La Schiavone perde in tre set contro la russa Vera Dushevina. Vince il primo al tie-break, perde in volata il secondo e cade nel terzo…

dal nostro inviato a Londra Gabriele Riva – foto Ray Giubilo

 

Nell’inserto da 16 pagine che il Times ha mandato oggi nelle edicole inglesi, Francesca Schiavone era “consigliata”, una di quelle da andare a vedere. Definita “entertainer”, per il modo di giocare e per i comportamenti. Purtroppo per la fresca regina della terra rossa, il trono sull’erba tende a scivolare e così è arrivata una sconfitta dolorosa per chi ha ancora in mente i sorrisi di Parigi. Il suo primo turno contro la russa Vera Dushevina era il terzo match in programma sul nuovissimo campo n.2, battezzato appena nel 2009. L’inizio del match non aveva lasciato presagire nulla di buono, con una Francesca sotto nel punteggio ma, ancor più preoccupante, nel ritmo e nel gioco, impossibilitata a rispondere alle prime forti, ancorché piuttosto piatte, dell’avversaria. Vera era già riuscita a mettere sotto Francesca, nel loro primo incontro, a Madrid 2009. Finì allora in tre set, come oggi.

 

Proprio così, perché seppur costantemente sotto nel punteggio, la “Schiavo” è riuscita a rimanere agganciata al parziale senza crearsi troppi problemi. Agguantata la parità sul 3-3 e poi sul 5-5, la milanese si è presentata al tie-break con la concentrazione dall’accento francese, quella che si è portata dietro da Parigi. Sette punti a zero, tutti figli di gran diritti, rovesci in back “scivolosissimi”, solide prime di servizio. Non siamo ai livelli del “jeu decisif” messo in faccia alla Stosur un paio di settimane fa ma poco ci manca. Dopo 57 minuti la partita sembrava messa sulla retta via, quella che avrebbe condotto la testa di serie n.6 del torneo a due turni forse più agevoli, per caratteristiche e caratura dell’avversarie, rispetto al primo.

 

Ma la Dushevina non si scompone, sciogliere non se ne parla. Continua a giocare il suo tennis, tutto e sempre uguale. Botte di qua, botte di là, variazioni nemmeno col binocolo; a rete, meglio lasciar perdere. Si va avanti a braccetto, come le vecchie signore inglesi con cappello che si danno una mano vicendevolmente per salire i ripidi scalini del nuovo showcourt. Francesca ha anche qualche occasione per andare avanti 6-5 nel secondo, col servizio a disposizione per chiudere. 15-40, ma niente. Un vantaggio, ma niente. Una risposta così-così e due buoni servizi chiudono la porta. Vera si salva con le prime palle, costringe la Nostra a servire lei per restare nel set. E si crea l’occasione. Che sfrutta appieno, e subito. Il 7-5 allunga la partita, che va oltre le due ore di gioco.

 

Il terzo parziale comincia come il primo: tanti deuce e vantaggi dai quali esce sempre con la testa davanti la 23enne n.56 Wta. Tanto da arrivare a condurre per cinque giochi a zero un set che dura un battito di ciglia. Francesca tiene il servizio per evitare l’ovetto, ma nel turno successivo deve arrendersi dopo essere riuscita ad annullare solo il primo dei due match point, il secondo vola via insieme alla risposta di diritto. Lo strascico di Parigi c’è e ha influito: fisicamente, mentalmente e tennisticamente. Ma non solo: tornando verso gli spogliatoi, che stanno sotto al Campo Centrale, per i vialetti dell’All England Club, tutti si sono girati, passando, a dare uno sguardo alla campionessa del Roland Garros, indicandola col dito e inventandone le più clamorose pronunce, da “Sciavone” a “Stcàvone” passando per un più accettabile “Schiavoni”. Prima non succedeva mai.

 


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