di Federico Mariani – foto Getty Images
Nella settimana in cui le attenzioni del mondo sono fagocitate dal referendum-Brexit dove il 52% dei votanti britannici ha espresso la volontà di abbandonare l’UE (ahhh la democrazia diretta..), la copertina del misero pianeta-tennis va forzatamente assegnata al faccione tutto britannico di Marcus Willis, carneade divenuto eroe a Roehampton. La semiseria rubrica del lunedì – che da sogno sta diventando una solida realtà, come direbbe Roberto Carlino – parlerà di questo splendido giocatore sovrappeso, di Marco Cecchinato, di Atp e (party) Wta, e ovviamente dell’imminente Wimbledon cercando di sbagliare più pronostici possibili.
LA FAVOLA DI WILL-BOMB. Per comprendere quanto fatto da Willis nell’ultima settimana occorre pescare nel campo dell’impossibile. Qualche numero per contestualizzare l’impresa del venticinquenne di Slough: il buon Marcus occupa al momento la posizione numero 775 del ranking Atp (con un “picco” al numero 322), con zero match giocati sul circuito maggiore e 16 a livello challenger, perdendone 11. Si parla, in buona sostanza, di un giocatore ai margini del professionismo a voler essere di manica larga. A gennaio Willis aveva dato forfait alla vigilia dei quarti di finale di uno sperduto Futures in Tunisia per un problema alla caviglia, poi di lui si perdono le tracce con la volontà di dire ‘basta’ col tennis neanche tanto velata. Un sogno, quello del professionismo, cavalcato e inseguito ma mai abbracciato e nella selva del circuito Futures, dove il conto in banca è quasi sempre di colore rosso porpora, i sogni prima o poi (con preferenza per il prima) devono rendere conto alla realtà.
Quasi per caso, e con una buona dose di fortuna, Willis riesce a entrare nel mini-torneo organizzato dalla federazione britannica che mette in palio due wild card per il tabellone cadetto di Wimbledon, una sorta delle nostrane pre-qualificazioni degli Internazionali d’Italia. Marcus ottiene il pass per Roehampton, location delle qualificazioni di Wimbledon per preservare almeno fino al terzo giorno del torneo i sacri manti erbosi di Church Road. Al primo turno rimonta Sugita, poi regola in due set l’astro nascente Rublev (per ora più nascente che astro) e infine sul campo 9 la storia della settimana acquista i connotati della favola con la vittoria per tre set a uno contro un altro russo, Medvedev, che gli spalanca i Doherty Gates e molto più di un quarto d’ora di celebrità da condividere con Ricardas Berankis. Ah, se dovesse arrivare un’altra impresa contro il lituano, Marcus si farebbe il regalo più bello possibile di questo sport: un pomeriggio sul Centre Court con Roger Federer dall’altra parte della rete.
Dopo la conquista del main draw Willis è diventato di colpo mainstream, specie dall’altra parte della Manica dove persino Andy Murray si è complimentato su Facebook con l’infinitamente meno celebre compatriota:” Complimenti Willbomb, a volte i sogni diventano realtà”. In pochi, tuttavia e a ragione, hanno avuto la possibilità di vederlo. Chi vi scrive, per motivi totalmente ignoti, si è imbattuto due anni fa nel suo match di quarti di finale nel Challenger di Knoxville dove perse in due set contro il connazionale Broady nel torneo che, col senno del poi, resta il migliore nella modesta carriera di Willis visto che nella cittadina del Tennessee sono arrivate due delle cinque vittorie ottenute in totale a livello challenger. Il venticinquenne britannico è mancino, ha nel dritto il colpo migliore, tende (vivaddio) ad accorciare gli scambi e soprattutto… è grasso. O, meglio, non è uno di quelli oltre il quintale che si vedono passeggiare tra le strade di New York nei servizi del Tg su quanto mangiano male gli americani, ma è senz’altro grasso se relazionato ai perfetti fisici dei colleghi. E tutto ciò è semplicemente meraviglioso. A onor del vero, adesso il girovita di Willis rispetto a qualche tempo fa è diminuito notevolmente, ma il peso-forma dell’atleta moderno resta un miraggio. Marcus fa di necessità virtù e, visto che gli spostamenti laterali non possono essere la specialità della casa, per poter competere non può fare altro che spingersi avanti e chiudere lo scambio nel più breve tempo possibile. Sicuramente oggi Willis verrà tristemente spazzato via da Berankis, tornerà a sguazzare nell’anonimato e mai più sentiremo parlare di lui, ma in un tennis radiocomandato da direttive quantomeno discutibili, Willis incarna una diversità pressoché totale, forse fine a se stessa ma tremendamente necessaria. È anche e soprattutto per storie del genere, che passano una volta ogni tantissimo, che vale la pena innamorarsi e seguire questo Gioco.
IL RESTO DEL MONDO. Tornando al noioso resto del mondo, poco o nulla è successo nella settimana che anticipa i Championships. Come al solito verrebbe da dire nei tornei a ridosso degli Slam, una sorta di quiete prima della tempesta. A Nottingham il prode Andreas Seppi – quello che più si avvicina a un erbivoro nel modesto parco giocatori azzurro – è tornato in una semifinale Atp, evento che mancava da quasi un anno (Stoccarda 2015), perdendo contro Steve Johnson poi futuro campione del 250 inglese (primo hurrà sul circuito maggiore per lo statunitense, passato giustamente inosservato). Il bicchiere lasciato mezzo pieno dal kid di Caldaro, viene riempito da Marco Cecchinato che sbanca l’Harbour Club di Milano intascandosi il terzo titolo Challenger della carriera (San Marino e Torino gli altri) strapazzando in finale Laslo Djere con un duplice 6-2. Ceck, che probabilmente a ragione predilige dedicarsi al rosso anziché cercare una scalata improbabile sui più blasonati prati, gioca un torneo sostanzialmente privo di pecche e diventa così il terzo azzurro (dopo Di Mauro e Volandri) a imporsi nel capoluogo lombardo da quando il torneo è stato retrocesso a Challenger.
Eastbourne, invece, premia Dominika Cibulkova al primo titolo sui prati e sesto in totale. Straordinaria la cavalcata della ragazza dal “pome” troppo facile (e snervante), bravissima a mettere in fila avversarie come Ostapenko, Radwanska, Puig e Pliskova (quella forte) perdendo appena un set. Decisamente più interessante è stato invece il tradizionale party della Wta ai Kensington Roof Gardens: è sempre divertente vedere le atlete costrette a lasciare l’abbigliamento tecnico per indossare arditi abiti da sera con evidente imbarazzo. Straordinaria a tal proposito Carla Suarez Navarro che, tirata a lucido, pareva quasi una donna, mentre la vincitrice della serata è ancora lei, sempre lei, fortissimamente lei: Bethanie Mattek. Quest’anno l’americana si è presentata sul red carpet con un’enorme gonna bicolore bianconera molto simile a un panda abbinata a un piccolo top in pelle anch’esso bianconero con fantasia a scacchi. Più trash di una puntata dell’isola dei famosi, ma non per questo disprezzabile, anzi…
ANTEPOST WIMBLEDON. Ci siamo, si parte! Tra qualche ora Novak Djokovic maltrattando il povero James Ward aprirà l’edizione numero 130 del torneo più prestigioso del mondo, e in questa sede pare opportuno giocarsi un po’ di credibilità provando a sbagliare qualche pronostico. Fatto salvo che una finale tra il serbo e Murray è poco più di una formalità con dodici inutili partite nel mezzo, ci sbilanciamo puntando tutto sullo scozzese che – forte del ritorno col suo mai dimenticato ex Lendl – domenica 10 luglio sbatterà la porta in faccia al Grande Slam di Nole. Chi tornerà a far parlare in positivo di sé sarà Bernard Tomic che, qualora dovesse uscire vittoriosamente dal derby dei cervelli in fuga contro Verdasco, avrebbe Elias o Albot (!!!), poi Bautista per sfidare in ottavi Wawrinka dove parte tutt’altro che battuto. Occhio anche ai più forti – Nishikori in primis, ma anche Cilic – che occupano la porzione di tabellone che molto probabilmente Federer lascerà presto sguarnita.
Tra le donzelle è arrivato inevitabilmente il momento di Serena Williams, chiamata a reagire dopo i ceffoni rimediati nel 2016 tra Melbourne e Parigi. Anche se la panterona cresciuta a L.A. non dovesse essere al 100%, resta difficile trovare chi potrebbe insidiarla seriamente per la vittoria finale. Per le sorprese scadiamo purtroppo nel banale accendendo Keys che è dalla parte giusta del tabellone (ovverosia quella opposta a Serena). La simpatica Madison, reduce dal titolo a Nottingham, dovrebbe prendere a pallate Halep con sommo gaudio per chi vi scrive e giocarsi poi i quarti di finale contro Kerber.
Agli azzurri ovviamente non diamo un soldo di fiducia visto il disastro parigino, che dovrebbe essere se possibile amplificato dalla superficie meno amica, con la viva speranza di essere smentiti.
Appuntamento a lunedì prossimo dove si tireranno le somme del giro di boa della prima settimana, con annessa sottolineatura di tutti gli abbagli presi oggi, per poi scagliarci contro tutte le stupide tradizioni inglesi legate a Wimbledon a partire dal never on sunday.