ROLAND GARROS – Il lèttone sorprende Federer in cinque set. Lo svizzero recimina per un clamoroso errore sul setpoint che lo avrebbe mandato avanti di due set. Ma Ernests non ha tremato.
Di Riccardo Bisti – 1 giugno 2014
Ci sono tanti modi per inquadrare la sconfitta di Roger Federer contro Ernests Gulbis. Il tifoso dello svizzero recrimina per il clamoroso errore nel secondo set, quando ha sciupato malamente un setpoint. Avanti 7-6, 5-3 e 40-15 sul proprio servizio, Aveva uno smash semplicissimo per portarsi avanti di due set. Difficilmente il lèttone avrebbe avuto la forza di riacchiapparlo. Invece ha clamorosamente sbagliato direzione, esponendosi al passante. Se avesse vinto quel punto, probabilmente avrebbe vinto la partita e martedì avrebbe affrontato Tomas Berdych. Ma non è andata così e Gulbis ha trovato la forza di rimontare e cucire un clamoroso 6-7 7-6 6-2 4-6 6-3 che lo riporta nei quarti di uno Slam. L’ultima volta (e anche l’unica) fu proprio a Parigi, nel 2008. Il tifoso di Gulbis (qualcuno c’è, anche se sullo Chatrier si sono mimetizzati perché in numero troppo esiguo), invece, può imputare questo risultato alla grande personalità del Principe di Riga. Affrontare Federer su un Campo Centrale, negli ottavi di uno Slam, e batterlo in questo modo, richiede una certa personalità. E’ una dote innata, difficile da allenare. Non tutti ce l’hanno, Gulbis si. Non è un caso che abbia vinto sei finali su sei. Significa che gioca meglio quando è sotto pressione, quando può esprimere la sua personalità. E così ha rimesso in piedi il set (giocando molto bene il secondo setpoint, costringendo Federer a un errore di dritto). Lo ha vinto, e da lì è cambiato tutto. Forse avrebbe potuto vincere in quattro, ma un black out era nell’ordine di cose, fa parte del personaggio Gulbis, il ragazzo che meno di due anni fa giocava i challenger nei luoghi più sperduti.
ATTI DI LESA MAESTA'
Lo spettatore neutrale, invece, ha colto un paio di simbologie importanti. Di solito è Federer a vincere i punti più belli. Li fa fruttare, spesso li infila nei momenti importanti. Stavolta le magie sono servite a poco. Nel tie-break del secondo set, sul 2-2, ha tirato un rovescio in controbalzo da marziano, di quelli che scendono dalle astronavi (magari di proprietà di Gulbis, come disse a chi gli chiedeva se viaggiava con il jet privato). Di solito quei punti gli danno infa vitale per mettere a posto le cose, invece Gulbis si è aggiudicato cinque punti di fila e ha girato la partita. Senza quel black-out, tecnico e tattico, nessuno ricorderebbe lo smash fallito qualche minuto prima. La simbologia è diventata sentenza nel terzo set: con Gulbis avanti di un break, sul 3-2, Federer si è trovato 0-30 sul servizio del lèttone. Sul 30-30, Ernests lo ha scherzato con una mortifera combinazione palla corta-passante. Un atto di lesa maestà, un’umiliazione che andava ben oltre l’importanza del punto. Non è un caso che Roger abbia accusato il colpo fino a cedere nettamente il terzo set. Ma Roger è un campione e ha saputo rimettersi in carreggiata, “purificandosi” nel quinto game del quarto, quando ha saputo gestire l’ennesima mancanza di rispetto: Gulbis gli ha annullato una palla break con un tocco di dritto in avanzamento, in risposta a una smorzata. Poteva essere la resa, invece il break è arrivato ugualmente e Roger è rapidamente volato 5-2 e servizio. A quel punto, Gulbis è uscito dal campo per qualche minuto. Accolto da una bordata di fischi, ha infilato un parziale di 10 punti a 1 che per poco non riapriva il set. Federer evitava problemi e allungava la pugna.
STAVOLTA IL DRITTO VA FUORI
Il quinto set non ha avuto niente di epico: solo la personalità di Ernests, imbattuto da otto partite e inarrestabile in Francia (quest’anno ha già vinto a Marsiglia e Nizza). Nel secondo game è scappato via: il break è stato sigillato da un dritto inside-out di Roger, fuori di pochi centimetri. Un colpo simile, cinque anni fa, gli aveva evitato la sconfitta contro Tommy Haas e aveva gettato le basi per l'unico successo parigino. Stavolta è finito in corridoio e crediamo che a Roger vada bene così. Se nel 2009 gli avessero chiesto di firmare per vincere allora e perdere oggi, lo avrebbe fatto subito. “Me la sono fatta sotto” disse Gulbis nel 2010, dopo averlo battuto a Roma, parlando delle emozioni al momento di servire per il match. L’esperienza gli è servita: nel quinto set è stato implacabile, senza concedere a Federer una sola chance per dare un tocco di epicità. Un rovescio in corridoio ha sancito la sorpresa. Ma i ruoli si sono ribaltati soltanto nel punteggio, perché la regia francese ha fatto scelte tutte sue: anziché mostrare l’esultanza di Gulbis (contenuta, come sempre) ha fatto vedere la delusione di Roger. E non ci hanno fatto vedere nemmeno la stretta di mano, indugiando su Mirka Vavrinec. Un piccolo segnale che Federer, nel cuore dei francesi (e non solo, obviously), resterà il numero 1 a prescindere da qualsiasi risultato. Però ha fallito i quarti per la prima volta dopo nove anni e l’ultima zampata Slam sembra sempre più difficile. Adesso arriva l’amico Wimbledon, sede del 17esimo successo, l’ultimo. Da allora sono passati due anni. Il balsamo del verde riuscirà a disintossicarlo dalle tossine del rosso?
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