Con sette tornei vinti, la doppista olandese è la più titolata del 2017 insieme a Elise Mertens (uomini compresi). Soltanto nel 2015 ha accettato di dedicarsi alla specialità, mentre le è capitato di litigare con qualche azienda per il suo abbigliamento: sul campo (e fuori) si veste soltanto da uomo.

Novak Djokovic? Rafael Nadal? O magari Simona Halep? No. Considerando uomini e donne, chi ha intascato più titoli nel 2018 è l'olandese Demi Schuurs, capace di vincere ben sette tornei di doppio. Soltanto Elise Mertens ha saputo eguagliarla (vincendone tre in singolare e quattro in coppia). Nadal ne ha vinti cinque, Djokovic quattro proprio come Simona Halep. Soltanto un giocatore potrebbe eguagliare la Schuurs: Mate Pavic, che la prossima settimana sarà impegnato alle ATP Finals di Londra. Tuttavia, il 2018 della Schuurs è stato indimenticabile e particolare. I 7 titoli sono arrivati con quattro compagne diverse, fatto abbastanza strano per una specialista. Chi cambia spesso partner lo fa perché non ha grandi ambizioni o non raccoglie grandi risultati. Al contrario, la Schuurs ha giocato (e vinto) tre volte con Elise Mertens, due con Ashleigh Barty e una a testa con Kiki Bertens e Katarina Srebotnik. Spalmare i successi con tante compagne ha rischiato di tenerla fuori dalle WTA Finals di Singapore: alla fine ha artigliato un posto insieme alla Mertens, che peraltro si è augurata di continuare a giocare con lei per ancora molti anni. A Singapore non è andata troppo bene: hanno perso all'esordio contro Barty-Vandeweghe, vincitrici dello Us Open. Ci sarà tempo per rifarsi, anche perché il passaporto è dalla sua parte: le specialiste del doppio, solitamente, sono più avanti con l'età. Lei ha 25 anni e sin da giovane ha capito che il suo successo sarebbe passato dalla specialità: nel 2011 giocò tutti gli Slam junior, vincendo soltanto una partita in singolare. In doppio, con quattro compagne diverse, arrivò sempre in finale, vincendone un paio. Ma il tennis è uno sport individuale: per anni, Demi non si è rassegnata all'idea di essere competitiva soltanto in doppio. Nei primi anni di carriera, ha tentato – quasi ostinatamente – di sfondare in singolare. Risultato: non è mai entrata tra le top-500.

STAGIONE DA SOGNO
Nel 2015 ha scelto di dedicarsi solamente al doppio, e pochi mesi dopo ha intascato il suo primo titolo WTA. “È stata una decisione fortunata perché la maggior parte delle ragazze con cui avevo iniziato a giocare adesso hanno smesso – racconta – e si sono dedicate a studiare o lavorare. Io sono fortunata perché posso ancora giocare a tennis e fare quello che desidero: girare il mondo con una racchetta in mano”. In realtà aveva vinto appena tre titoli fino al 2017: buona specialista, ma nulla di più. Da numero 44 WTA, quest'anno puntava a migliorare e magari entrare tra le top-30. Le sono bastati tre mesi per raggiungere l'obiettivo, e a quel punto non si è più fermata. “Ma da parte mia cerco di essere sempre la stessa e non comportarmi in modo arrogante. In fondo si tratta di un gioco, è soltanto uno sport – racconta – ok, ho vinto un po' di tornei, ma tanti giocatori hanno dei trofei nelle loro bacheche”. In coppia con Lesley Kerkhove, ha battuto le sorelle Williams in un match di Fed Cup giocato lo scorso febbraio. Era un match senza valore, a risultato acquisito, ma per lei ha assunto un grande valore. In fondo, non capita tutti i giorni di condividere il campo con Serena Williams. La Schuurs viene da una famiglia di sportivi: il fratello minore Perr gioca a calcio nell'Ajax, la squadra olandese più popolare. Papà Lambert detiene il record di presenze (ben 312) con la nazionale di pallamano. “Quando ero piccola, mi disse che la palla da pallamano era troppo grande per me, così mi ha messo in mano quella da tennis”.

ABBIGLIAMENTO DA UOMO
Difficilmente avrebbe potuto diventare una buona giocatrice in singolare, perché il suo tennis è molto leggero e si basa su una buona incisività sotto rete. Ha un ottimo senso della posizione e sa eseguire le volèe nel modo giusto. Si trova bene sia con giocatrici tradizionali (vedi Mertens o la connazionale Bertens) che con quelle più simili a lei come Ashleigh Barty. Una delle sue particolarità è che sul campo indossa completi da uomo. I vestitini che hanno fatto la fortuna di diverse giocatrici non le interessano. “Quando parlo con un'azienda, lo dico subito: io mi vesto con abbigliamento da uomo. Se non accettano, significa che c'è un problema e che non possiamo lavorare insieme”. D'altra parte, finché si rimane nei limiti del buon gusto, non si può certo imporre un dress code, salvo che a Wimbledon, dove c'è la sacralità del bianco. Lo scorso anno, Demi ha avuto qualche problema proprio a Londra: non aveva i canonici pantaloncini bianchi. Non c'erano alternative: per essere ammessa a giocare, ha dovuto indossare una gonna data in prestito dalla Mertens. “Ammetto di essermi sentita un po' a disagio”. Mai come sei anni prima: alla cena di gala dei vincitori di Wimbledon (a cui prese parte per aver raggiunto la finale nel doppio junior) si presentò con le infradito. E anche due settimane fa, a Singapore, mentre tutte le altre giocatrici vestivano in abito da sera, ha scelto una maglietta verde scuro e pantaloni larghi, neri. Più in generale, ha provato un certo disagio per il lusso sfrenato concesso alle giocatrici. Tutte le partecipanti alle WTA Finals avevano diritto alla transportation con la Porsche e un ingresso privato nel lussuoso Marina Bay Sands Hotel, laddove i prezzi non scendono sotto i 400 dollari a notte. “In quel momento mi sono sentita molto a disagio perché non sono abituata a queste cose – ha detto – non si adatta alla mia personalità. Ho comunque provato a godermi il momento e l'atmosfera, perché è qualcosa per cui ho lavorato tutto l'anno”. A gennaio ripartirà da una splendente ottava posizione nel ranking WTA. Se davvero trovasse la compagna giusta, chissà che non possa salire più in alto. Ma non chiedetele di vestire troppo elegante. Quello, proprio, non le piace.