Nonostante mille infortuni e una classifica che piange sempre di più, Victor Crivoi ha continuato a giocare. A 30 anni, si è tolto la soddisfazione più bella: vincere un match decisivo in Coppa Davis.
La gioia di Victor Crivoi dopo l’impresa in Coppa Davis
 
Di Riccardo Bisti – 4 ottobre 2012

 
Si dice che tutti abbiano diritto a un quarto d’ora di gloria. E' così anche nel tennis. Non importa se lo vivi sul centrale di Wimbledon o presso la Sala Sporturilor "Horia Demian" di Cluj, città rumena nota soprattutto per la squadra di calcio. Ciò che conta è indossare il costume di Superman e godere, godere come non mai. E’ quanto successo a Victor Crivoi nel match che ha consentito alla Romania di restare nel Gruppo 1 di Coppa Davis. Una vittoria miracolosa, soprattutto dopo che i migliori giocatori avevano detto “no” alla Davis per vivi contrasti con la federtennis (presieduta dall’ex giocatrice Ruxandra Dragomir). Una vittoria bellissima per il passato di Crivoi, re della sfortuna tennistica ma principe di coraggio e tenacia. Qualche mese fa, i vertici federali hanno sollevato Andrei Pavel dal ruolo di capitano e lo hanno sostituito con il più malleabile Ciprian Petre Porumb. La rivoluzione ha fatto si che in Olanda andasse un team debolissimo. Per il delicato match contro la Finlandia, hanno recuperato Copil, Crivoi e Tecau ma non Hanescu e Ungur. Sul Play-It di Cluj (si, la superficie italiana è arrivata fino a lì…), la salvezza sembrava un’impresa disperata, soprattutto per la debolezza del secondo singolarista. Victor Crivoi ha 30 anni, ha fatto una breve apparizione tra i top 100 ma è rapidamente sparito. In 10 anni di carriera ha vinto un solo torneo challenger (Manerbio 2008) e ha vinto appena 16 partite nel circuito maggiore. E infatti, nella prima giornata, ha perso in tre set contro Jarkko Nieminen. Sul 2-2 è sceso in campo contro il grezzo ma potente Harri Heliovaara, numero 314 ATP e sette anni più giovane. Ne è venuta fuori una battaglia furibonda, in cui Crivoi ha lasciato tutto quello che aveva. E’ bastato: vincendo 4-6 7-6 6-7 6-3 7-5 ha lasciato la Romania in Serie B e condannato la Finlandia a un fastidioso spareggio contro la Danimarca. Nel quinto set, in preda ai crampi, era in svantaggio 4-1. Sull'orlo del baratro, ha radunato le energie necessarie per il miracolo.
 
E pensare che qualche mese fa, ai tempi del boicottaggio, gli avevano impedito di allenarsi presso il Centro Tecnico Nazionale, nemmeno a pagamento. “Non facevo parte del team di Coppa Davis, e per accedere avrei avuto bisogno della raccomandazione di un tecnico federale”. I rapporti con buona parte dei ribelli si sono ricuciti (Horia Tecau ha fatto addirittura da portabandiera alle Olimpiadi), e questo gli ha permesso di giocare contro la Finlandia e diventare eroe nazionale. E' così emersa una storia difficile da trovare nelle prime pagine dei giornali o nei servizi dei TG. Crivoi ha iniziato a giocare piuttosto tardi, a 11 anni di età. E in modo casuale. Frequentava il Liceul Eugen Lovinescu di Bucarest. Si presentò al maestro Claudiu Munteanu (lo stesso di oggi) e disse che voleva giocare. Sono scesi in campo…e il piccolo Victor tirò 153 palle senza sbagliarne neanche una. “Per un bambino della sua età era qualcosa di eccezionale. L’ho preso in braccio e gli ho detto che avrebbe certamente potuto vivere con il tennis”. Crivoi era un ottimo studente, ha preso la maturità con una media dell’8,47. A un certo punto ha avuto l’occasione di andare negli Stati Uniti a vivere l’esperienza del college, ma ha rifiutato. Voleva giocare i tornei ATP. Come tanti, aveva problemi economici che gli impedivano di viaggiare. I primi punti ATP sono arrivati da un satellite in Bulgaria, poi il buon numero di future nel suo paese gli ha consentito di attestarsi intorno alla 250esima posizione.
  
Ma il destino-carogna era dietro l’angolo. L’anno dopo raggiungeva la finale al challenger di Zagabria, ma i dolori al fianco si facevano sempre più insistenti. A un certo punto si è dovuto fermare. I test hanno dato un risultato tremendo: osteoartite avanzata. Per un problema del genere bisogna portare una protesi, altro che giocare a tennis. Ma lui non ha mollato. “Sono andato da sette medici diversi, ma mi hanno detto tutti la stessa cosa. Mi dovevo ritirare”. Ma la sorte ha voluto fargli incontrare Pompiliu Popescu, medico della nazionale di calcio, che gli ha consigliato una terapia a base di yoga, stretching e antinfiammatori. La passione ha avuto il sopravvento e pochi mesi dopo Victor era di nuovo in campo. Un’operazione agli occhi, necessaria per sistemare una vista così così, gli era sembrata una passeggiata. A quel punto si sentiva il padrone del mondo, capace di raggiungere qualsiasi obiettivo. Infatti giunse il momento più bello, con partite importanti contro Safin, Blake e Soderling. Fece secondo turno al Roland Garros e Wimbledon prima di raggiungere i quarti a Gstaad, miglior risultato in carriera. Salì al numero 75 ATP…ma si sentiva debole. Non capiva perché. “Gli dicevo che non era abituato a certi livelli – racconta il coach – invece si è sottoposto ad alcune analisi e gli hanno trovato la mononucleosi infettiva”. Ormai, più che “malattia del bacio”, dovranno chiamarla “malattia dei tennisti”. Riposo, e nel 2010 di nuovo in pista. Niente da fare. Dopo pochi tornei si è rotto il bicipite femorale, e a 28 anni non è più riuscito a risalire. Ma non si è arreso. La fiducia non c’era, ma la fede si. Fino al weekend di Cluj. Magari non tornerà tra i top 100-150 come si augura Munteanu, ma si è costruito il suo attimo di gloria. E ha trovato un modo – il più bello – per farsi ricordare tra 10, 20, 50 anni. L’uomo che salvò la Romania in Coppa Davis. E’ proprio vero: chi la dura la vince.