un torneo del Grande Slam”. Con questa frase, la bella Elena ha smontato le domande di chi le chiedeva se avesse qualche rimpianto. Per lei, l’oro olimpico conquistato a Pechino 2008 vale più di qualsiasi altro successo. Ha vinto 16 tornei ed è stata numero 3 WTA, numeri che non rendono giustizia alla sua qualità. Quando era in giornata poteva battere tutte, persino una buona Serena Williams. Molti ricordano ancora la tremebonda volèe con cui l’americana cancellò un matchpoint nella semifinale di Wimbledon 2009. Elena ha giocato due finali, entrambe nel 2004, entrambe perse da connazionali: con la Myskina a Parigi (non la doveva perdere…) e con la Kuznetsova a New York. La sua costanza è stata impressionante: entrata tra le top-20 nel 2000, ci è rimasta per 524 delle successive 529 settimane. Di queste, 328 le ha passate tra le prime dieci. Si è ritirata a sorpresa, ancora fortissima, dopo aver perso l’ultimo match alle WTA Finals del 2010. Oggi fa la mamma e di tanto in tanto collabora con la TV russa.
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