Lei tende a drammatizzare, a fare un po' di scena. E non è una buona perdente, come ha dimostrato in più occasionI. Ciò non toglie che Serena Williams sia la più forte tennista di tutti i tempi. “Più forte” non significa “più grande”, ma poco importa. Raggiungere la finale a Wimbledon ad appena 10 mesi dalla nascita di Alexis Olympia, con tutte le difficoltà post-parto, è una grande impresa. È giusto domandarsi quanto sia merito suo e quanto di un tennis femminile da molti ritenuto “più che abbordabile”, ma sui libri di storia queste cose non rimangono. Resterà, invece, il grande torneo di Serena. Per intascare il 24esimo Slam ed eguagliare il record di Margaret Court, dovrà battere Angelique Kerber. L'ultima volta che aveva messo piede a Wimbledon, aveva battuto proprio "Angie" in finale. Non c'è mai stata la sensazione che sabato si potesse parlare soltanto tedesco: pur giocando bene, Julia Goerges le è troppo inferiore. Le sono bastati appena 70 minuti per chiudere la contesa, un 6-2 6-4 in linea con i precedenti, peraltro con un game concesso in meno rispetto al terzo turno del Roland Garros (finì 6-3 6-4). Non è difficile raccontare questa partita: Julia Goerges gioca più o meno come Serena. Di più: è una Serena in miniatura. Chiede molto al servizio, non è un fulmine nei movimenti ma possiede due fondamentali molto pesanti (anche se è un po' macchinosa nei gesti). Il problema, per lei, è che Serena fa tutto meglio. La Goerges è entrata in campo con lo spirito giusto, provando a cercare il vincente, incitandosi dopo ogni buon colpo, ma Serena ha un paio di marce in più. E se continua a servire così, inavvicinabile, ha un vantaggio quasi illegale sulle altre.
CAMBIO DI MARCIA CON "MOU"
C'è un numero che racconta bene il divario tra le due: in tutto il match, Serena ha perso appena 14 punti al servizio, 9 nel primo set e 5 nel secondo (di cui quattro nell'unico break concesso, a partita quasi terminata). Numeri simili a quelli di martedì, contro Camila Giorgi. Impiega un po' di tempo a ingranare, poi diventa inavvicinabile. Bisogna raccogliere il più possibile in avvio e poi incrociare le dita. Camila Giorgi lo ha fatto, Julia Goerges no. Anche perché, obiettivamente, ha meno armi. La tedesca resisteva fino al 2-2, poi perdeva quattro giochi consecutivi. Serena era troppo più potente di lei nello scambio: per ogni volta che riusciva a venirne fuori, ce n'erano 3-4 in cui veniva travolta dalla potenza altrui. Andamento (quasi) fotocopia nel secondo. Julia faceva del suo meglio fino al 2-2, poi lo strappo arrivava al sesto game, sigillato da una smorzata della Goerges che moriva sul nastro. Tutto normale fino al 5-3, poi arrivava il mini passaggio a vuoto di Serena. Un doppio fallo sullo 0-15 e un bel passante di Julia la costringevano a fronteggiare tre palle break. Annullava le prime due, ma sulla terza doveva arrendersi a una gran risposta di dritto della tedesca. Ovazione del pubblico, desideroso di vedere più tennis dopo che anche la prima semifinale era stata un po' insipida. Serena no, lei non aveva voglia di restare in campo. Chiamata a servire per il 5-5, la Goerges ha preso a tremare e ha ceduto a zero il servizio, senza neanche un briciolo di tensione. E allora i numeri si gonfiano: 30esima finale Slam, decima a Wimbledon, dove si è già imposta per sette volte e non perde dal 2014. Ciò che impressiona è l'incredibile cambio di marcia da quando ha iniziato a lavorare con Patrick Mouratoglou: professionista dal 1998, ha vinto tredici Slam nei primi quattordici anni di carriera. Nei cinque successivi, ben dieci. E adesso, con un membro in più nella sua famiglia, vuole azzannare altri record. Un fenomeno.
WIMBLEDON DONNE – Semifinale
Serena Williams (USA) b. Julia Goerges (GER) 6-2 6-4