La scelta tattica di Alex De Minaur non solo ha procurato più errori all’australiano, ma ha anche esaltato il gioco di Sinner. Che però, anche dopo un successo schiacciante, resta con i piedi per terra
Già nel preludio al match, il pesante bilancio di Sinner su De Minaur cedeva poco il fianco a sorprese di sorta.
Conoscendo i tipi, tuttavia, presto s’è fatto largo l’assunto secondo cui ogni match è storia a sé e che, comunque fosse andata, quel quarto di finale sarebbe stato argomento da dirimere tra gente tosta, cresciuta a pane e sport! Dunque i conti tornano e a chi non crede che le estrazioni ambientali pesino sulla corteccia di ogni individuo, consiglio di chiedere lumi ai due che sulla Rod Laver Arena di Melbourne se le sono date di santa ragione mostrando personalità da guerrieri a cui il sacrificio non fa certo difetto.
D’altra parte, se il più attempato dei due si è formato sotto i roventi raggi dell’estate australe, il più giovane è venuto su tra le gelide nevi dell’inverno boreale, lì dove per andare a scuola devi calzare ciaspole salva piedi e coprirti come un palombaro.
Stando così le cose, va riconosciuta al nativo di Sidney la tradizione tutta aussie di mettere in atto quanto necessario a centrare il risultato. Tradotto in soldoni, ad Alex De Minaur va dato atto di aver tentato l’unica via percorribile per fare breccia sul potenziale di Jannik Sinner. Alludo alla mobilità a razzo che fa del nativo di Sidney il giocatore più veloce del circuito e che induce tutti a giocare uno, se non due, scambi in esubero per portare a casa il punto.
Per il resto, ignoro se quanto visto in campo fosse frutto di un pensiero tattico concordato, dico solo che il tentativo di togliere eccessivo tempo ai rimbalzi non soltanto ha indotto l’australiano a qualche errore di troppo ma ha finito per esaltare le doti da incontrista riconosciute universalmente all’attuale campione del mondo.
Già in abbrivio l’atesino ha dominato lo spazio scivolando veloce da una zona all’altra del campo, così come usava fare sulla neve facendo la barba alle mille porte che sembravano non avere fine. Per nostra fortuna ora la barba la fa alle righe di un campo da tennis per via
di oggetti giallo limone spediti sempre più veloci oltre la rete centrale.
Chiudo dicendo che sorprende, ogni volta, l’umiltà con cui il fresco semifinalista di questo slam in terra d’Australia vive i grandi successi che lo vedono protagonista. Una qualità che gli consente di non vivere di exploit ma di mirare ai grandi trionfi con i piedi ben piantati in terra.