A poche ore dall'Australian Open, c'è già grande attenzione per il ritorno di Maria Sharapova (previsto per il WTA di Stoccarda, tra oltre tre mesi). Da un lato significa che il circuito WTA latita di personaggi, dall'altra si è acceso un dibattito “morale” sull'opportunità di facilitare il suo ritorno con l'assegnazione di tante wild card. Ma intanto si parla sempre di lei…Maria Sharapova ha disputato l’ultima partita ufficiale circa un anno fa – i quarti di finale persi contro Serena Williams a Melbourne – e non ne disputerà altre fino al 26 aprile 2017, quando sarà riabilitata dalla WADA dopo aver scontato la squalifica per doping. Alle porte del primo Slam stagionale, dove Masha sarà assente, il fatto che ci sia un certo interesse su di lei mette in evidenza la crisi del circuito WTA. Una premessa che poco aderisce alla querelle-Meldonium, al doping, o a questioni etiche, ma serve a contestualizzare l’orizzonte in cui vive e opera il tennis femminile e chi ne ha le redini.
La riduzione della squalifica per mano del TAS di Losanna ha accorciato a 15 mesi il periodo di stop forzato della campionessa russa. Come era preventivabile, la caccia per accaparrarsi il “comeback” è già selvaggia e c’è pure il nome del primo vincitore: si tratta del Porsche Tennis Grand Prix di Stoccarda, torneo già vinto dalla siberiana dal 2012 al 2014 (e Porsche è uno degli sponsor della Sharapova…). Gli organizzatori non avrebbero potuto trovare modo più efficace per festeggiare la quarantesima edizione. È probabile che a questa seguiranno molte altre wild card e che – è bene ricordare – per queste non esistono limiti in virtù dello status di vincitrice Slam (o WTA Finals) di Sharapova, mentre per chi non appartiene a tale élite vi è un massimale di sei inviti per tornei superiori ai WTA International. Ovviamente, la siberiana prenderà il posto di un’altra giocatrice, magari una giovane locale in cerca di punti, esperienza e visibilità, ma questo francamente è un prezzo che tutti – organizzatori, sponsor e pubblico – pagherebbero più che volentieri. Un sacrificio irrisorio se soppesato ai benefit derivanti dall’inclusione della Sharapova.
Ai tanti fan impazienti di rivedere in campo Masha hanno fatto da contraltare molti nasi storti, quasi scandalizzati per quello che considerano un immeritato trattamento di favore, un’ingiustizia, tanto da tirare in ballo perfino la “questione morale”. La tesi integralista degli “haters” pone le fondamenta sul messaggio incorporato dalle wild card: perché facilitare il ritorno alle competizioni di una giocatrice trovata positiva a sostanze dopanti? Come se assegnare delle wild card equivalesse a un colpo di spugna sul recente passato, quando ovviamente così non è. D'altra parte, qualche anno fa Ivan Ljubicic disse che concedere wild card a chi tornava da una squalifica per doping (all'epoca si trattava di Guillermo Canas) equivaleva a consegnare una pistola a chi era appena uscito dal carcere.
A ben vedere, tali tesi sono sopraffatte dalla razionalità. Se da una parte è banale intuire i vantaggi che Maria Sharapova porterà ai vari tornei, dall’altra il mero discorso ideologico appare lacunoso e scricchiolante. Senza entrare nei dettagli della squalifica, si parla di una giocatrice trovata positiva a una sostanza diventata illecita da qualche settimana (il Meldonium è entrato nella lista delle sostanze proibite il 1 gennaio 2016, il primo test positivo risale al 26 gennaio), non certo di una tennista che ha edificato i propri successi su sostanze illecite. Chi si professa contro la Sharapova per queste motivazioni, la sta trattando alla stregua di un dopato seriale.
Riguardo all’entusiasmo, forse eccessivo, che sta trasformando l’esilio della russa in un surreale countdown, forse è opportuno contestualizzare il momento che sta vivendo il tennis femminile. All’alba del 2017 Kerber è numero uno del mondo, Serena Williams ha scavallato i 35 anni, Azarenka maneggia biberon e cucci anziché racchette, Kvitova è ferma ai box e Pliskova viene indicata – perfino a ragione – come favorita per la vittoria dell'imminente Australian Open. Il momento più buio della storia (recente?) del circuito WTA non autorizza l’impunità di un pezzo da novanta come Sharapova, ma d’altra parte come si può biasimare chi ne brama il ritorno?
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