COPPA DAVIS – La carriera di Ivan Dodig è stata un corso di sopravvivenza. Una volta ha dormito sotto un ponte, ma è riuscito ad arrivare senza alcun aiuto. Guai a sottovalutarlo.
Ivan Dodig non si arrende nemmeno se perde una scarpa…
Di Riccardo Bisti – 1 febbraio 2013
Qualche saggio sostiene che vincere o perdere non sia così importante. Ciò che conta è il modo in cui giochi. Dando credito alla teoria, Ivan Dodig sarà sempre un vincitore. Il 28enne di Medjugorie è uno dei più grandi lottatori del circuito. Per questo gli azzurri, a partire da Andreas Seppi nel secondo singolare di Italia-Croazia, dovranno stare attenti a un ragazzo che che fino a poco tempo fa era uno dei tanti peones che vivono alla giornata, senza sapere cosa riserverà il domani. Dodig è riuscito ad emergere. Se ce l’ha fatta deve ringraziare solo se stesso e un coraggio che in più di un’occasione è sfociato nella fede. Non potrebbe essere altrimenti per uno che è nato a Medjugorie, dove ogni tanto si fa vedere anche la Madonna. Dodig si è dovuto conquistare tutto, fino all’ultima goccia di sudore. Come il suo unico titolo ATP, due anni fa a Zagabria. In finale affrontava Michael Berrer. Sul matchpoint ha tirato un ace, si voltato verso il pubblico, ha lanciato la racchetta tra la gente e ha iniziato a esultare. Poi si è accorto che qualcosa non andava. Il giudice di sedia gliel’aveva chiamata fuori. Overrule sul matchpoint. “Ero sotto shock, non sapevo cosa fare. E dovevo recuperare la mia racchetta”. Quella volta andò bene: qualche minuto dopo, un passante sulla riga gli ha regalato il suo unico titolo ATP. Quell’anno si è issato al numero 32, raggiungendo anche una semifinale a Barcellona. Il 2012 è andato meno bene, anche perchè ha patito un infortunio alla schiena a inizio stagione. Si è ripreso nel finale, giocando bene a Valencia. All’Australian Open è arrivato al terzo turno e oggi rappresenta il (presunto) anello debole del team croato.
“Ivan è un ottimo ragazzo – dice Goran Ivanisevic, che commentò la finale di Zagabria per la TV croata – prima di quel match mi ha chiesto qualche consiglio su come giocare una finale. Ha fatto tutto quello che gli avevo detto, sono rimasto sorpreso. E’ una persona speciale, ha ottenuto tutto da solo, senza aiuti”. Dodig non navigava nell’oro. Circola voce che una volta abbia dormito sotto un ponte, come i barboni, perchè non aveva i soldi per pagarsi un hotel. Come tutti quelli che vengono da situazioni realmente difficili, Dodig minimizza: “Ho avuto qualche momento difficile in età giovanile e quando ho iniziato a frequentare i tornei futures. Dopo la guerra c'era qualche problema economico, ma purtroppo non ci sono stati aiuti. Allora giocavo i futures per restare a galla. E’ stato un periodo duro, sapevo che se avessi perso difficilmente mi sarei potuto permettere il torneo successivo. L’attività dipendeva dai risultati: a volte è andata bene, altre volte no. Mi sono preso cura di ogni singolo euro e ho avuto molte situazioni difficili, in cui ho giocato senza soldi e non avevo un posto dove dormire”. La svolta è arrivata qualche anno fa, quando ha fatto la scelta della vita: si è trasferito in Germania, presso l’Accademia BreakPoint di Halle, dove si allenavano anche Jarkko Nieminen e Viktor Troicki. “Ero intorno al numero 500 ATP e ho preso questa decisione – racconta – sapevo che sarebbe stata dura, ma mi hanno aiutato tantissimo. Da allora sono successe le cose più importanti della mia vita”.
A prendersi cura di lui c’erano coach Martin Stepanek (che poi sarebbe diventato il suo allenatore a tempo pieno) e il direttore Jan de Witt. “Ho trovato un’ottima persona e un grande atleta, ma doveva lavorare più degli altri dice de Witt – Il suo corpo non era pronto a reggere i ritmi del tour. Non era bilanciato, allora abbiamo lavorato molto fisicamente, soprattutto sulla schiena. Nel frattempo abbiamo trasformato il suo rovescio: prima era un punto debole, adesso è un’arma in più. Vedevo in lui un top 100, con possibili sortite tra i top 50”. Previsione azzeccata. “La svolta è arrivata soprattutto sul piano mentale – dice Stepanek – adesso non deve più preoccuparsi di nulla perchè ha trovato la stabilità finanziaria. Credo in lui per tante ragioni, ma soprattutto perchè ha un grande cuore. E’ uno dei più grandi lottatori del circuito. Non ha paura di affrontare i migliori”. Lo sa bene Rafael Nadal, sconfitto dal croato in una bella partita sul centrale di Montreal. Proveniendo dal tennis dei poveracci, il “Tenis Pobre” teorizzato da Martin Vassallo Arguello, Ivan apprezza tutto della sua vita attuale. “Nei tornei minori ho imparato che se combatti al 100% avrai sempre la tua chance. Adesso devo lottare ancora di più se voglio diventare un tennista migliore e avere una chance contro i più forti al mondo”. Secondo De Witt, il croato è un buon esempio per tutti i giovani, soprattutto quelli che vogliono diventare una star e si scontrano con la realtà. “Ivan ha vissuto attimi difficili, ma si è sempre saputo rialzare”. E allora Andreas Seppi dovrà essere disposto a soffrire fino all’ultima palla. Contro Dodig dovrà sudarsi ogni singolo punto. Dovrà essergli superiore in tutto, perchè Ivan ha una forza in più: la rabbia di chi non aveva soldi e si è conquistato tutto. Sa che la Davis, i 7.000 del PalaVela e gli agi del World Group possono svanire da un momento all’altro. E allora darà tutto. Come sempre.
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