Grazie al crowdfunding, il doppista irlandese James Cluskey è arrivato a un passo dal giocare il doppio a Wimbledon. Non ce l’ha fatta per appena due posizioni. Si è consolato giocando il suo primo torneo ATP.

Di Riccardo Bisti – 16 luglio 2014

 
Il sogno si era quasi compiuto. Grazie alla generosità di alcuni finanziatori, James Cluskey è stato ad un passo dal giocare a Wimbledon. Lo scorso inverno, rimasto senza soldi, il doppista irlandese aveva lanciato una campagna di crowdfunding tramite il sito Pledge Sport. Aveva chiesto 10.000 euro, gliene sono arrivati 13.000. L’aveva chiamata “Road to Wimbledon”, nella speranza di giocare il torneo più importante del mondo. E’ arrivato a un passo dal farcela, ma due dannati posti lo hanno tenuto fuori dal “cut-off”. Niente Wimbledon. “E’ stato molto deludente, perchè avevo fatto un sacco di sacrifici per riuscirci. Ma non ho rimpianti: senza il crowfunding avrei sempre pensato “cosa sarebbe successo se…”. Invece, grazie ai finanziatori, ho potuto giocare al meglio e non sono stato bravo a sufficienza per qualificarmi”. Se il sogno principale è svanito, Cluskey ha potuto gioire almeno a metà. La scorsa settimana, per la prima volta, ha giocato nel main draw di un torneo ATP. E’ successo a Bastad, dove ha fatto coppia con Mikhail Kukushkin. “L’ho scoperto solo qualche giorno prima – racconta – è stato un grande risultato. Ovviamente Wimbledon è un’altra cosa, ma mi sono consolato. Si possono contare sulle dita di una mano i tennisti irlandesi che hanno giocato nel circuito maggiore”. Per sua sfortuna, l’avventura è terminata al primo turno contro la coppia americana-svedese composta da Nicholas Monroe e Johan Brunstrom. La vita tennistica di Cluskey, ex discreto giocatore in ambito college, non è stata facile. Però, rispetto a tanti giocatori che si lamentano della vita nel tour, lui si ritiene un privilegiato. “Non mi piacciono gli articoli di stampo negativo che ho letto. Nessuno mi ha costretto a essere qui, lo faccio perchè mi piace – dice – ok, non è facile, ma tante persone si trovano in una situazione peggiore della mia. Sento dire che ci sono un mucchio di problemi finanziari, che tanti giocatori non riescono ad andare avanti….ma io sono reduce una spiaggia svedese, uno dei posti migliori che abbia visitato”. Ovviamente, anche secondo lui c’è qualche problema nella distribuzione dei montepremi. I più forti portano a casa quasi tutto. “Si, potrebbe essere organizzato meglio. E comunque, se il tennis irlandese è in difficoltà, le motivazioni sono più profonde che le semplici difficoltà economiche. Ho girato il mondo e ho visto un sacco di ragazzi che ce l’hanno fatta, quindi penso che sia soprattutto una questione culturale”.
 
CARRIERA A RISCHIO
Il miglior giocatore irlandese degli ultimi anni è stato Conor Niland, capace di qualificarsi per Wimbledon e salire al numero 129 ATP. C’è poi James McGee, che qualche tempo fa scrisse un appassionato articolo per raccontare le sue difficoltà logistiche e monetarie. Chissà, forse Cluskey si riferisce proprio a quello quando parla di “articoli negativi”. Nella sua carriera, ha intascato 17 titoli di doppio, tra cui due tornei challenger (Istanbul e Guimaraes, entrambi nel 2013). Risultati insufficienti a renderlo un personaggio importante. “Ma la popolarità non è un problema, tutto quello che faccio, lo faccio per me. Certo, è bello quando la gente mi riconosce, ma io amo il gioco e chi mi conosce sa quello che ho fatto. Purtroppo quest’anno ho vinto poco in singolare e mi sembra che il mio tennis sia più adatto al doppio. In fondo le volèe sono il mio punto di forza. Però mi piace anche il singolare”. Il problema, alla fine, sono i soldi. Ed è capitato spesso che James avesse qualche dubbio sul futuro. “L’anno scorso ho pensato di smettere. Devo essere onesto: anche oggi ho qualche dubbio. Andrò avanti per i prossimi due mesi, poi vedrò la classifica. E’ difficile guadagnare con il tennis. Di certo non tornerò al crowdfunding perchè la gente mi ha già aiutato. Ho diversi punti in scadenza e potrei tornare a dover giocare i futures. E non sono sicuro di volerlo fare”. Oltre ai calcoli di portafoglio e di ranking, la carriera del tennista “minore” deve fare i conti con la lontananza dagli affetti. Non sono mica tutti come Roger Federer, che può portarsi dietro un esercito di persone…e di figli. Ma il tour principale si gioca in posti molto belli, mentre spesso i futures si tengono in luoghi sperduti e non così ospitali. Cluskey ha il coraggio di dire che la vita personale può condizionare quella professionale, e viceversa. “Se frequenti una e perdi, hai voglia di tornare a casa per vederla. Ma non è buono per il tennis. Dipende dal tipo di rapporto che hai. Ai tempi del college c’era un giocatore che era il migliore della nostra squadra, poi ha preso a uscire con una ragazza. Non cambiò nulla in particolare, ma perse cinque partite di fila. E il nostro coach lo intimò a lasciare la ragazza, perchè – a suo dire – gli stava rovinando la carriera”.
 
IRLANDA, PUOI FARCELA
Il futuro è nebuloso, ma Cluskey ha una certezza. Per quanto abbia più di un’offerta per tornare negli Stati Uniti a fine carriera, ha scelto di restare in Irlanda e provare a migliorare il tennis del suo paese. Vuole aprire un’attività, far fruttare la sua laurea, ma anche dare una mano ai giovani. A suo dire, il grosso problema dell’Irlanda non sta nella qualità dei coach. Semplicemente, ci sono pochi tornei e il livello di competizione è troppo basso. “Al contrario, negli Stati Uniti si giocano talmente tanti match che si impara in fretta a gestire le situazioni e giocare sia in singolare che in doppio. Inoltre il college ti forma e ti consente di arrivare al top a 22-23 anni di età, preparandosi al meglio per la fase in cui si può dare il massimo”. Continuare con un’attività di secondo livello senza costruirsi una “corazza” può essere pericoloso. Prima di rimettersi a lottare nel circuito, Cluskey ha tirato una frecciata ai controlli antidoping nel tennis. “Mi hanno testato a Praga. Non ho detto nulla al responsabile, ma ma ad essere onesto credo che potrebbero esserci più controlli. Credo ci siano tanti punti interrogativi, come quando vedi un caso come quello del dottor Fuentes, dove si sono sbarazzati delle prove e lo stesso medico aveva lavorato per diversi sport, forse anche con il tennis. Il fatto è che ci sono un sacco di voci. Io non gioco nel tour principale, ma penso che investano di più che nei challenger. In fondo l’anno scorso hanno sospeso nomi importanti come Marin Cilic e Viktor Troicki. Spero che continuino a operare con serietà e puniscano chi fa il furbo”