Il serbo è finito nella copertina di “Sette”, storico inserto settimanale del più importante quotidiano italiano. Ha rilasciato un'intervista in cui ha parlato degli inizi e il bisogno di farsi notare, il figlio, Becker, il futuro e altro ancora. 

Novak ha centrato l'obiettivo. Per anni si è battuto affinchè l'ambiente del tennis lo riconoscesse per quello che è: molto di più che un semplice terzo incomodo tra Roger Federer e Rafael Nadal. La rivalità tra lo svizzero e lo spagnolo era troppo perfetta per essere intaccata. Allora lui le ha provate tutte per trovare una sua riconoscibilità: imitazioni, pagliacciate, un istrionismo quasi eccessivo. Poi ha capito che l'unica via davvero percorribile era il lavoro, una crescita tecnica, la capacità di batterli sul campo da tennis. Ha capito che tra 50 anni ci si ricorderà di una vittoria a Wimbledon piuttosto che di un ingresso in campo con la parrucca di Fiorello. Quello lo ricorderanno i tabloit, i magazine di costume, chi si occupa di tennis soltanto occasionalmente. Dal 2011 è diventato l'uomo da battere. Ha superato Federer sull'erba e Nadal sulla terra (era l'unico ad averlo battuto per due volte nella stessa stagione, poi è stato imitato da…Fognini!). Gli manca soltanto il Roland Garros, l'ultimo tabù, il più complicato. Ma mai come oggi c'era stata una viva sensazione di dominio. Nemmeno nel 2011, quando vinse 41 partite di fila prima di inchinarsi a Roger Federer nelle semifinali di Parigi. Adesso, mentre Federer avverte il peso degli anni e Nadal quello di un fisico super-usurato, Nole domina. Non era mai successo che un solo giocatore vincesse l'Australian Open e i primi tre Masters 1000 stagionali. Un dominio mostruoso, sublimato dalla facilità con cui si è imposto a Monte Carlo, dove dopo la semifinale Rafa Nadal era contento…di averci perso 6-3 6-3. Questo dato misura l'entità di un dominio che trova sponda anche nei numeri. Quest'anno ha vinto 30 partite su 32, perdendo soltanto da Karlovic a Doha (importanza zero) e da Federer a Dubai. Considerando la fine del 2014, ha vinto 50 delle ultime 53 partite. Ma l'impressione è che possa dominare ancor di più.


UOMO DA COPERTINA

La sua personalità ha scavallato prima i media tennistici, poi quelli sportivi. Giovedì scorso si è preso la copertina di Sette, il famoso inserto settimanale del Corriere della Sera. Lo strillo in prima pagina dice: “Anche in guerra nascono i sogni”, chiara allusione al periodo in cui la Serbia era sotto i bombardamenti NATO, fatto ben noto agli appassionati di tennis, i quali sanno bene che dopo le ultime bombe Nole uscì in strada pieno di gioia, in un delirio di libertà simile all'onnipotenza. All'interno c'è la cover story, un'intervista realizzata da Gaia Piccardi, in cui Nole ha esposto alcuni concetti interessanti, alcuni ben noti, altri meno. Una lettura piacevole, una bella immagine per il tennis. C'è solo una piccola gaffe: a leggere l'intervista, si dice che Nole aveva otto anni quando coach Boris Becker vinse il suo primo Wimbledon. Peccato che nel 1985 non fosse ancora nato…sembra che Nole abbia lasciato cadere l'errore, trincerandosi in un diplomatico: “Infatti non ho ricordi della sua finale con Kevin Curren”. A parte il dettaglio, vale la pena riportare alcuni passaggi del Nole-Pensiero. Il dominatore che il tennis non si aspettava. E che tanto appassionati (o meglio, tifosi) non erano pronti ad accogliere. Figurarsi ad accettare.

 

“Vengo da un piccolo paese dell'ex Jugoslavia, la Serbia, che negli ultimi anni non ha goduto di ottima stampa: mi sono affacciato al tennis preceduto da molti pregiudizi. Volevo affermare la mia originalità senza rinunciare alla mia personalità: ecco il perchè delle imitazioni, delle parrucche, delle gag con il pubblico. Ma a un certo punto ho detto basta. Era una commedia, è finita”.

 

“Mio figlio? Ignoravo la possibilità di amare tanto una creatura. Nell'ottobre dell'anno scorso ho passato cinque giorni in ospedale con Jelena durante i quali non ho pensato a niente. Tutti i pensieri nella mia testa, alla vigilia del parto, erano spariti. Momenti di serenità incredibile. Il mio piccolo angelo ha dato un nuovo scopo alla mia vita: è ancora troppo piccolo ma non vedo l'ora di prenderlo per mano e portarlo in giro con me, per spiegargli il mondo”.

 

“Nelson Mandela aveva ragione quando diceva che lo sport ha il potere di cambiare il mondo e avvicinare i popoli. Credo sia la migliore definizione mai data. Nello sport non ci sono barriere: su un campo da tennis siamo tutti uguali e vince sempre il migliore”.

 

“La guerra? Nel 1999, ogni notte, per due mesi, fummo svegliati dalle sirene. Uscivamo di corsa dall'appartamento di Belgrado e ci rifugiavamo in cantina. Con l'ingenuità del bambino che ero, trovai il lato positivo di quella situazione: la scuola era chiusa e potevo giocare a tennis quanto volevo. La guerra ci diede una dimensione più forte di nazione, ci unì come popolo”.

 

“A fine 2013, anno difficile in cui lasciai la vetta a Nadal, contattai Boris Becker. Lui non aveva mai allenato, si prese tempo per pensarci. Ha detto si, poi mi ha studiato per qualche mese: i miei orari, le mie abitudini, la mia routine, cosa penso, come mi comporto…oggi che è il mio coach da un anno e quattro mesi, mi capisce al volo. Nei momenti topici dei match importanti, quelli in cui essere freddi o avere il braccio che trema può decidere uno Slam, è nella mia testa. Nell'ultima finale dell'Australian Open contro Murray, per esempio, Boris è stato importantissimo. Mi basta sapere che lui è lì, in tribuna, a guardarmi: un sostegno morale fondamentale”.

 

“Metterò il piatto di Wimbledon 2011 nel salotto di Jelena Gencic. Solo chi è serbo può capire cosa la mia prima maestra abbia significato per il nostro sport. C'è un progetto per trasformare la sua casa in un museo. Non smetterò mai di esserle grato per avermi scoperto, incoraggiato e fatto capire, già da bambino, che avevo le doti del tennista di vertice”.

 

“Secondo me, italiani e serbi si assomigliano come mentalità. Ecco perchè da voi mi trovo bene. In Italia ho fatto i primi tornei e le vacanze: Roma è unica, Firenze bellissima, il Lago di Como meraviglioso. Avete mare e montagne, cibo, sole, arte e tradizione. Vorrei parlare meglio la lingua: sbaglio spesso però mi faccio capire”.

 

“Di sicuro andrò avanti altri 5-6 anni. Me li sento nelle gambe”