Con un Mikael Ymer protagonista, la nazionale svedese ha staccato il pass per le Finals di Madrid. Non gareggiava per l’insalatiera dal 2012 prima di sprofondare in un momento buio coinciso con la mononucleosi dell’attuale capitano
Non aveva neppure tre mesi di vita Mikael Ymer quando nel 1998 la Svezia sollevava sulla terra rossa del Forum la sua settima e ultima Coppa Davis di un ventennio glorioso. Storie che si intrecciano, come quella dell’attuale presidente Atp Andrea Gaudenzi costretto al ritiro sul 6-6 al quinto contro Norman per il crac al tendine della spalla. C’è di mezzo Milano, città che ha visto il più giovane degli Ymer partecipare alle ultime Next Gen Atp Finals. E c’è di mezzo quell’idea di gareggiare per l’insalatiera che mancava dal 2012. Format ‘antico’, squadra d’altri tempi prima di un momento di buio coinciso con la mononucleosi diagnosticata a Robin Soderling. Era lui l’atleta di punta della nazionale nordica, ex numero 4 al mondo e capace di dichiarare guerra a Nadal a Parigi (il primo a batterlo in un 3 su 5 al Roland Garros nel 2009) oltre a stuzzicarlo sui sacri campi di Wimbledon con un’imitazione a match in corso. Quando sembrava lanciato verso annate da assoluto protagonista, il destino si mise di traverso sul cammino di Soderling, costretto a reinventarsi più volte pur di non abbandonare quello sport che tanto gli aveva dato: creatore del marchio RS-Tennis prima, direttore di Stoccolma poi sino alla chiamata per la panchina della nazionale svedese. L’obiettivo è ambizioso, non sarà affatto facile riportare la nazionale ai fasti di un tempo ma la sua presenza da capitano si è già fatta sentire nel primo impegno ufficiale: sul veloce di Stoccolma è stata buona la prima contro il Cile, piegato per 3-1. Uomo copertina, come già accennato, è Mikael Ymer che ha rubato la scena al fratello maggiore Elias (più ‘anziano’ di due anni) aggiudicandosi entrambi i punti in singolare. Un contributo fondamentale, tuttavia, è arrivato anche dalla vecchia guardia: sull’1-1 Markus Eriksson e, soprattutto, Robert Lindstedt hanno portato a casa un importante doppio. Lindstedt, 42 primavere, ha stupito tutti. Se stesso compreso: “Sentivo di avere Venere, Giove e Marte allineati per me. Partite del genere rendono la decisione di ritirarsi sempre più difficile”. Insomma, largo ai giovani ma non troppo: l’immancabile tocco d’esperienza da accompagnare all’esplosività delle nuove leve che contraddistingue ogni buon organico non pare mancare alla corte di Soderling, voglioso di riprendersi a Madrid – seppur in altre vesti – ciò che la salute gli ha negato. Non sarà semplice ma le imprese sportive non lo hanno mai spaventato. “Nessuno vuole essere Robin”, è vero, ma meglio stargli comunque alla larga quando di mezzo ci sono racchette e rete da tennis.