Doha: dure sconfitte per Lorenzi e Bolelli. Al bolognese basta sbagliare un dritto a campo aperto per andare in corto circuito, mentre Lorenzi non può nulla. L’analisi.
Le prestazioni di Simone Bolelli sono sempre oggetto di discussioni
 
Di Riccardo Bisti – 4 gennaio 2013

 
Umberto Rianna lavora con Simone Bolelli da pochi mesi, ma lo ha già capito. Il lavoro sta dando i primi frutti, ma c’è ancora tanta strada da fare. Si è visto – impietosamente – nel match contro Nikolay Davydenko nei quarti di finale a Doha (1.054.720$, plexicushion). Nel terzo game, sul punteggio di 1-1, Bolelli è salito 15-30 sul servizio del russo. Si era costruito bene il punto, doveva solo tirare un dritto a campo aperto, di quelli che non sbaglia mai. Invece la palla ha schiaffeggiato la rete. Quel colpo è stato il simbolo della partita. Ed è la metafora del Bolelli attuale. Simone ci sta provando sul serio. Ma gli manca ancora qualcosa per tornare dove era arrivato con Claudio Pistolesi. Il sodalizio con il coach romano è terminato tre anni e mezzo fa, ma è impossibile non parlarne. Gli stessi diretti interessati non hanno tanta voglia di tornarci su. Ma l’Italia aveva un 23enne numero 36 ATP. Con l’età media dei top 100 notevolmente cresciuta, era un lusso. Invece Simone si è perso. Bisogna dargli atto di non aver mollato. Con una moglie bellissima e qualche dollaro nel conto in banca, avrebbe potuto fregarsene. Invece ha continuato ad andare a correre alle 7 del mattino e ad allenarsi con diligenza. E’ tornato tra i top 100 e ha scelto Rianna, l’uomo dal background americano (e una vecchia esperienza federale a Cesenatico), artefice dei migliori anni di Potito Starace. Le vittorie contro Gimeno Traver e Kubot facevano ben sperare. Ma dopo aver sparato quel dritto in rete è uscito dal campo. Il 6-1 6-1 finale è stato molto severo. Bolelli ha raccolto appena 19 punti e non ha mai dato l’impressione di reagire. Il suo tennis non dà granchè fastidio a Davydenko, ma quasi cinque anni fa (ed era un altro Davydenko, più forte) lo stava per castigare a Miami. Con le sue eccezionali doti di motivatore, Pistolesi lo aveva convinto che poteva essere un grande. Ma un Grande con la G maiuscola.
 
Adesso Simone lotta, ha ripreso a indossare il cappellino all’indietro. L’orecchino da pirata non l’ha mai abbandonato. Ma forse non è più tanto convinto. Altrimenti avrebbe provato a “sporcare” la partita, provandoci fino all’ultimo. Magari avrebbe perso ugualmente, ma non 6-1 6-1 in 50 minuti. C’è un alibi, sul cui peso specifico non possiamo pronunciarci: la stanchezza. Le partite contro Gimeno Traver e Kubot erano state pesanti, dure, quasi perse. Un po’ di appagamento poteva starci. Per questo Simone non è bocciato, ma solo rimandato. Se Andreas Seppi ha vissuto la sua migliore stagione nell’anno dei 28 anni, perché Bolelli non può fare altrettanto? Forse non raggiungerà gli obiettivi che andava ripetendo fino a qualche anno fa, ma può togliersi ancora soddisfazioni. Rianna può dargli una mano perché lo ha capito. Quando il “Bole” ha sparato in rete quel dritto, la regia qatariota ha indugiato sul coach campano. La sua espressione era tutta un programma. Probabilmente sapeva cosa sarebbe successo. Conoscere i problemi è il primo passo per risolverli. Di Bolelli si parla e si parlerà ancora perché il suo tennis piace. E la sua immagine sarebbe spendibile anche all’estero. Il bravo (e bel) ragazzo, pulito, talentuoso. Se ne accorse anche il sito del Roland Garros, che nel 2008 gli regalò una bella monografia. Gli appassionati gli chiedono tanto, per questo lo criticano (anche violentemente) per i risultati negativi. Non deve essere facile sopportare queste pressioni.
  
Non ha certo problemi di pressione Paolino Lorenzi, che ha raggiunto uno splendido quarto di finale prima di raccogliere tre giochi contro David Ferrer. Il senese sta scoprendo limiti sempre nuovi (lunedì entrerà tra i primi 60), ma certi giocatori sono fuori portata. Le batoste contro Djokovic erano state più crudeli: stavolta ha giocato un buon primo set prima di disunirsi nel secondo. Oltre a una volontà feroce, Lorenzi ha il vantaggio di non avere stress. I suoi risultati interessano meno, al massimo si prende qualche elogio per le vittorie. Ma se perde non ci sono problemi. E lui ne approfitta, giocando con il sorriso sulle labbra. Chissà se Paolo e Simone non si scambierebbero le loro posizioni. Cosa potrebbe fare un Lorenzi con la fluidità di braccio di Simone? E Bolelli senza le pressioni di stampa e pubblico? Fantasie che resteranno tali. E il carrozzone del tennis va avanti. Prossima destinazione: Australia.