Il pivot americano (201 cm) oggi battaglia con Tsitsipas, ma ha già catturato l’attenzione di tutti nella prima settimana. Il 2023 è l’anno del salto di qualità

Chris Eubanks ha 27 anni e viene dal deep south degli Stati Uniti. E’ alto due metri ha l’eleganza di un lord, un sorriso da presentatore tv – cosa che fa a tempo perso per Tennis Channel – e due gambe da cestista. E’ il figlio di un predicatore battista, e la domenica dovrebbe andare in chiesa:

«Mio nonno, il padre di mia madre, ha fondato quella che oggi è una chiesa battista importante a Memphis- racconta – La cosa buffa dell’essere figlio di un predicatore è che quando giochi i tornei il sabato e la domenica, ti perdi un sacco di messe». Il tennis gli ha rovinato i weekend in parrocchia, ma non ha turbato la sua fede: «Penso che sia importante infondere la fede in giovane età, ma che possa significare cose diverse per persone diverse. Per me una delle cose principali dell’avere fede è portarla in ogni ambito della vita, anche nel mio tennis. È la fiducia che se continuo a fare quello che devo fare, andrà tutto bene». Guardandolo è inevitabile, anche se esagerato, farsi venire in mente Arthur Ashe, il Duca nero del tennis, il primo afroamericano a trionfare a Wimbledon nel 1975 battendo in una memorabile finale Jimmy Connors.

E’ uno dei 18 tennisti, non tutti americani, che hanno giocato nel campionato universitario americano prima di provarci con il professionismo. Per anni si è aggirato nella periferia del grande tennis, fra il numero 200 e il 150, quest’anno è esploso entrando per la prima volta fra i primi 100, dopo il primo titolo Atp vinto sull’erba di Maiorca è salito al numero 43. Qui ha liquidato metà delle speranze british buttando fuori dal torneo Cameron Norrie, poi si è sbarazzato anche del Serve & Volley integrale di Grant O’Connell, oggi prova a riservare lo stesso trattamento a Stefanos Tsitsipas. «Sono cresciuto ad Atlanta, dove per fortuna c’erano tanti buoni giocatori, da Jarmere Jenkins che ha fatto da sparring partner, a Donald Young che mi ha fatto da fratello maggiore. Mio padre mi ha messo una racchetta appena ho avuto l’età per riuscire a impugnarla, ho sempre detto che avrei fatto il tennista ma ho capito che era vero solo quando ho iniziato a vincere da junior».

Il tennis da erbivoro gli sta «crescendo lentamente dentro», toccherà a Tsitsipas verificare a che punto è la crescita. Sperando (pregando?) che il figlio del predicatore non sia già pronto per un’omelia nel Tempio del tennis