Forse scottata dalla compravendita di giocatori messa in atto dal Kazakhstan, la Federazione Internazionale ha reso sempre più complicate le norme per rappresentare una nazione in Coppa Davis e in Fed Cup. Qualche mese fa c'è stato il caso di Aljaz Bedene: cittadino britannico dall'anno scorso dopo sette anni di residenza, le ha provate tutte per ottenere l'ammissibilità in vista della finale di Coppa Davis. A una decina di giorni dall'evento, il tribunale ITF riunitosi a Praga ha optato per un rinvio e discuterà nuovamente la sua posizione a marzo. Nel frattempo, la Gran Bretagna ha intascato l'Insalatiera e giocherà il primo turno contro il Giappone (dal 4 al 6 marzo a Birmingham) senza di lui. Ma se Bedene aveva la zavorra di qualche match con la Slovenia, è diverso il caso della stellina Daria Gavrilova. Nata e cresciuta a Mosca, si è trasferita in Australia da quando aveva 15 anni. Non ha mai rappresentato la Russia in Fed Cup (anche se avrebbe potuto farlo nella famosa finale del 2013 contro l'Italia, quando tutte le migliori russe diedero forfait. Arrivarono a lei, ma rifiutò qualsiasi contatto) anche se da ragazzina aveva giocato la Fed Cup Junior (tra l'altro, durante quell'evento conobbe Luke Saville, suo attuale fidanzato). I regolamenti, tuttavia, non considerano le competizioni giovanili alla stregua di Coppa Davis e Fed Cup. In altre parole, Dasha non ha mai giocato per la Russia a differenza di Bedene con la Slovenia. Tuttavia, il suo nome non compare tra le convocate di Slovacchia-Australia, match valido per il World Group II e in programma nel weekend a Bratislava. Anche in questo caso, le ragioni sono di ordine regolamentare.
NORME SEMPRE PIU' RIGIDE
Dopo le sue grandi prestazioni nell'estate australiana (vittoria in Hopman Cup con Nick Kyrgios e ottavi all'Australian Open), la capitana Alicia Molik l'avrebbe convocata più che volentieri per affiancare Sam Stosur, ma l'ITF non ha concesso il nulla osta. Motivo? Una regola in vigore dal 1 gennaio obbliga i giocatori ad avere almeno due anni di cittadinanza prima di poter rappresentare una nazione. Non è il caso della Gavrilova: pur abitando in Australia da sette anni, ha ottenuto il passaporto soltanto in dicembre. Per questo motivo, non potrebbe rappresentare l'Australia prima del 2018. La sua federazione ha immediatamente proposto appello, ma la vicenda non verrà discussa prima di marzo. E probabile che il suo caso venga affrontato insieme a quello di Aljaz Bedene. In passato, la norma prevedeva che un/a tennista potesse rappresentare il proprio paese non appena ottenuta la cittadinanza, a meno che non avesse giocato per un'altra nazione nei tre anni precedenti. La regola è stata modificata nel 2015: dall'anno scorso, chiunque abbia già rappresentato una nazione in Coppa Davis o in Fed Cup non può cambiare bandiera e giocare per un altro paese. Bedene ha proposto appello perché ha preso la cittadinanza britannica prima che la norma entrasse in vigore. La Gavrilova non ha problemi di questo tipo: è esclusivamente una faccenda di tempo. Se il suo appello dovesse essere accettato, potrebbe essere eleggibile per il match del 16-17 aprile. Molto probabilmente, uno spareggio per restare nel World Group. A parte la Fed Cup, c'è fermento in vista dei Giochi Olimpici: un'eventuale decisione positiva sarebbe salvifica in chiave Rio de Janeiro. “La sua eleggibilità è ancora in sospeso: sarà discussa al prossimo meeting del consiglio di amministrazione ITF – ha detto il manager Paul Kilderry – abbiamo fiducia: crediamo che il suo caso sarà affrontato correttamente e che potrà giocare”. Lei, nel frattempo, scende in campo con le unghie dipinte di giallo e verde, i colori delle rappresentative australiane.
PASSAPORTI CHE CAMBIANO
Nel frattempo, l'Australia è nei guai: in assenza della Gavrilova, mancheranno le altre due migliori giocatrici alle spalle della Stosur: Casey Dellacqua non si è ancora ripresa dalla commozione cerebrale patita a Pechino, mentre Jarmila Gajdosova (oggi signora Wolfe) si è infortunata alla schiena. Per questa ragione, il quartetto sarà completato da Arina Rodionova (n. 314 WTA) più le giovani Kimberly Birrell (n. 296) e Storm Sanders (n. 355). In 53 anni di Fed Cup ci sono stati 31 casi riconosciuti di giocatrici passate da una nazione all'altra. Tuttavia, al peso lordo bisogna togliere la tara di vicende politiche come quelle che hanno investito l'ex Unione Sovietica e la ex Jugoslavia. Diverse giocatrici, infatti, hanno cambiato nazione perché la geopolitica ha scelto per loro: Natalia Medvedeva, Leila Meshki e Natasha Zvereva, per esempio, hanno giocato per l'Unione Sovietica salvo poi ritrovarsi rispettivamente ucraina, georgiana e bielorussia. Stessa storia per la Yugoslava Gorana Matic, poi diventata croata. Il caso più eclatante di cambio nazionalità è quello di Martina Navratilova, vincitrice del trofeo sia con la Cecoslovacchia che con gli Stati Uniti. I casi più recenti sono stati quelli di Sesil Karatantcheva (da Bulgaria a Kazakhstan, ma ha già fatto marcia indietro), Jelena Dokic (Australia, Serbia e Montenegro e ritorno), Romina Oprandi (da Italia a Svizzera) e la stessa Jarmila Gajdosova, che da slovacca è diventata australiana. Ma nel weekend non potrà giocare contro le ex connazionali.