Il classe 2007 ha vinto a Miami il suo primo match a livello di circuito maggiore battendo in due set Francisco Comesana

Mi chiedessero cosa ho apprezzato di più nella vittoria di Pallino Cinà su Francisco Comesana non avrei dubbi a tirare in ballo le pause. Già, proprio quei momenti a bocce ferme che intercorrono tra un punto e l’altro nonché nei cambi di campo. Stralci di tempo in cui l’unico l’obiettivo attiene al ripristino di energie fisiche e mentali cancellando il regresso per guardare con positività al punto in arrivo. Un lavoro mentale che il giocatore deve attuare in perfetta autonomia facendo leva su di un’autogestione acquisita in fase formativa. Considerando che il minutaggio nudo e crudo di un match depone sempre a favore delle soste, si può facilmente dedurre quanto importanti siano queste nella giusta gestione del gioco.
I campioni le utilizzano ognuno a suo modo: McEnroe regolava i conti con gli arbitri, Borg, al contrario, non proferiva parola. Safin accumulava ira e se Nadal diveniva preda dei tic Federer si asciugava le mani come un suonatore di piano. In tempi correnti, Sinner le usa per ideare con razionalità strategie vincenti mentre Tsitsipas le spende con l’ansia di chi è lì lì per perdere un tram.
Tutto questo tormentone per dire che il giovane Cinà ha proprio nelle pause uno dei suoi punti forti vivendole con la flemma di un signorotto inglese a spasso per Kensington Park. Una disinvoltura certamente maturata, fin da piccolo, sui campi di tutto il mondo al seguito di papà Francesco, ai tempi coach di Roberta Vinci. Naturalmente con le sole pause ci fai poco se alla ripresa del gioco non hai numeri tecnici e fisici da scaricare sulla palla. E per non arrivare al professionismo sguarnito dell’occorrente,il giovane figlio d’arte si è dotato di fondamentali di peso, ivi incluso un solido servizio col quale trova buone angolazioni. Insomma gli ingredienti per guardare avanti ci sarebbero tutti. Basteranno per contrastare il navigato Dimitrov?