L’urna di Londra non bada ai precedenti: ci sarà ancora una volta l’Argentina sulla strada dell’Italia di Coppa Davis. A meno di sette mesi dal duello di Pesaro gli azzurri saranno obbligati a una delicata trasferta in Sudamerica, una delle più impegnative che potessero capitare. Tuttavia, molto dipenderà dalla finale di quest’anno: dovessero vincere gli argentini…

L’Italia di Coppa Davis sembra abbonata alle stesse avversarie. Prima due volte la Svizzera nel giro di tre anni, ora addirittura tre volte l’Argentina nelle ultime quattro stagioni, dato quasi surreale se si pensa che le due nazioni si erano affrontate solamente 30 anni prima, addirittura ai tempi di Panatta e Barazzutti, Vilas e Clerc. Nel sorteggio del World Group 2017, tenuto a Londra e moderato dal giornalista australiano Craig Gabriel, non c’è stato nemmeno un filo di suspance: giusto il tempo di posizionare le teste di serie e poi il primo nome estratto dal “chairman” ITF David Haggerty è stato il nostro. E al presidente della AAT Armando Cervone – presente alla cerimonia: gli hanno fatto sorteggiare gli accoppiamenti del Gruppo 1 – dev’essere scappato un sorriso, ricordando la recente vittoria dei Pesaro, che peraltro gli permetterà di ospitarci a casa loro. Non succedeva dal 1993 che l’Italdavis giocasse due match consecutivi contro la stessa avversaria: al tempo avvenne con il Brasile, col famoso quarto di finale di Maceiò ’92 vendicato qualche mese dopo a Modena. Dal 3 al 5 febbraio prossimi, invece, la sfida sarà una sorta di “bella” dopo il successo azzurro del 2013 a Mar Del Plata e il pareggio dei sudamericani del luglio scorso nelle Marche. Con l’Italia al decimo posto del ranking ITF, quindi fuori dalle teste di serie, un sorteggio impegnativo era scontato, anche se la sfida con l’albiceleste obbligherà gli azzurri alla trasferta più lunga che potesse capitare, e contro una squadra che grazie al preciso lavoro del capitano Daniel Orsanic ha ritrovato una sua identità, dopo anni di dissapori interni dovuti (anche) alle dolorose sconfitte in finale fra 2008 e 2011.

UNA FINALE CHE CI RIGUARDA DA VICINO
Lo conferma il fatto che gli argentini giocheranno a novembre la quinta finale della loro storia, sperando di cancellare il record negativo che li vede come la nazione ad aver giocato più volte il match decisivo senza mai conquistare l’Insalatiera. Per quanto visto nella semifinale di Glasgow contro la Gran Bretagna, il duello in arrivo contro la Croazia potrebbe essere quello buono, e l’impressione è che dall’esito della finale possa dipendere anche quello del successivo primo turno. Se gli argentini dovessero finalmente sfatare il tabù, difficilmente Juan Martin Del Potro avrà voglia di dedicare un altro anno alla nazionale, attento come è a non sprecare energie e desideroso di riprendersi ogni centimetro del terreno che la sfortuna gli ha portato via. Per gli altri invece, un eventuale titolo potrebbe avere risvolti completamente opposti: o far subentrare un po’ di sano appagamento, oppure caricarli ancor di più, in un Paese dove la Coppa Davis è quasi al pari di una religione. La certezza è che l’Italia troverà un clima infuocato, ben diverso da quello che accolse gli azzurri nel 2013, quando bastò un Fognini in grande spolvero per portarci ai quarti. Al momento il principale problema degli argentini è l’assenza di un doppio competitivo: a Pesaro gli è bastato un onesto Del Potro/Pella per battere gli azzurri, ma se a spalleggiare Fognini ci fosse stato Simone Bolelli (che il febbraio prossimo dovrebbe essere già rientrato in campo) il risultato sarebbe stato diverso.

PANCHINA LUNGA CONTRO PANCHINA CORTA
Per i nostri l’aspetto positivo è che gli avversari sono ben noti, anche se potrebbe bastare un cambio di superficie per scombussolare la situazione. Non è scontato, infatti, che i padroni di casa scelgano la terra battuta: è vero che l’hanno evitata solo una volta in tutta la loro storia, e con risultati disastrosi (ricordate la finale-suicidio del 2008 contro la Spagna?), ma la situazione potrebbe suggerire il bis, ovviamente se ci sarà Del Potro. Il tandilense è più competitivo sul duro, e la recente sfida sul cemento di Glasgow (peraltro piuttosto veloce) ha mostrato che sia Guido Pella sia Leonardo Mayer possono dire la loro anche lontano dalla terra. Dovessero scegliere comunque il rosso, invece, tornerebbe in lizza per i singolari anche Federico Delbonis: in Scozia capitan Orsanic non gli ha fatto nemmeno vedere il campo, perché sul rapido perde buona parte delle sue armi, ma sulla terra del Ct Baratoff è stato lui il “matador” degli azzurri, guadagnando parecchia credibilità. Una delle loro armi potrebbe essere la panchina lunga: Del Potro a parte, sulla terra gli altri tre (e magari anche Juan Monaco) partono esattamente con le stesse chance di scendere in campo. In casa Italia, invece, è difficile aspettarsi sorprese: da qui a febbraio dovrebbe cambiare poco, e – infortuni a parte – l’unica differenza con Pesaro potrebbe diventare il nome del secondo singolarista, Paolo Lorenzi invece di Andreas Seppi. La storia recente della Davis insegna che può bastare un giocatore e mezzo per vincere il titolo, ma ai nostri la carenza di particolari alternative è già stata fatale una volta.

TUTTI GLI ACCOPPIAMENTI DEL WORLD GROUP 2017*
ARGENTINA-Italia
Belgio-GERMANIA
Repubblica Ceca-AUSTRALIA
Svizzera-STATI UNITI
GIAPPONE-Francia
CANADA-Gran Bretagna
Russia-SERBIA
Spagna-CROAZIA
*In maiuscolo le nazioni ospitanti