E chi se l'aspettava? Rompendo un silenzio che durava dal post-operazione, Juan Martin Del Potro ha scelto Facebook per comunicare la separazione con il coach Franco Davin e il preparatore Martiniano Orazi, al suo fianco da ben sette anni. Delpo ha scritto le consuete frasi di circostanza ("posso solo ringraziarli, auguro loro il meglio”), ma la notizia fa rumore. I continui problemi fisici del giocatore, paradossalmente, sembravano averli uniti ancora di più. Davin era diventato una specie di secondo padre per l'argentino, preso quando non aveva ancora compiuto 20 anni. Insieme hanno fatto cose eccezionali: la vittoria allo Us Open, certo, ma anche il numero 4 ATP e la sensazione di potersela giocare con tutti i più forti, anche nei momenti di massimo splendore. “Delpo” era diventato un big, aveva scardinato le difese dei migliori molto prima che il concetto di “Big Four” mostrasse qualche crepa. Il tutto con al fianco un tecnico tranquillo, preparato e intelligente. Tutti conoscono la parabola di Del Potro, mentre è meno nota quella di Davin. Ex fenomeno junior, negli anni 80 colse ottimi risultati ed era la grande speranza del tennis argentino insieme a Gullermo Perez Roldan. Anche lui ha trascorso un periodo nella città sacra di Tandil, proprio quando Del Potro era appena nato. Il fisico non ha mai supportato il suo talento: 173 centimetri per 64 chili erano troppo pochi anche 25 anni fa. Per lui solo 3 titoli ATP (due in Italia: St. Vincent e Palermo, più Bucarest), un best ranking al numero 30 ATP e un quarto di finale al Roland Garros. Ha iniziato a giocare prestissimo, altrettanto presto si è ritirato. Nel marzo 1997, durante le qualificazioni del challenger di Barletta, perse all'improvviso ogni motivazione. Dopo aver perso il secondo set contro il belga Tom Vanhoudt decise di abbandonare il campo, la partita, il tennis. Lo disse persino all'arbitro. “In effetti fu curioso, ne ridemmo con il mio coach di allora, Eduardo Infantino”.
ANNUNCIO INATTESO
Si è riscattato da coach. Ha iniziato giovanissimo: da capitano di Davis, ha riportato l'Argentina nel World Group. Poi ha seguito per un anno Guillermo Coria, nell'anno della furiosa risalita dopo la squalifica per doping del 2001. Nel 2003 si è seduto all'angolo di Gaston Gaudio e sappiamo com'è andata. Non contento di uno Slam in bacheca, ha fatto il bis con Del Potro. Insieme si sono presi lo Us Open 2009 e fu un momento di grande commozione. Indimenticabile la “scalata” del giocatore verso il suo angolo. Un abbraccio sincero, che ai più sembrò un giuramento di fedeltà tennistica. In effetti, fino a un mese fa, lo avevano rispettato. Lo scorso 18 giugno, data dell'ultima operazione di Del Potro al polso sinistro, Davin era con lui. Come c'era nei due interventi passati. Per loro, ormai, la Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, non aveva più segreti. Davin ha dato tanto a Del Potro, si è speso soprattutto umanamente. Sarebbe stato facile mollare nel 2010, quando il primo infortunio al polso (allora era il destro) gli aveva fatto perdere tutta la stagione. Sarebbe stato ancor più facile l'anno scorso, quando si è bloccato di nuovo e si era capito che sarebbe stato un altro calvario. Magari non così logorante, ma comunque duro. Non sappiamo che tipo di accordi economici avessero, ma è un dato di fatto che Davin ha seguito per oltre due anni un giocatore inattivo e lo ha sostenuto insieme al preparatore atletico Orazi, pure lui parte integrante del team. Non è difficile immaginare che avrebbe potuto tornare nel tour. Invece no, sempre al fianco di Delpo. Anche per questo, la notizia della separazione sorprende.
DAVIN HA SBAGLIATO QUALCOSA?
Cosa significa tutto questo? Difficile a dirsi. Probabilmente è stata una scelta improvvisa, poiché Davin era con lui in Minnesota, un mese fa. Se un rapporto sta morendo, non accompagni il giocatore in sala operatoria. Difficile ipotizzare se ci sono stati degli screzi, magari di natura tecnica. Con il duo Davin-Orazi, Palito ha mostrato un tennis bello ed efficace. Per un'altezza di quasi due metri si muove benissimo. “Prima di farmi male al polso per la prima volta, uno dei miei obiettivi era diventare numero 1 del mondo” disse nel 2010. Era un complimento indiretto al suo staff, capace di portarlo così in alto in tempi relativamente brevi (circa 2 anni). Tuttavia, qualcuno pensa che non sia stato tutto rose e fiori. Ad esempio, che Davin abbia qualche responsabilità nell'infortunio al polso sinistro. Si sussurra che qualche anno fa qualcuno avesse notato un difetto di esecuzione nel rovescio di Del Potro. Qualcosa che se Davin non avesse corretto, sarebbe poi sfociato in un infortunio. Forse è una leggenda, forse no, ma il polso martoriato è sotto gli occhi di tutti. Qualche mese fa, tra l'altro, Del Potro disse che Davin "non voleva insegnargli" il rovescio a una mano. Francamente tutti pensarono a una battuta. La tesi più maliziosa, dunque, vorrebbe un Del Potro deciso a provare nuove soluzioni tecniche e stimoli inediti nel difficile percorso di risalita. Gli hanno tolto i punti e il gesso, adesso indossa una fasciatura ma i tempi di recupero sono ancora sconosciuti. E quella che sembrava una certezza, beh, è franata con un breve messaggio su un social network.
Hola a todos. Quiero contarles que Franco y Martiniano han dejado de ser mis entrenadores… https://t.co/5LEWg7U0Ta
— Juan M. del Potro (@delpotrojuan) 24 Luglio 2015