WIMBLEDON – Ci voleva “Cavallo Pazzo” Ivanisevic per convincere Marin Cilic che 198 cm possono essere un vantaggio. Nello stesso torneo dove l’anno scorso apprese la positivà a un test antidoping, sta giocando il suo miglior tennis. Ma è anche il torneo di Goran…

Di Riccardo Bisti – 1 luglio 2014

 
C’era un pezzo di storia a seguire l’ottavo di finale tra Marin Cilic e Jeremy Chardy. All’angolo del francese, sul Campo 18, c’era Thomas Johansson, vincitore dell’Australian Open 2002. Siedeva accanto a Magnus Tideman, suo ex allenatore, oggi al fianco di Chardy. In cima, dalla terrazza, persino il leggendario Rod Laver ha seguito alcuni scambi. All’angolo del croato c’erano Iva Majoli, vincitrice del Roland Garros 1997…ma soprattutto Goran Ivanisevic. Goran, trionfatore di questo torneo nel 2001, da wild card e n. 125 ATP, è l’elemento-suggestione della cavalcata di Cilic. Vincendo 7-6 6-4 6-4, il gigante croato ha mostrato miglioramenti impressionanti nelle due aree che spesso gli hanno creato problemi: la tenuta mentale e il servizio. Se sul piano tecnico era assurdo non sfruttare i suoi 198 centimetri, sorprende che proprio “Cavallo Pazzo” Ivanisevic gli abbia ridato la stabilità emotiva perduta dopo la squalifica per doping, una spy-story di cui venne a conoscenza proprio a Wimbledon, quando si ritirò per un fasullo infortunio al ginocchio. La faccenda divenne di dominio pubblico qualche settimana dopo, quando una gola profonda fece la soffiata ai media croati. Corsi e ricorsi storici: Cilic sta dando il meglio di sé nel torneo dove ha vissuto il dolore più grande, ma che ha simboleggiato la carriera del suo coach. Al terzo turno ha colto una bella vittoria contro Tomas Berdych nel match più “notturno” nella storia di Wimbledon, chiuso alle 21.38 tra le proteste del c(i)eco. Non si vedeva più, ma Marin non ha fatto una piega ed è piombato nella seconda settimana, iniziata nel migliore dei modi nonostante l’interruzione per pioggia durante la sfida contro Chardy. Un doppio fallo del francese gli ha consegnato il primo set, poi un paio di break (sempre al terzo game) hanno sancito gli altri due parziali.
 
DA RACCATTAPALLE AD AMICO
A tredici anni dal successo di Ivanisevic, la Croazia è di nuovo protagonista a Wimbledon. Tredici come gli anni di Cilic in quel magico lunedì di luglio 2001, quando Ivanisevic infilò il miracolo. Negli anni 90, dopo lo sgretolamento della Jugoslavia, Ivanisevic divenne il simbolo della Croazia sportiva insieme ad alcuni cestisti. Fino a diventare un eroe nel 2001. Quel giorno, Marin vide la partita dal suo tennis camp estivo. “In Croazia, tutti sanno esattamente dove erano e cosa facevano quando Ivanisevic ha vinto Wimbledon. E’ stato uno degli eventi sportivi più visti della nostra storia – dice Cilic – Goran è amato da tutti. Durante la guerra nei Balcani rappresentava la Croazia in tutto il mondo. Per un paese così giovane, avere un personaggio come lui fu fondamentale. Sapevamo tutti cosa significasse Wimbledon per lui, e vederlo perdere tre finali fu molto doloroso”. Il primo incontro tra i due risale al 1997, quando il piccolo Marin fece da raccattapalle durante un’esibizione con Thomas Muster. Cinque anni dopo, essendo uno dei migliori junior della Croazia, fu invitato a giocare con lui. Non parlarono molto, anche perché Cilic era un ragazzo molto timido. Talmente timido che mise poche palle in campo. Eppure, dopo l’allenamento, Goran disse: “C’è qualcosa in questo ragazzo. Diventerà un bel giocatore. E’ stata un’esperienza molto interessante per me”. Adesso, invece, giocano spesso insieme. Nel momento più difficile, Cilic ha scelto proprio lui per ripulire la mente dopo la sospensione per doping.
 
"PUO' ENTRARE TRA I TOP-5. FACILE"
Dodici mesi fa, Cilic stava preparando il suo match di secondo turno, quando gli hanno comunicato che era risultato positivo a un test antidoping effettuato ad aprile, a Monaco di Baviera. Pare che lo stimolante si trovasse in una zolletta di zucchero acquistata dalla madre. Al processo è riuscito a farsi ridurre la sanzione ed è tornato in tempo per Parigi Bercy, ultimo torneo del 2013. “Ho sempre seguito la sua carriera – dice Ivanisevic, 42 anni – per lui ci sono sempre stato. Quando mi ha chiesto di allenarlo, sono stato più che felice. Per lui è stata dura affrontare la sospensione, sono orgoglioso di come ha gestito la situazione". Quando il croato è tornato nel tour, i colleghi hanno avuto reazioni contrastanti. Novak Djokovic lo ha appoggiato (si era esposto ancor di più per il connazionale Viktor Troicki), mentre Murray ha definito “non professionale" il suo comportamento. Ivanisevic non si è nascosto: “Alcuni giocatori commentano ma non dovrebbero, soprattutto se la persona in questione è innocente. Sono deluso anche dall’ATP, è un sindacato che dovrebbe proteggere i giocatori, ma non hanno fatto nulla. Se qualcuno bara io sono il primo a volerlo fermare, ma non possiamo mettere tutti nello stesso calderone”. Al momento della sospensione, Cilic era numero 12 ATP. Quando è tornato, si è trovato in 37esima posizione. “Ma sono maturato. E’ dura quando ti tolgono la cosa che ami di più e che hai fatto per tutta la vita. Ma al ritorno l'apprezzi ancora di più”. Ivanisevic pensa che il suo allievo debba sfruttare l'altezza. “Lentamente, sta iniziando a credere di dover essere più aggressivo” dice, orgoglioso dei 33 ace sparati contro Chardy. “Secondo me può tranquillamente entrare tra i top-5. Adesso non ha niente da difendere: non dico che sarei deluso se non chiudesse l’anno tra i primi 10-15, ma sarebbe un peccato”. Marin lo ha preso alla lettera e ha già intascato 360 punti. Per raddoppiarli, e cogliere la seconda semifinale Slam in carriera (la prima risale all’Australian Open 2010), dovrà battere Novak Djokovic. Ci ha perso nove volte su nove, ma a Parigi gli ha portato via un set. Ci vorrà un miracolo, ma con Goran al suo fianco tutto è possibile. Non poteva scegliersi un alleato migliore per affrontare l’accoppiata Djokovic-Becker sul Centrale di Wimbledon. Nella speranza di poter dire, un giorno, che tutti i croati sapevano esattamente dov’erano e cosa facevano. Stavolta, durante un match di Marin Cilic.