WTA FINALS – Incredibile a Singapore: dopo aver agguantato le semifinali per il rotto della cuffia, Radwanska e Kvitova fanno fuori le grandi favorite Muguruza e Sharapova, centrando la finale. Il risultato di una formula che – piaccia o meno – è unica nel suo genere.Doveva essere Muguruza-Sharapova, invece sarà Radwanska-Kvitova: le due miracolate della fase a gironi. Con un successo in meno rispetto alle loro ultime vittime, sono entrambe un turno più avanti, pronte a giocarsi il ruolo di Maestra del 2015. È questa la particolarità di una formula che a qualcuno piace, ad altri meno, ma indubbiamente sa offrire qualcosa di diverso, sublimato da questa edizione delle WTA Finals. Due giocatrici apparentemente eliminante che prima tornano in gioco, e poi si prendono la finale. Non era mai successo che arrivassero in semifinale due giocatrici capaci di una sola vittoria nel girone, non era mai successo che una tennista vincesse il torneo con appena tre successi. Succederà domani, al termine della finale che nessuno si aspettava, e proprio per questo si annuncia più aperta che mai. Fra le due sorprese di un sabato che verrà ricordato, la più grande l’ha firmata Agnieszka Radwanska. Due giorni fa era a due punti dall’eliminazione, dopo due sconfitte e un set ormai indirizzato contro Halep, oggi si gode un traguardo che nelle sei partecipazioni precedenti non aveva mai raggiunto, dopo aver compiuto l’ennesima magia della sua carriera. Già, perché quella che l'ha portata in finale è magia a tutti gli effetti, celata dietro al 6-7 6-3 7-5 imposto a Garbine Muguruza, grande favorita imbrigliata nella tela più famosa del circuito WTA. Una tela che per lunghi tratti dell’anno non sembrava candidata nemmeno per un posto a Zhuhai per il Masters B, altro che Singapore. Dopo il Roland Garros, la polacca era fuori dalle prime 20 della Race, con una sola semifinale sul cemento di Katowice e una collaborazione con Martina Navratilova finita dopo poche settimane; poi è tornata a fare la Radwanska e si è presa la qualificazione a suon di risultati. Negli ultimi quattro tornei aveva mandato un avvertimento, vincendo a Tokio e Tianjin e arrivando in finale a Pechino, ma nessuno, probabilmente nemmeno lei, si sarebbe aspettata di chiudere l’anno così. Il suo messaggio era caduto nel vuoto dopo i primi due impegni, chiusi con altrettante sconfitte.
LA TECNICA SA ANCORA BATTERE LA POTENZA
Ma è arrivata la resurrezione. Se la Halep avesse vinto quel tie-break da 5-1 avanti, probabilmente la polacca sarebbe già a casa, a tirare le somme di una stagione diventata interessante solo dall’avvento dell’erba in poi. Invece si trova ancora a Singapore, a preparare la seconda finale più importante della sua carriera dopo quella del 2012 a Wimbledon. Un risultato incredibile, impensabile per quanto visto fino a ieri. Forse le due sconfitte con Sharapova e Pennetta erano state un tantino ingenerose, ma il suo torneo era finito. Chiuso. Perso. Quasi dimenticato da tutti. Invece lei ha visto uno spiraglio e ci si è buttata, trovando il modo per più bello per chiudere il 2015 a testa alta, altissima. Nel round robin la Muguruza pareva imbattibile. O meglio, venerdì qualche crepa l’ha mostrata, ma il fatto che sia voluta comunque rimanere in campo due ore e mezza pur di vincere la dice lunga su quanto ci tenesse al titolo. Poteva diventare il successo della definitiva consacrazione, invece dovrà attendere ancora, almeno fino all’Australian Open o forse di più. A conti fatti, la polacca l’ha messa sotto in tutti i tre set. Ha perso il primo al tie-break, vanificando un vantaggio di 4-1, ma non si è persa d’animo, continuando a ribattere col cervello alle bordate della spagnola, foriere di una cinquantina di colpi vincenti. Subito 4-0, e 6-3, nel secondo, subito 3-0 nel terzo. Il break è tornato indietro sul 4-2, ma invece che trarne giovamento la Muguruza ha continuato a tremare. Si è salvata sul 5-4, rimettendo quasi in discussione un game di servizio da 40-0, non sul 6-5, quando è andata completamente il tilt. Ne escono due messaggi piuttosto chiari: il primo è che non è ancora pronta per diventare numero uno del mondo, il secondo è che la tecnica sa ancora spuntarla sulla potenza. Conviene sperare che rimanga così ancora a lungo.
HARAKIRI SHARAPOVA, MA CHE KVITOVA!
Detto che la più grande sorpresa di giornata è arrivata nel primo match, anche il secondo non ha scherzato. Sharapova a tre vittorie su tre, splendida nel secondo set contro la Pennetta e decisa a prendersi titolo per far vedere a tutte che dietro alla Williams c’è sempre lei, contro Kvitova in difficoltà, battuta ieri dalla Muguruza e salvata solo dalla connazionale Lucie Safarova. Sembrava tutto già scritto, invece la ceca ha fatto il capolavoro. “L’ho vista negli spogliatoi e mi ha detto che mi offre una birra”, ha scherzato ieri la Safarova. Ma dopo quanto successo oggi è d’obbligo almeno una cena, perché se è vero che il merito è tutto dello splendido match disputato da Petra, è vero anche che se l’amica non avesse battuto in due set la Kerber, lei oggi in semifinale non ci sarebbe nemmeno arrivata. Invece la combinazione si è verificata, Petra ha giocato e siglato l’impresa che pareva impossibile, imponendosi 6-3 7-6. Che avesse il tennis per battere la russa lo si sapeva, l’ha detto pure lei nell’intervista post-match, ma per i livelli visti nel round robin pareva impossibile. Invece ha trovato la ricetta perfetta: la solita aggressività, ma soprattutto una splendida difesa. È storicamente il suo tallone d’Achille, invece è diventata un valido alleato. E se il suo tennis funziona sia in fase offensiva sia in fase difensiva, per le avversarie son dolori. La Sharapova ha ceduto il primo set, poi sembrava salita in cattedra dopo il cazziatone di Sven Groeneveld a fine primo set. “Stai giocando la semifinale, forza, svegliati”, le ha detto senza mezze misure, e lei ha eseguito. Subito 4-0, poi 5-1 e 0-30 in risposta, poi 5-3 e 30-40, set-point, ma non c’è stato nulla da fare. La Kvitova non ha mollato di un millimetro, sembrava in trance agonistica. Si è rifatta sotto servendo e rispondendo alla grande e l’ha beffata in volata, nel tie-break finale. È andata sotto anche in quello, 0-2, ma poi ha vinto sette degli ultimi otto punti, siglando quello che per certi versi è uno dei successi più importanti della sua carriera. “Non credevo di arrivare in semifinale – ha raccontato sorridente – invece ho fatto anche di meglio. Sotto 5-1? Ho solo provato a continuare sulla mia strada”. E ce l’ha fatta. Alla faccia della mononucleosi che da mesi sta provando a rovinarle i piani. Oggi si è rivelata più forte anche della malattia.
WTA FINALS SINGAPORE – SEMIFINALI
Agnieszka Radwanska (POL) b. Garbine Muguruza (ESP) 6-7 6-3 7-5
Petra Kvitova (CZE) b. Maria Sharapova (RUS) 6-3 7-6
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