ROLAND GARROS – Rafael Nadal raccoglie i cocci di un Murray provato dalle fatiche nei turni precedenti. Gli lascia sei giochi e va a caccia nel nono successo a Parigi.
Di Alessandro Mastroluca – 6 giugno 2014
Sette game, dieci punti al servizio. Questo ha lasciato Rafa Nadal a Andy Murray in una semifinale che praticamente non è mai iniziata. Rafa ha veleggiato verso la nona finale al Roland Garros lasciando la miseria di 12 giochi negli ultimi sei set giocati. Definirlo un dominio potrebbe sembrare riduttivo. Prima della semifinale, Murray aveva trascorso sul campo oltre quattro ore e mezza più di Nadal. E si sono viste tutte nell'alchimia di una partita che non ha avuto nulla della tensione, dell'incertezza dell'ultima sfida, del quarto di finale di Roma in cui, almeno per un set, lo scozzese aveva dimostrato di poter giocare sul rosso meglio, molto meglio, del Re della Terra, per quanto un po' abbacchiato.
NADAL TORNA IL RE DELLA TERRA
Il Re della Terra, però, si è ripreso poltrona, scettro e corona quando serviva di più, quando c'era da mettersi alle spalle forse la peggior stagione di sempre sulla sua superficie migliore, perché senza l'infortunio alla schiena di Nishikori le sconfitte sul rosso sarebbero state quattro, e non sono mai state così tante per lui in una singola stagione. “Se avessi giocato quei match come ho fatto oggi, probabilmente non li avrei persi – ha commentato Nadal – se tutti i pezzi si fossero messi a posto prima, la mia sarebbe stata una grande stagione sul rosso. Il problema, comunque, è sempre il passato, sono sempre i confronti. Per me è stata ottima, oggi ho giocato il mio miglior match sulla terra di quest'anno. Ma è chiaro che se confrontiamo il 2014 sul rosso alle mie ultime 8 stagioni su questa superficie, allora non è più buona". Il Re della Terra si riprende lo scettro e rimette la sua chiesa al centro del villaggio, con i gioielli della corona in bella vista, per il capitolo numero 42 della rivalità che sta segnando un'epoca e riscrivendo storie e statistiche, l'unica partita di ogni epoca che si è giocata almeno due volte in ogni Slam. Nadal è in vantaggio 22-19 nel computo degli scontri diretti, ma soprattutto è 8-3 negli Slam. Però Djokovic, che non ha più rivisto ma non ha mai più dimenticato l'invasione sullo smash dell'anno scorso, ha firmato tutte le sue tre vittorie in finale. Non è un dato da poco. La quarta vittoria vorrebbe dire, per il serbo, essere il terzo Fab Four a completare il Career Slam, il secondo giocatore a battere Nadal al Roland Garros, ma soprattutto vorrebbe dire tornare numero 1 del mondo. Per Rafa, invece, la quarta vittoria su Djokovic in una finale Slam vorrebbe dire la settimana numero 138 in vetta al ranking e un altro posto nella storia, vorrebbe dire conquistare il 14esimo slam e diventare il primo tennista all-time a vincerne almeno uno all'anno per 10 stagioni di fila. “La mia unica motivazione – ha ribadito Rafa – è vincere il torneo. Che sia la prima o la quinta volta di fila mi interessa meno”.
LA PARTITA CHE NON C'È
Murray non ha nemmeno pensato di poter togliere a Nadal la ventesima finale Slam, una in più di Lendl e quattro in meno di Federer. Non ha mai nemmeno davvero provato a togliergli il record di unico tennista di sempre in finale nove volte nello stesso Slam. Se non nel primo punto, uno scambio durato due minuti. Ma è un'illusione talmente breve che dopo 11 minuti Nadal è già 3-0 e Murray di punti ne ha portati a casa solo altri due. La Francia è sempre terra straniera per i britannici, vicina quanto lo stretto che separa le bianche scogliere di Dover dalle spiagge di Dunkerque, lontana quanto gli stili di gioco, i modi di vedere la vita e il tennis che servono per vincere sulla terra rossa e sull'erba. E in Francia l'unico vero Re arriva da altre spiagge, da un'isola e da una famiglia che ha dato alla Spagna due campioni in due sport diversi, uniti da una capacità innata e fuori dall'ordinario di difendere e controllare, di impostare da dietro con la forza della solidità. Così Bunny Austin rimane l'ultimo britannico in finale al Roland Garros. Era il 1937, un anno prima Fred Perry aveva trionfato a Wimbledon, ma un 77 da celebrare capita una volta nella vita, pensare che si ripeta una volta l'anno è speranza quanto mai vana. La partita è talmente scontata, talmente già scritta, se davvero di partita si può parlare considerati i numeri di Murray (11 vincenti, altrettanti punti con la seconda, 26 gratuiti) che il pubblico improvvisa una ola a metà del terzo set. Nadal vince lo scambio più divertente del match, e allo scozzese non resta che l'amara soddisfazione di arrivare almeno una volta a 40 sul servizio del maiorchino. Ma è troppo poco, soprattutto è troppo tardi e nemmeno serve a completare il break. “Ho giocato il mio miglior tennis, mi emoziona pensare che giocherò un’altra finale qui" ha detto Rafa nell'intervista-show con Fabrice Santoro. "Mi sono allenato molto meglio degli ultimi tempi – ha spiegato in conferenza stampa – e oggi sono riuscito a giocare con la stessa intensità che avevo in allenamento. Lui ha sbagliato più del solito in risposta, ma di dritto penso di aver fatto davvero molto bene”. Niente di nuovo, conclude Rafa, in vista della finale. Dopo 41 partite, dopo giornate furibonde e passaggi di tempo, non ci sono segreti, non c'è niente da capire, niente da scoprire, nessun segreto da svelare. “Djokovic ha la giusta motivazione per vincere, ma sente anche la pressione di vincere qui, esattamente come me. Potrebbe avere un po' più di fiducia, perché l'ultima volta che abbiamo giocato sulla terra ha vinto lui. Ma dovrebbe esserci il sole, e questo aiuta me”. Perché sul regno di Nadal a Parigi il sole non tramonta (quasi) mai.
ROLAND GARROS UOMINI – SEMIFINALI
Rafael Nadal (SPA) b. Andy Murray (GBR) 6-3 6-2 6-1
Novak Djokovic (SRB) b. Ernests Gulbis (LET) 6-3 6-3 3-6 6-3
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