Dal basso dei suoi 161 centimetri, Dominika Cibulkova ha messo tutte in riga. Dopo aver perso i primi due match, il destino è svoltato e le ha regalato un weekend da sogno. “Domi” se lo è meritato, giocando una partita eccezionale contro Angelique Kerber, seppellita da ben 28 colpi vincenti.

E poi dicono che il destino non esiste.
Qualcuno continuerà a pensarlo, ma non lo dica a Dominika Cibulkova, clamorosa vincitrice delle WTA Finals di Singapore. Entrata quasi in extremis (ha avuto la certezza della qualificazione soltanto durante il torneo di Linz), ha perso i primi due match salvo poi essere “salvata” da Angelique Kerber, che nell’ultimo match del girone ha rifilato due set a zero a Madison Keys, regalandole il pass per le semifinali. Non siete soddisfatti? Nella semifinale contro Svetlana Kuznetsova, il match è stato deciso da un nastro beffardo che ha fatto sbagliare la volèe alla russa. Non vi basta? L’ultimo punto della finale è stato un nastro clamoroso, al quarto matchpoint, dopo che “Domi” aveva giocato malissimo i primi tre e c’era il rischio che la partita girasse. La palla ha ballonzolato sul nastro, poi ha scelto di morire sul campo di Angelique Kerber. Da quando è stato istituito il Round Robin anche nel Masters femminile, è la seconda volta che una giocatrice si aggiudica il titolo pur avendo perso due partite. La prima era stata Agnieszka Radwanska, dodici mesi fa. E così la Cibulkova, con questo scintillante 6-3 6-4, si prende il titolo più importante in carriera, un successo clamoroso, che le offre il suo posticino nella storia. Ha giocato benissimo, una partita eccezionale. Non ha dato nessun respiro alla Kerber dopo che ci aveva perso cinque volte di fila, l’ultima sette giorni fa proprio a Singapore. Insieme a coach Matej Liptak, che è anche capitano di Fed Cup, hanno stabilito che la Kerber doveva essere schiantata sin dal primo colpo, senza darle possibilità di reazione. Tattica rischiosa, ma anche l’unica possibile. Picchiare, picchiare, picchiare. Ma il 30 ottobre 2016, giorno del 56esimo compleanno di Diego Armando Maradona, ha regalato uno spruzzo di magia nel braccio di “cipolletta” (traduzione letterale di Cibulkova). Non sappiamo se sia appassionata di calcio, ma a tratti è sembrata davvero una piccola Maradona con la racchetta. Le riusciva tutto, soprattutto con un dritto che è uno spettacolo di fluidità ed è anche piuttosto potente, sebbene sia alta appena 161 centimetri per 55 chili di peso. I numeri raccontano tutto: 28 colpi vincenti a fronte di 14 errori gratuiti. Bilancio già straordinario, reso ancora più splendente dal fatto che “Domi” ha tirato a tutta, sparando a volontà su ogni palla.

E’ partita a razzo: pronti, via, 3-0. Eppure, quando la Kerber si è lentamente arrampicata sul 2-3, il ribaltone sembrava già scritto. Dominika aveva di fronte un muro, una giocatrice fenomenale in difesa. Ma lei lo sapeva e ha messo i piedi abbondantemente dentro le righe, accorciando il campo e costringendo la tedesca a giocare più o meno dove c’era la scritta “Singapore”. Ha brekkato di nuovo al sesto game e stavolta ha tenuto il vantaggio fino al 6-3 finale. Ma anche con un set di vantaggio, si pensava che la Kerber avrebbe potuto rimetterla in piedi. La tedesca ha tenuto fino al 3-3, poi ha giocato un brutto game di servizio, condito da un paio di errori non abituali: un dritto aggressivo le è finito in corridoio, uno dei tanti recuperi di rovescio è volato via. Ecco, quando anche le sue specialità l’hanno abbandonata, si è capito che l’exploit avrebbe potuto concretizzarsi. La Cibulkova è salita rapidamente sul 5-3, poi 5-4 e 40-15. Tutto regolare, fino a quando si è resa conto di essere a un punto dal trionfo al Masters. Una partita fin lì anonima è diventata improvvisamente bella. Doppio fallo sul primo matchpoint, dritto lungo sul secondo. Sul 40-40, le due hanno profuso il massimo sforzo e abbiamo assistito a scambi fenomenali, bellissimi, da restare col fiato sospeso. Era la Cibulkova a comandare, non voleva in nessun modo che la Kerber potesse decidere le sorti dell’incontro. Sul terzo matchpoint scaraventava un facile dritto in rete, ma sulle palle break si affidava al dritto e bucherellava ancora le difese della tedesca. Davvero bello. Fino al nastro finale che l’ha fatta rotolare per terra, ebbra di gioia, incredula per un successo a cui non credeva nessuno. Una gioia incontenibile, tipica di chi non ci è abituata. L’abbraccio al suo clan (coach, marito, preparatore atletico), poi ai suoi ospiti, infine la premiazione in cui ha sollevato il trofeo con un’esuberanza tale da regalare splendidi scatti ai fotografi.





Difficilmente la slovacca sarà tra le favorite negli Slam del 2017, un po’ come accaduto quest’anno alla Radwanska. Ha dimostrato che i limiti fisici si possono aggredire con il lavoro e la grinta, ma una prestazione del genere sembra quasi irripetibile. Non l’avevamo mai vista così bene, nemmeno quando lasciò due game a Maria Sharapova nei quarti del Roland Garros 2009, con la russa che la definì una “lepre” per esaltare il suo gioco di gambe. Ma oggi è il suo giorno. Il giorno di una ragazza che ha iniziato a giocare a 7 anni, scegliendo il tennis tra tante opzioni: nuoto, sci, pattinaggio, persino sci d’acqua. Già, perché papà Milan è istruttore della disciplina. Nata a Bratislava, è cresciuta a Piestany, paesone di 30.000 abitanti a 75 km dalla capitale. Ma ben presto hanno capito che una realtà del genere stava stretta a una potenziale campionessa, che già tra le Under 14 era una delle migliori d’Europa, insieme a Victoria Azarenka e Sorana Cirstea. La tecnica gliel’ha insegnata Ladislav Lacko, padre del miglior giocatore slovacco, poi quando aveva 11 anni l’hanno spedita in Repubblica Ceca, a Roznov Pod Radhostem, dove si allenava e studiava dal lunedì al venerdì, poi il padre la andava a prendere e la riportava a casa nel weekend. Ma la nostalgia di casa era troppo grande, così è tornata in Slovacchia. Per farle fare un salto di qualità l’hanno portata presso lo Slovan Club di Bratislava…solo che il circolo di Piestany chiedeva 40.000 corone slovacche per dare il nulla osta, circa 1.700 euro. Lo Slovan non aveva la possibilità di pagare, così i genitori si sono fatti carico del trasferimento. Ben presto avrebbe iniziato a guadagnare, e quel piccolo sacrificio sarebbe diventato prima un ricordo, poi un simpatico aneddoto. Come quando ha raggiunto la sua prima finale in un torneo ITF, a Pruhonice, in Repubblica Ceca. Quando ha ritirato il prize money, ha detto alla madre. “Ma veramente mi pagano per giocare a tennis?”. E poi, quando nel 2005 guadagno un migliaio di dollari a Rabat, in Marocco, prese i soldi, li sparse per il letto e scattò una foto. Oggi può sorridere, forte di un montepremi di 9 milioni di dollari che diventeranno quasi 10 con il trionfo a Singapore. Coronamento di una stagione magica, in cui si è sposata con il suo Miso ed è tornata competitiva dopo la delicata operazione al tendine d’achille che le aveva fatto perdere metà stagione nel 2015. Ma forse neanche lei si aspettava di tornare così forte, più forte di prima. Nemmeno quando preparava la stagione all’accademia di Chris Evert, a Boca Raton, iniziando le giornate con una corsa alle 7 del mattino. O forse se l’aspettava, chissà.

 


Dominika Cibulkova (SVK) b. Angelique Kerber (GER) 6-3 6-4

VIDEO: CIBULKOVA-KERBER IN 4 MINUTI
PICCOLA FURIA SLOVACCA (20 gennaio 2014)