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“Osservo le statistiche – si legge sul suo sito braingametennis.com – per far venire a galla ciò che conta di più per vincere un match. Date le numerose possibilità offerte dai servizi che negli anni sono entrati nel nostro sport (come l’Hawe-Eye, che oltre al servizio di Challenge raccoglie anche svariati altri dati, ndr) è il momento di semplificare queste informazioni per capire cosa fare per vincere”. O’Shannessy nasce come un normalissimo coach, con varie esperienze da tecnico in giro per il mondo, ma poi negli anni ha saputo meglio di ogni altro collega applicare ai metodi classici l’utilizzo delle nuove tecnologie, diventando una figura nota e apprezzata in tutto il mondo. Tanto che, anche se ha continuato e continua a lavorare anche con degli atleti, da anni si occupa principalmente di seminari, al servizio di accademie o Federazioni, compresa quella italiana. A maggio è stato fra i relatori del Simposio organizzato alla vigilia degli Internazionali d’Italia, mentre fra ottobre e novembre ha tenuto delle lezioni nei vari Centri Tecnici Permanenti della Federtennis sparsi da nord a sud dello Stivale, nei quali crescono i giovani più interessanti del panorama italiano. Dalle nostre parti O’Shannessy ha tenuto delle lezioni su quelli che lui chiama “The First 4 Shots”, ovvero i primi 4 colpi. Secondo gli studi, nel mondo del tennis maschile il 71% dei punti si decidono fra il primo e il quarto colpo, il 20% fra il quinto e l’ottavo, e solo il 9% oltre il nono. E lo scambio più frequente è di un colpo (il servizio), nel 29,5% dei casi. Dati che fanno riflettere: perché allenare regolarità e capacità di tenere la palla in gioco a lungo, come viene fatto nella stragrande maggioranza delle scuole, quando nel tennis che conta la maggior parte dei match si giocano su punti differenti?
In virtù del suo rapporto di consulenza per i più importanti organi del nostro sport, O’Shannessy è l’unico al mondo ad aver accesso ai dati raccolti negli ultimi decenni, quindi la sua consulenza per un giocatore può rivelarsi un “plus” davvero interessante. Ne sa qualcosa Dustin Brown, che nel 2015 gli chiese una mano alla vigilia della sua sfida sul Centre Court di Wimbledon con Rafael Nadal, per studiare una strategia per battere il maiorchino, e andò a finire che vinse sul serio, regalandosi il successo più importante in carriera. Dopo aver raccontato spesso il tennis e le armi di Djokovic in tv, in radio o nei suoi testi, arrivando lo scorso anno a definirlo “il giocatore perfetto”, O’Shannessy ha avuto la possibilità di testare la situazione in prima persona, in campo con “Nole” per sette giorni sul cemento del Country Club. Segno che il campione serbo ha intenzione di capire, con l'aiuto della tecnologia, se, dove e come il suo tennis può ancora migliorare. “Li ho assistiti a Monte Carlo per un’intera settimana – ha detto O’Shannessy al quotidiano britannico Daily Express –, ed è stato semplicemente incredibile. Ho imparato tantissimo solo stando intorno a persone del loro livello, e questa esperienza porterà il mio insegnamento a un livello completamente nuovo. È stato sicuramente uno degli highlights della mia carriera di allenatore”. Ma non è finita qua, perché il tecnico australiano darà una mano al serbo anche nel corso dell’Australian Open, il torneo del Grande Slam che storicamente gli ha regalato le maggiori soddisfazioni, con ben sei trionfi. È da lì che Djokovic punta a riprendere un percorso interrotto bruscamente dopo il titolo del 2016 al Roland Garros.
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