La strategia adottata da Kecmanovic nell’incontro di terzo turno contro Sinner ha forse dato vita ad alcuni bei punti ma non ha mai generato chance per il serbo

foto Ray Giubilo

Prima da giocatore poi da insegnante, ho sempre maturato la convinzione che quanto più tra due avversari si accorciano le distanze tanto più prevale il migliore. Così come, al contrario, più i due si allontanano l’uno dall’altro più le diversità finiscono per appiattirsi.
Un uovo di Colombo, se volete, ma serve a ribadire che dinanzi a un giocatore più dotato la riflessione da fare, già prima di entrare in campo, dovrebbe essere quella di spingerlo il più possibile dietro la riga di fondo cosí da contenere i danni.
Dunque che Miomir Kecmanovic pensasse ieri di battere Sinner sul piano dello scambio rapido e ravvicinato è quanto di più bizzarro si possa pensare in sede previsionale. La capacità di giocare senza perdere spazio è appartenuta nel tempo a soggetti come Connors, Agassi, McEnroe, fuoriclasse unti di beata follia e di globuli rossi armati di timing. Oggi quell’attitudine è passata di mano e gode di nuova vita in un tennista come Jannik Sinner, unico in grado di esprimere un gioco più simile al ping pong che non al tennis normale. Pensare di batterlo sulla stessa lunghezza d’onda, può servire a fare il partitone ma non certo a  nutrire possibilità di vittoria.