L'OPINIONE – Molte sono le credenze diventate parte integrante del mondo del tennis. Alcune delle quali sconfinano addirittura in paradossi risibili. Ad esempio, gli ex campioni nel ruolo di coach…
Di Luca Bottazzi – 20 dicembre 2014
Il film “Non ci resta che piangere” è un capolavoro del paradosso e della risata. Invito caldamente chiunque non l’abbia ancora visto a prenderne visione. I protagonisti della storia, i fenomenali Roberto Benigni e Massimo Troisi, si ritrovano catapultati nel passato ed incontrano il genio assoluto Leonardo da Vinci. I due personaggi, nel ruolo di avventurieri poco più che analfabeti, si presentano al Maestro spacciandosi per colleghi, un pò scienziati e un po' ingegneri, desiderosi di avere un confronto. Parlano a Leonardo, in modo sgrammaticato e incomprensibile, esponendo alcune idee vagamente abbozzate, tra cui la rudimentale costruzione del treno. Tuttavia, il genio toscano, da un suggerimento rozzo e strampalato inventa e realizza, per l’appunto il treno. Anche nel mondo dello sport, in particolare nel tennis, il super talento o genio, traduce sovente sollecitazioni e suggerimenti insignificanti, come ad esempio “lascia andare il braccio” oppure “credici…fiducia”, in eccellenza. Difatti, basta che i grandi talenti smettano di praticare una disciplina sportiva ed un Paese anche con grande tradizione va in declino. Inghilterra, Svezia, ed ora Stati Uniti ne sono una breve dimostrazione. Pertanto, i campioni del tennis, a differenza dei geni delle arti e delle scienze, producono evoluzioni di cui beneficia unicamente il loro gioco. Il loro talento ha il limite di non essere un metodo. Gli stessi non realizzano teorie, formule o metodi di insegnamento per comuni mortali, ad esempio per la scuola di base.
GLI SCERPA ESPERTI DI MEDICINA?
Infatti, quando gli ex campioni provano a fare gli allenatori dopo il ritiro, generalmente si occupano direttamente dei migliori agonisti in circolazione, in pratica di altri super talenti. Inoltre, va precisato che le loro modalità operative da insegnanti non sono propriamente fondate su competenze ed esperienze di studio a livello accademico. Gli stessi non sono affatto esperti in ambiti quali ricerca, pedagogia, psicologia, fisiologia, metodologia, didattica, e via discorrendo. Essi sono fuoriclasse che hanno vinto partite sul campo e punto. Le loro competenze sono di natura empirica, assimilate e sviluppate grazie ad un ambiente che ha favorito, attraverso la pratica continua, la fioritura del loro immenso potenziale. Ovviamente, i grandi campioni dispongono di esperienze personali uniche, irripetibili e possibilmente utili ad orientare più che ad insegnare, a soggetti attrezzati di dote e genio per il tennis di vertice. Orbene, la proprietà transitiva che trasforma tout court i campioni in esperti di tutta la vasta materia del tennis, insegnamento e apprendimento inclusi, è una consolidata credenza popolare, alimentata dai media. Immaginiamo per un momento un Rocco Siffredi nel ruolo di luminare in sessuologia alla Sorbona, e otteniamo la sintesi, lo fotografia del quadro sopramenzionato. Un'altra correlazione al tema del campione divenuto allenatore sono gli scerpa himalayani. Essi costituiscono una fenomenologia unica, ma gli stessi non sono da considerare esperti di medicina e salute in montagna, nè geologi, nè climatologi che si occupano dell'intera complessità dell'alpinismo. Inoltre, le alte vette non sono un fattore alla portata di tutti.
TILDEN AVEVA GIA' CAPITO TUTTO
Pertanto, per insegnare e per divulgare alle masse un sapere che abbia veri contenuti, sono necessarie figure più preparate. In soldoni, presenze che abbiano esperienza di campo, ma anche e sopratutto studiato di più. Naturalmente esistono eccezioni sull'argomento. Eccezioni che confermano la regola, ma che a loro volta quando si manifestano nella loro unicità, costituiscono l’eccellenza totale assoluta. Orbene, tanta sapienza e magnificenza è stata incarnata dal campione americano e del mondo William Tatem Tilden. Il padrone assoluto del tennis degli anni venti, nonché grande insegnante e inarrivabile studioso e scienziato del gioco. Numerose sono le sue pubblicazioni sulla materia. Infatti Tilden era già incredibilmente a conoscenza della spinosa questione oggi trattata, e si è preso la briga di commentarla con un anticipo di quasi cento anni. Vediamo le sue parole. “Il tennis è un'arte e una scienza. I campioni sono i magnifici interpreti dell'arte che esprimono in modo naturale. I campioni non sono la scienza del gioco, perchè in generale sono pessimi studiosi”. Il Maestro, ovviamente, entra ancora più nel merito, lungamente e con profondità. Ma per motivi di spazio e di opportunità, mi vedo costretto a non proseguire oltre. Concludo dicendo che ogni appassionato di tennis dovrebbe conoscere a fondo il pensiero di Bill Tilden, è un dono che ogni sportivo dovrebbe sinceramente scoprire. Buon Tennis a tutti.
Luca Bottazzi: ex Nazionale, top 130 ATP, tra i giocatori battuti il campione di Wimbledon Jan Kodes. Sparring di Bjorn Borg, allenatore di campioni italiani under 12,14,16,18, e vincitore di un Trofeo FIT. Già socio fondatore di R.I.T.A., associazione culturale e di ricerca in ambito motorio e tennistico con all’attivo varie pubblicazioni, alcune riconosciute a livello internazionale dall’ITF, e docente alla facoltà di scienze motorie università Statale di Milano. Attuale direttore della scuola di R.I.T.A. Tennis Academy e voce tecnica per SKY ed Eurosport. Autore con Carlo Rossi del libro “Il Codice del Tennis” Bill Tilden arte e scienza del gioco. Edito da Guerini Next, sarà disponibile in libreria da febbraio 2015.
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