Sembrerebbe un pesce d'aprile ben congegnato, invece è tutto vero: a un anno e mezzo dal caso Bracciali – Starace, la Corte Federale di Appello FIT torna a far parlare di sé per aver ribaltato un dispositivo di primo grado. La protagonista della vicenda, questa volta, è Camila Giorgi. La vicenda è stata ampiamente dibattuta nei mesi scorsi, ed è riassumibile in poche righe: lo scorso anno, Camila ha rifiutato la convocazione al match di Fed Cup contro la Spagna, scatenando una serie di conseguenze a catena: rottura degli accordi in essere con la FIT, procedimenti sportivi e cause in sede civile. In ambito sportivo, un paio di mesi fa il Tribunale Federale aveva “stangato” Camila con nove mesi di squalifica e 30.000 euro di multa. Usiamo le virgolette perché, come avevamo spiegato, la sentenza non aveva alcuna influenza nella carriera dell'azzurra, salvo le convocazioni in Fed Cup e l'eventuale wild card agli Internazionali BNL d'Italia (la cui distribuzione non è dettata da regolamenti precisi, ma solo da un generico “buon rapporto” con la FIT). Nonostante la scarsa influenza della decisione nella carriera di Camila, l'avvocato Fabio Azzolini ha ugualmente proposto ricorso presso la Corte Federale di Appello, presieduta da Alfredo Biagini (presidente del Collegio anche in questo caso, coadiuvato da Enrico Salone e Luigi Supino), evidentemente convinto di avere una carta vincente in mano: il fatto che la Giorgi NON fosse tesserata all'epoca dei fatti. L'italoargentina, pensate un po', non possiede la tessera addirittura dal 2011.
DIFETTO DI GIURISDIZIONE
L'argomento più dibattuto, già in primo grado, riguardava proprio questo argomento. Non essendo tesserata (e dunque non avendo alcun vincolo giuridico-sportivo con la FIT), Camila Giorgi deve essere sottoposta ai regolamenti FIT? L'interpretazione del Tribunale Federale fu molto decisa: sì. Menzionando l'articolo 10 dello Statuto FIT (quello relativo ai doveri dei tesserati), i tre giudici sostennero che i commi 1, 3 e 4 erano da riferirsi esclusivamente ai tesserati, mentre il numero 2 (quello sull'obbligo di rispondere alle convocazioni) sarebbe rivolto, genericamente, a tutti gli atleti. Sulla base di questo l'hanno squalificata per nove mesi. A parte l'ovvio danno economico (30.000 euro non sono una cifra trascurabile), l'unico effetto sarebbe stata l'impossibilità di convocare la giocatrice per Italia-Taipei di Fed Cup, in programma i prossimi 22-23 aprile. A sanzione scaduta, la Giorgi sarebbe tornata ad essere un'atleta come le altre. Ma la Corte di Appello ha ribaltato tutto: al termine dell'udienza tenutasi venerdì 31 marzo, il collegio Biagini-Salone-Supino ha annullato la sentenza del Tribunale Federale, parlando genericamente di “difetto di giurisdizione”. In attesa di leggere le motivazioni, che saranno depositate entro 10 giorni (l'articolo 88 del Regolamento di Giustizia prevede questa possibilità: fino ad allora, non potrà esserci nessun ricorso presso il Collegio di Garanzia CONI), pare evidente che la ragione dell'annullamento sia proprio il NON tesseramento della Giorgi. Appreso del ribaltone, abbiamo contattato l'avvocato Fabio Azzolini, il quale ha mantenuto la linea stabilita tempo fa: il clan Giorgi parlerà soltanto quando tutti i procedimenti saranno estinti. E ci vorrà tempo, poiché il ricorso della Procura Federale alla Cassazione CONI pare scontato.
GIORGI CONVOCABILE PER BARLETTA. IN TEORIA…
Se il Collegio di Garanzia non dovesse presentare ulteriori ribaltoni, e la sentenza di secondo grado diventare operativa, si creerebbe un precedente molto, molto scivoloso. Un qualsiasi atleta potrebbe essere convocato per rappresentare le rispettive nazionali, pur senza avere nessun vincolo giuridico-sportivo con la federazione di riferimento. L'atleta in questione, dunque, avrebbe un notevole vantaggio rispetto a quelli tesserati: se chi è in possesso della tessera deve essere sottoposto ai regolamenti sul rispetto della maglia azzurra (con eventuali conseguenze, anche economiche), chi non ce l'ha può fare quello che vuole, mettendo in atto una modalità che non piace per nulla al presidente Angelo Binaghi, che ai tempi del caso Bolelli (2008) disse che la maglia azzurra non è una giostra da cui si può salire e scendere a proprio piacimento. Il principio è corretto, ma la sentenza di oggi sembra legittimare, o almeno sdoganare, un comportamento di questo tipo. La vicenda andrà seguita con estremo interesse perché potrebbe avere conseguenze importanti, anche al di là del caso specifico. In attesa del ricorso e del pronunciamento CONI, tuttavia, c'è una sola conseguenza immediata, addirittura sorprendente: in vista della sfida di Barletta contro Taipei, Tathiana Garbin sarebbe perfettamente legittimata a convocare la Giorgi. E la Giorgi, secondo la sentenza, sarebbe legittimata a dire “sì” o “no” senza timore di conseguenze. Non crediamo che succederà perché entrano in ballo altri fattori, di rapporti e di opportunità, più importanti dei regolamenti, ma i fatti sono questi. E nessuno se li aspettava.
Il dispositivo della Corte Federale di Appello
La sentenza del Tribunale Federale (6 febbraio 2017)