di Federico Ferrero
Viaggio nel girone dei golosi
Il sequel di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” non si potrebbe ambientare a Las Vegas, terra dello show business, delle luci rutilanti e degli eccessi. La pasta, come la intendiamo noi, la torta, che non è quella della nonna, si fanno in una cricca italiana con gente che fuma sigari e bisbiglia, non al sole del Nevada. Tutto il mondo è paese, però. E come tutte le cose nate male e pensate male, tutte le rivoluzioni tirate per i capelli al grido di “chi non sceglie non sbaglia”, la novità dei round robin è sprofondata, con grave danno del tennis e con un re nudo in piazza a chiedersi il perché di tante risate.
Se ancora non conoscete i fatti leggete “Las Vegas, girone infernale” e “Las Vegas, è tutto un azzardo” a firma del nostro Gabriele Riva.
I gironi, viziati dal desiderio di trasformare il nostro sport in uno spettacolo di Hollywood immediatamente monetizzabile e rivendibile, sono morti proprio nella patria dello spettacolo (si chiama legge del contrappasso, mister ET) rendendo al tennis e alla sua reputazione un servizio pessimo. Ma Etienne de Villiers, l’amministratore delegato dell’Atp, chiamiamolo così, perché non si assume le responsabilità di quanto ha detto, disdetto, fatto e disfatto? Ha introdotto un sistema fallimentare. L’ha sostenuto e imposto. Accortosi di una diabolica spira in cui stava finendo il torneo di Las Vegas ha deciso di violare le regole da lui introdotte riammettendo in gara un eliminato, James Blake. Ha pagato Korolev per farsi perdonare. Poi Safin e Hewitt gli si sono rivoltati contro ed ET ci ha ancora ripensato. Ha detto che era notte fonda quando lo hanno svegliato, era intontito, aveva capito male. Ha ricacciato Blake, scusandosi, e ha riammesso Korolev. Poi ha dato la colpa ai giocatori che si ritirano quando le partite non contano (comportamento unfair, ha usato questa parola, cioè sleale).
Abbiamo capito che “le torte” si fanno anche all’estero. Ma noi, che la torta l’abbiamo brevettata, qualche volta la tiriamo anche in faccia: il signor De Villiers (nella foto) sarebbe un bersaglio appetitoso.
Bel Tempo: l’Italia che fa scuola
A giugno i vertici del tennis mondiale si riuniranno per decidere il prossimo presidente della Federazione Internazionale Tennis. Sarà una bella vacanza nell’affascinante Tunisi perché il candidato è già scelto e sarà una one man band a esibirsi. Quella di Francesco Ricci Bitti, ex presidente della federazione nostrana. Ben voluto quasi da tutti, il nostro ingegnere elettronico, passato dai circuiti stampati dell’Olivetti ai tabelloni degli Slam. E a noi che viviamo di tennis piace l’idea di piacere al mondo del tennis. Non abbiamo Federer e neppure Blake, cari fratelli d’Italia, ma il Presidente della Repubblica Globale della Racchetta è tutto nostro.
Previsioni del tennis
Breve aggiunta all’ancora embrionale capitolo Coppa Davis. L’Italia priva di Galimberti, col dubbio Seppi, con l’incognita Volandri (che sul cemento non è Volandri) e Bracciali (che sul cemento è Bracciali, nel bene e nel male, ma si gioca tre su cinque per tre giorni di fila) avvicina timorosamente la trasferta israeliana. Ma siccome lo stellone non è solo un’invenzione degli scaramantici eccoti Potito Starace che esce dal torpore per candidarsi, tu pensa, non tanto al ruolo di singolarista, quanto a quello, inatteso e provvido, di doppista. Ad Acapulco l’azzurro s’è inventato novello Nargiso con Martin Vassallo Arguello, che non è Pat Cash, e ha vinto il titolo superando tre coppie solide: Garcia e Prieto (nei primi quaranta), Acasuso e Calleri (di classifica bassa ma potenziale alto) e il duo Dlouhy-Vizner (entrambi top venti). Ora si propone un sodalizio non… solido con Daniele Bracciali per giocarsela con Andy Ram e Jonathan Erlich. Che sono forti, sì, ma non sono i gemelli Bryan. Con tutti i problemi di formazione che avrà Corrado Barazzutti, tuttavia, questo sembra essersi risolto da sé: il secondo doppista è spuntato fuori dalla terra messicana.
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