Le similitudini tra Napoli e Cagliari, sede dell’ultimo titolo dell’Italia tennistica, porteranno fortuna agli azzurri? In una città che vive di contraddizioni, la febbre-Davis è già molto alta. 
Leon Smith non ha rivelato chi giocherà tra Ward ed Evans
(Foto Costantini – FIT / E' di Costantini anche la foto in home page)


Dall’inviato a Napoli, Riccardo Bisti – 3 aprile 2014

 
Non sappiamo se Angelo Binaghi sia superstizioso o meno. Annusando Napoli, tuttava, il dubbio si accende. Cinque mesi fa aveva fortemente caldeggiato Cagliari per la finale di Fed Cup, mentre per il match dcontro la Gran Bretagna (il più importante della sua lunga presidenza, almeno in Coppa Davis), il Consiglio Federale non ha avuto dubbi nello scegliere la città partenopea, nonostante la Davis sia passata da queste parti un anno e mezzo fa, in occasione dello spareggio con il Cile. L’elegante Tennis Club Napoli, motivato a fare qualcosa di importante dopo aver perso lo storico challenger primaverile, e forte dell’appoggio delle istituzioni (tra cui il sindaco De Magistris), aveva la forza della suggestione (un impianto sito in uno scenario impareggiabile, tra i più belli al mondo) e un clima perfetto per giocare a tennis in questo periodo. Il profumo di superstizione si sente girando per le strade di una città che è una scoperta continua, le cui similitudini con Cagliari sono più grandi di quel che sembra. In primis c’è il mare, forza portante dell’evento. Dalla Rotonda intitolata ad Armando Diaz, la vista è mozzafiato. Anche il meno romantico ne viene colpito. Un mare celeste che si perde nell’orizzonte, il Vesuvio sulla sinistra e Mergellina e Posillipo sulla destra. Ispirazione pura, e non c’è da stupirsi che Napoli sia la patria della canzone neomelodica. A Cagliari, la vittoria dell’Italtennis era arroccata sulla collina di Monte Urpinu, mentre stavolta il connubio con il mare è forte, intenso. E sarà un tratto distintivo anche sul piano tecnico, perché il vento soffia forte e potrebbe essere un fattore della sfida tra Italia e Gran Bretagna. In teoria noi siamo più velisti di loro. In fondo, il campo in terra rossa approntato in mezzo alla strada sarà un po’ come un mare da solcare. Non è certo il tappeto di biliardo che si trova al Roland Garros o al Foro Italico. E nel weekend è previsto brutto tempo.
 
Napoli e Cagliari hanno un’altra similitudine: sono due città in salita. Partono dal mare, poi si arrampicano lassù, tra vicoli e stradoni. Cagliari è più piccola, si gira in una giornata, mentre Napoli è un mix pugni e carezze, di dolcezze e amarezze. A pochi metri dal Tennis Club Napoli, vero cuore pulsante della sfida (tutti gli uffici si trovano nel circolo, poi un vialetto conduce verso l’impianto, 5.000 posti a sedere che dovrebbero far segnare il tutto esaurito. Al netto delle sparate giornalistiche delle scorse settimane, ci saranno 300 tifosi inglesi), si trova il Consolato degli Stati Uniti d’America. Hanno scelto il posto migliore, a due passi dal mare, e godono di una protezione assoluta. Ci sono due camionette dell’esercito, entrambe con soldato armato di mitraglietta, pronto a sparare. C’è anche una volante dei carabinieri e nei paraggi si trova un Commissariato di Polizia. Un segnale tangibile che ci ricorda come la vita vera, ahinoi, si svolga fuori dal campo da tennis. Ma Napoli è la città delle contraddizioni, un po’ come è l’intera Argentina. Forse non è un caso che Diego Armando Maradona si sia trovato così bene da queste parti. A pochi metri dal bunker diplomatico americano, nella via Caracciolo pedonalizzata, una moltitudine di persone passeggia o fa jogging in tutta tranquillità, sfruttando la bellezza del posto e la dolcezza del clima. C’è un qualcosa di profondamente romantico in tutta la zona: poco più in là, tanti ristorantini si prestano alla meglio gioventù napoletana, attiva fino a notte fonda anche in un giorno feriale. Ma è gradevole, piacevole da osservare.
 
Tuttavia, ci sono anche i lati peggiori. A pochi metri da tali bellezze c’è un locale a luci rosse, perfettamente integrato nel contesto. E questo fa impressione. I vicoli e alcune strade un po’ dissestate evocano le scene di tante fiction girate a Napoli, che spesso parlano di episodi di microcriminalità (scippi, rapine, furtarelli). C’è da stare attenti ai gruppetti di giovani radunati agli angoli, ma magari si sorride nel vedere un accozzaglia di guaglioncelli, tutti (o quasi) con la maglia del Napoli, che tramutano un modesto cortile in mezzo a due strade molto trafficate in un immaginario Stadio San Paolo. E’ la Napoli dei locali tipici, dove improbabili chitarristi provano ad allietare gli avventori di ristoranti e pizzerie (spesso sortendo l’effetto contrario), ma anche quella dove il proprietario “dimentica” di lasciare 30 euro di resto, e viene sempre il dubbio se l’abbia fatto apposta o meno. Così come mare e salite avevano portato fortuna all’Italia di Fed Cup, quella di Coppa Davis punta a tornare in semifinale dopo 16 anni. Oggi il sorteggio ci dirà se Fabio Fognini sarà schierato già nella prima giornata dopo i problemi fisici dei giorni scorsi (sta sempre meglio, dovrebbe esserci) e chi sarà il secondo singolarista britannico, unico vero dubbio della vigilia: il tranquillo James Ward o il folle Daniel Evans. Noi scommettiamo sul primo, convinti che sull’eventuale 2-2 sarebbe schierato Evans. Nel team azzurro, Gianluigi Quinzi e Matteo Donati si sono aggregati e palleggiano con i titolari, annusando il sapore di una competizione che potrebbe riguardarli da vicino in un futuro neanche troppo lontano. Ma adesso il presente è qui, nella città delle contraddizioni, storica roccaforte delle vittorie azzurre. Per tornare tra le prime quattro, valeva tutto. E non c’è una città migliore per affidarsi alla cabala.