Non capita mai che un atleta ammetta di aver preso deliberatamente una sostanza vietata. Daniel Evans lo ha fatto, anche se la sniffata di cocaina non era certo per ragioni tennistiche. Dopo un anno di silenzio è tornato a parlare: per liberarsi dalla vergogna, si è assunto ogni responsabilità. “La droga rovina la vita”. Giocherà il Challenger di Glasgow.

Il 95% dei giocatori si sta sporcando i calzini di rosso, ma c'è un gruppetto di oltranzisti che rifugge la terra battuta manco fosse la peste. Rimasta senza il supporto di AEGON, la Lawn Tennis Association (LTA) ha creato alcuni tornei Challenger che – incidentalmente – vanno incontro a questa fetta di tennisti. Lo Scotstoun Tennis Centre di Glasgow è stato inaugurato nel 1915, salvo poi essere chiuso nel 2008 per una ristrutturazione durata due anni. Adesso è un impianto moderno, omologato per ospitare tornei internazionali. Ogni febbraio si gioca un Futures, ma l'ATP Challenger al via in queste ore sarà l'evento più prestigioso mai organizzato da questo piccolo club. Sarà lo sfondo del rientro agonistico di Daniel Evans dopo 12 mesi di sospensione. Parlare di doping sarebbe inappropriato: è più corretto dire che ha violato le norme antidoping, consumando cocaina a scopo ricreativo. Poteva persino sfangarla, ma qualche residuo gli è rimasto in una sacca, contaminando altri medicinali. Evans comunicò la positività in una surreale conferenza stampa tenutasi l'anno scorso, poco prima di Wimbledon. Non erano consentite domande. Subito dopo, cancellò il suo account Twitter. Parole e atteggiamenti facevano trasparire un sentimento forte e nobile: la vergogna. Si vergognava da matti. Evans ha ammesso di aver consumato la cocaina. “Ne ero consapevole, sapevo che era vietato, eppure l'ho fatto lo stesso”. Si è assunto ogni responsabilità, al 100%, senza dare colpe al suo gruppo di amici. “Ognuno sceglie le persone con cui uscire, e poi nessuno di loro mi ha spinto a prendere niente”. Ok, ma probabilmente si era creato un clima favorevole… no, “Evo” non cerca scuse e nemmeno alibi. Fatto raro, in un mondo dello sport dove gli atleti pizzicati dai controlli ne inventano di tutti i colori. C'è talmente tanto materiale da realizzare un blob con le scuse più ridicole e/o strampalate per giustificare una positività. Daniel Evans no, lui ha preso la cocaina e lo ha ribadito tranquillamente nella sua prima intervista pubblica, a poche ore dal rientro. La LTA ha scelto di dargli fiducia, assegnandogli una wild card per Glasgow. “Se riesci a vedere le rovine che ti sei lasciato alle spalle, e non parlo soltanto della positività, sei abbastanza sicuro che non prenderai mai più la cocaina. È la cosa peggiore che abbia mai fatto, ho deluso molte persone e fatto una cattiva pubblicità al tennis. Soltanto Dio può sapere cosa pensano alcuni grandi del gioco quando escono queste notizie”.

VERGOGNA E OBLIO
Evans non è mai stato un esempio per i ragazzini: al tennis ha spesso preferito una vita dissoluta, qualche divertimento di troppo. La stessa LTA lo aveva bacchettato, tagliandogli i fondi salvo poi riaccoglierlo a braccia aperte quando è diventato un tennista vero. Il picco di popolarità l'ha raggiunto nel gennaio 2017: finale a Sydney, scintillante ottavo all'Australian Open con vittorie su Cilic e Tomic. La sua storia era diventata mainstream, buona per carta patinata e non più confinata alle pagine specialistiche, lette soltanto dai nerd tennistici. Per questo, la notizia della positività aveva destato un certo scalpore. In Gran Bretagna, poi, i tabloid si tuffano a pesce in queste faccende. Ma Daniel aveva deciso: basso profilo. Il senso di vergogna lo ha spinto a scomparire, a tagliare quasi ogni contatto con l'esterno. Fino a un paio di mesi fa, non poteva mettere piede nei circoli LTA: per nove mesi si è limitato a giocare a golf e guardare tanta TV. Anche un po' di tennis, per quanto non abbia tenuto troppi contatti. Mark Hilton (l'ex coach) e Leon Smith (capitano di Davis) sono le uniche persone con cui ha continuato a sentirsi. “Ho vissuto alcuni brutti momenti, per un po' sono stato il peggiore fidanzato possibile – racconta – all'inizio soffrivo per l'impossibilità di giocare, ma ormai l'errore era commesso. Fare altre cose? Mica facile se vivi a Cheltenham, lontano da tutto, e gli altri lavorano. Sono rimasto da solo ogni giorno fino alle 17.30-18”. Quando racconta il suo pentimento, viene da credergli. Evans è sempre stato un tipo diretto, sincero. La vergogna si è tramutata in dilemma interiore. “Quando giochi a tennis ti aiutano un mucchio di persone. Non soltanto chi viaggia con te, ma anche chi ti manda un messaggio dopo una partita. O vogliamo parlare di quelli che restano svegli di notte per vederti giocare in America, sacrificando ore di riposo? In questo periodo è stato difficile relazionarmi con gli altri: la mia famiglia, o i genitori della mia ragazza. Immagino che non desiderassero questo per la loro figlia. Per non parlare degli imbarazzi patiti a lavoro da mia madre e mia sorella. Non ho avuto particolare sostegno, ma non potevo certo aspettarmi chissà cosa. Ero pur sempre uno squalificato per aver assunto droga”.

"AVRÒ DUBBI FINO A QUANDO NON TORNERÒ TRA I TOP-100"
​Già, la droga. Evans è restio a raccontare dettagli e circostanze del consumo di cocaina. “Posso dire che adesso è totalmente sparita dal mio orizzonte. È stata una cosa terribile, la rovina della mia vita”. Sorprende la cruda sincerità con cui parla del suo errore. “Sì, l'ho presa. Sapevo in anticipo che non avrei dovuto, ma l'ho fatto. C'è un motivo se la droga è illegale, e non c'entra il fatto che io sia uno sportivo. Sapevo che non avrei dovuto prenderla”. Quando gli hanno chiesto se aveva pensato alle possibili conseguenze di un controllo antidoping, non ha perso sincerità. “Se prendi droghe, significa che non sei in uno stato mentale di particolare lucidità”. Per anni, la stampa britannica gli ha puntato il dito addosso: “talento buttato via” hanno scritto per anni. Adesso sono più morbidi, anche se i dubbi non mancano. Lui è il primo ad averne: “Capita tutti i giorni, anche adesso. Vedremo cosa succederà. Diciamo che ne avrò fino a quando la mia classifica avrà tre cifre”. Traduzione: un ritorno tra i top-100 è l'obiettivo minimo della nuova carriera. Appena è stato possibile, ha ripreso ad allenarsi a Edgbaston. Da allora, gli addetti dell'antidoping sono andati a fargli visita quattro volte per un test sul sangue. “Fino a ora non ho palleggiato con nessun tennista davvero forte – ha detto – è difficile dire a che punto mi trovo. Mi sento bene, ma non ho trovato nessuno davvero adatto con cui testare il mio livello”. 28 anni il 23 maggio, Evans sa di dover riconquistare la fiducia e il rispetto altrui. “Dura, ma esaltante. Io penso di poter tornare dov'ero, a meno che il tennis non sia radicalmente cambiato in un anno. Ma in questi mesi ho visto che i giocatori più anziani hanno continuato a fare bene”. Ci saranno giorni negativi e sconfitte, ma Daniel Evans è ottimista. “Come prima cosa spero che i giorni positivi siano di più. E poi, dopo quanto successo, non sentirò più un certo tipo di stress. Vincere o perdere non sarà un grosso problema. Questa è la cosa più importante emersa in questi mesi”. Tutti hanno diritto a una seconda possibilità: Daniel lo sa, ma non dovrà buttarla via.