Un interessante articolo di Eric Butorac, presidente del Consiglio Giocatori ATP, racconta la sua esperienza con Federer e ci spiega da dove arriva l’incredibile disponibilità e gentilezza del campione svizzero. L’ha scoperto una sera del 2006, in un box dell’ATP di Basilea…

QUESTO ARTICOLO E’ STATO SCRITTO DA ERIC BUTORAC PER IL BLOG “UNIVERSAL TENNIS”.
Vi riportiamo la traduzione con l’autorizzazione dell’ATP.

Ho giocato uno dei miei primi tornei ATP nel 2006 a Basilea, Svizzera. Ho invitato il mio coach, Ryan Dussault, ad accompagnarmi. Un po’ perché era un torneo importante per me, ma in gran parte perché avremmo avuto la possibilità di vedere giocare dal vivo Roger Federer. Stava vivendo una delle sue migliori stagioni di sempre. Aveva vinto tre Slam su quattro e aveva perso la finale del Roland Garros contro Rafael Nadal. Dopo la mia sconfitta al secondo turno, decidemmo di assistere all’incontro di Roger contro David Ferrer. Abbiamo cenato nel ristorante giocatori, poi abbiamo sfruttato i nostri pass per entrare nello stadio. L’unico problema era che non avevamo posti a sedere…e non era facile trovare posto per un match serale con in campo Roger Federer. Un usciere ci suggerì di cercare fortuna nell’area dei box riservati agli sponsor, perché a volte rimaneva qualche posto vuoto. Per fortuna, l’usciere aveva ragione. Dopo il cambio di campo sul 2-1, siamo stati rimescolati in due posti vuoti in una suite da sei. Le altre quattro persone sembravano abbastanza felici di accogliere il nostro interesse per la partita. In realtà, la donna anziana accanto a me era estremamente cordiale e mi fece un mucchio di domande sulla mia carriera. Da dove arrivavo? Che racchetta utilizzavo? Qual era il mio ranking ATP? Queste erano solo alcune delle sue curiosità.

Dopo 3-4 giochi pieni di domande, ero davvero pronto a concentrarmi sull’osservare Federer giocare a tennis. Ma dato che mi trovavo nel loro box, ho gentilmente portato avanti la conversazione e ho deciso che avrei dovuto ricambiare così tanta cortesia. Questo fu il seguente scambio.

IO: “Dunque, la vostra azienda è sponsor del torneo?”
LEI: “Sponsor? Oh, no, questo non è il box di uno sponsor. E’ un box personale”
IO (incuriosito): “Un box personale?”
LEI: “Si, io sono la madre di Roger…lui è sua padre, poi sua sorella e il suo manager”.

Per molte persone, trovarsi in uno scenario del genere sarebbe stata la realizzazione di un sogno. Per me è stato mortificante. A quel punto della mia carriera mi sentivo a disagio, pur essendo un partecipante del torneo, nel trovarmi seduto insieme a tutta la famiglia di Federer, nel box riservato, nel torneo della sua città natale.

“Hai sentito, coach?” Ho mormorato a Ryan, che era seduto alla mia destra.
“Ricevuto” ha detto, sussurrando.

Le domande sono continuate mentre esultavamo tranquillamente insieme al resto della famiglia. “Conoscete Roger? Siete suoi amici?”. Sua madre non avrebbe potuto essere più amichevole. Anche suo padre era così. Non riesco a immaginare la famiglia di un altro top player in grado di accogliere due fan a caso, sostanzialmente, nel loro box personale, né posso immaginare che qualcuno di loro voglia discutere così a fondo sulla carriera di un altro giocatore durante la partita del loro figlio. Mi sembrò la più lunga vittoria in due set che avessi mai visto in un match di Federer. In seguito, avevo talmente paura di imbattermi in lui nella sala giocatori, che io e Ryan abbiamo preso la prima vettura disponibile per tornare in hotel.

Quasi due anni dopo, allo Us Open, stavo svuotando il mio armadietto dopo aver perso la semifinale del doppio misto. Josè Higueras, all’epoca coach di Federer, mi diede un colpetto sulla spalla e mi chiese se stavo lasciando la città. Gli spiegai che avevo perso e che quella sera sarei tornato a Boston. “Ok, peccato, stavo cercando un mancino da far allenare domani con Roger”. Ho rigettato la mia borsa nell’armadietto e dissi: “Ho detto oggi? No, scusa, intendevo dire che andrò via domani”.

Negli ultimi dieci anni, ho effettivamente avuto il piacere di fare amicizia con Roger. E’ straordinario perché saluta e tratta allo stesso modo ogni giocatore. Gli ho visto dedicare più tempo e sforzo del richiesto per gli sponsor e il pubblico, e gli ho visto gestire anche le richieste più invasive e scortesi con un’incrollabile eleganza. Qualcuno potrebbe pensare che mette in piedi uno spettacolo per il pubblico, ma il realtà è davvero così. Una volta l’ho visto portare avanti una conversazione con mia madre, che dopo l’incontro con Roger ha perso per la prima volta la capacità di parlare. Non sono sicuro se la conversazione fosse più dolorosa per me o per lui. Immagino per me, visto che lui sembrava perfettamente a suo agio.

Da vicepresidente dell’ATP Player Council, sono stato testimone diretto non solo per il suo impegno nell’assistere a riunioni di 4 ore, spesso di sera e durante un torneo del Grande Slam, ma anche del suo ruolo per negoziare l’aumento dei montepremi negli Slam. Quando il traguardo è stato raggiunto, Roger ha fatto in modo che gli incrementi fossero diretti verso i giocatori di bassa classifica che avevano un maggiore bisogno di fondi.

Nel corso della mia carriera mi hanno chiesto un mucchio di volte se Federer è davvero simpatico come sembra.