Vestito di nero come il ladro dei fumetti, il serbo mette a segno un altro colpo. Quando Ginko-Del Potro stava per ghigliottinarlo, ha trovato l’ennesimo trucco. E vola in semifinale.
Il completo nero di Novak Djokovic ricorda la calzamaglia del "Re del Terrore"
Di Riccardo Bisti – 8 novembre 2013
Novak Djokovic non è un ladro e nemmeno un assassino. Tuttavia, se le sorelle Angela e Luciana Giussani avessero attinto dal tennis per disegnare il loro Diabolik, avrebbero preso spunto da Nole. Per fortuna, il serbo ha preso soltanto le doti positive del mitico "Re del Terrore". Non uccide nessuno (anzi, partecipa a tanti eventi benefici) e non ha certo bisogno di rubare gioielli o tesori. I bonifici che piombano sul suo conto corrente sono più che sufficienti. Ancora una volta, con il completo nero, è stato l’anti-personaggio della 02 Arena. Non crediamo che gli stilisti giapponesi leggano i fumetti italiani, ma gli hanno disegnato un completo che lo fa sembrare un Diabolik del tennis. Rapido, astuto, dai passi leggeri e vellutati, Djokovic ha già “rubato” un sogno al pubblico londinese quando ha battuto Roger Federer nella finale di 12 mesi fa. Era un tripudio di passione per lo svizzero, ma il malloppo è finito nel rifugio di Belgrado-Clerville. Anche quest’anno, Nole sembra ben deciso a beffare un pubblico che non lo ama. Non piace il suo tennis, non piace il suo atteggiamento e nemmeno quel modo di incitarsi in serbo, idioma dalle sonorità tutt’altro che gentili. Per portare a casa il bottino, Djokovic ha bisogno di cinque furti. Il secondo è andato a buon fine giovedì sera, quando ha superato in tre set un buon Juan Martin Del Potro. A un certo punto, sull’orlo del collasso, ha chiesto aiuto a uno dei suoi trucchi e ne è venuto fuori. Djokovic ha giocato benissimo per un set e mezzo, sembrava un folletto inarrivabile. Uno che ti prende in giro: ti stacca, ti aspetta e poi fila via di nuovo.
Ma fare questi giochetti a Del Potro è rischioso. Il suo dritto-bomba, capace di toccare velocità da ritiro-patente, ha forato le gomme alla Jaguar del serbo. In fondo, anche Diabolik ha un avversario alla sua altezza. Non lo cattura mai, ma ogni tanto riesce a sventare qualche colpo. E allora, con la sua pistola fumante (una racchetta fuori produzione che continua a usare come una reliquia), Del Potro si è travestito da ispettore Ginko ed è riuscito ad acchiapparlo. Nel secondo set, gli è bastato un break ottenuto con un pizzico di fortuna (è stato sigillato da un nastro favorevole) per scappare 4-2 e assicurarsi il 6-3 finale. A causa degli efferati delitti, Diabolik ha sulla testa diverse condanne a morte. E nel terzo set, quando Del Potro si è trovato 15-40 sull’1-1 e sul servizio di Djokovic, la ghigliottina stava per abbattersi sul serbo e metterne in pericolo la qualificazione alle semifinali del Masters. In quel momento ci voleva un trucco, un escamotage. Di solito viene aiutato da Eva Kant. Nel tennis, tuttavia, Jelena Ristic (bionda come Eva, guarda un po’…) può limitarsi a fare un gran tifo da bordo campo. E allora ha dovuto pensarci da solo. La prima palla break è volata via con un ace, la seconda con un ottimo attacco di rovescio (non facile) che ha spinto Delpo a sbagliare il passante. E così Diabolik è scappato via, fuggendo con il malloppo e dando appuntamento al prossimo episodio. Sul 2-3, Del Potro ha giocato un’agghiacciante turno di servizio (quattro errori di dritto) e ha regalato il successo a Djokovic, già certo di giocare le semifinali. Gli manca la certezza del primo posto, ma parte decisamente favorito contro Richard Gasquet. Da parte sua, Del Potro giocherà un vero e proprio spareggio contro Roger Federer.
Sul piano tecnico, non si è visto nulla di nuovo. Del Potro ha tirato le consuete bordate, ed è stato bravo a rimanere in partita contro un Djokovic molto lucido: sin dal primo game (dove pure ha dovuto cancellare palle break), il serbo lo ha fatto muovere, tenendolo lontano dalla “piazzola di tiro”. “Se gioca da fermo, Del Potro è il più forte di tutti” diceva Laura Golarsa in telecronaca. Il serbo lo sapeva, memore delle battaglie di Wimbledon e Shanghai. Allora ha cercato di variare pur senza tradire il suo tennis. Gli schemi erano piuttosto semplici: una palla di qua, una palla di là…e così via. Il giochino ha funzionato per un set, ma poi Del Potro ha dimostrato di essere un gigante diverso dagli altri. Sarà pure alto 198 centimetri, ma si muove benissimo. E ha preso a giocare meglio fino a catturare il latitante. Ma se il ladro ha vinto 6 Slam, 16 Masters 1000 e 40 titoli ATP, ci sarà un motivo. E si visto nel terzo set, quando i nervi sono diventati più importanti di un rovescio vincente. E così, per la delusione del pubblico, che paga il biglietto per veder vincere il “buono” (e chi è più buono di uno che hanno soprannominato ‘Del Boy’?), Diabolik è scappato via ancora una volta. Ma il malloppo è ancora lontano. Nei prossimi giorni, lo vedremo volteggiare nuovamente in mezzo al campo. La missione è ancora complicata.
ATP WORLD TOUR FINALS
Gruppo B
Juan Martin Del Potro (ARG) b. Richard Gasquet (FRA) 6-7 6-3 7-5
Novak Djokovic (SRB) b Roger Federer (SUI) 6-4 6-7 6-2
Roger Federer (SUI) b. Richard Gasquet (FRA) 6-4 6-3
Novak Djokovic (SRB) b. Juan Martin Del Potro (ARG) 6-3 3-6 6-3
Roger Federer (SUI) vs. Juan Martin Del Potro (ARG) sabato
Novak Djokovic (SRB) vs. Richard Gasquet (FRA) sabato
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...