È trascorso più di un anno da quando Jeremy Chardy ha sposato la sua Susan. Da allora, non ha ancora avuto tempo per effettuare l'agognato viaggio di nozze. L'aveva pianificato per questa offseason, ma il richiamo della bandiera è troppo grande. Grazie alla lucida follia di Yannick Noah, il 31enne di Pau avrà un grande privilegio: giocare, da titolare, l'ultima finale di Coppa Davis. Quella vera, con partite al meglio dei cinque set, il fantastico clima casa-trasferta e la sensazione che non basti la tecnica per vincere le partite. Ci vuole soprattutto cuore, tanto cuore. Noah ritiene di averlo visto in lui, in tre settimane di allenamento sulla terra battuta indoor. Qualche giorno fa, quando pensava di essere in ballottaggio con Tsonga (invece ha scippato il posto a Pouille), Chardy diceva che la terra al coperto era la sua superficie. Può darsi: di sicuro è un polivalente, in grado di giocare bene dappertutto. È così sin da giovanissimo, quando vinse il titolo giovanile a Wimbledon nel 2004. Con un tale biglietto da visita, pensava di vivere una carriera ancora migliore. È diventato un ottimo professionista, ma senza mai graffiare i migliori. I motivi sono semplici: tanto forte in attacco e dotato di un ottimo servizio, è un po' scadente in difesa ed è piuttosto debole con il rovescio. Sarà lì – verosimilmente – che Borna Coric spingerà nel match inaugurale di Francia-Croazia (ore 14, diretta SuperTennis). “È sempre un piacere essere in squadra, soprattutto in una finale – ha detto Chardy – c'è una grande atmosfera e in questi giorni mi sono allenato molto. Non credo di essermi mai allenato così tanto. Vogliamo vincere e faremo tutto il possibile per riuscirci”. Yannick Noah è molto attento alle questioni umane. Non si limita a osservare gli allenamenti, ma sa guardare dentro i suoi giocatori.
NOAH: "JEREMY È UN GRANDE ATTACCANTE"
Ha capito che Chardy meritava la chance, anche in virtù di un attaccamento viscerale ai bleus. Non è mai stato il miglior francese, le sue presenze in Coppa Davis sono sempre state il frutto di assenze altrui. Ma non ha mai fatto mancare l'entusiasmo, il sorriso, la voglia di esserci. Come nel primo turno del 2011 contro l'Austria, primo match dopo la rovinosa finale del 2011, o nei quarti di due anni fa contro la Gran Bretagna. “Vogliamo vincere, favoriti o no – dice Chardy – non mi spaventa nulla: l'evento, lo stadio o l'avversario. In fondo basta ripetere quello che ho fatto in allenamento”. Il suo rendimento contro Coric sarà la discriminante per capire se schierarlo anche domenica, essendoci uno scalpitante Lucas Pouille. “C'erano molti parametri da considerare, Lucas è pronto per domenica – dice Noah – la nostra fortuna è avere tra singolaristi”. Su Chardy si è espresso in termini lusinghieri. “Penso che sia un ottimo giocatore, dall'enorme potenziale – continua Noah – credo che una partita di Davis si vinca attaccando, e lui è un grande attaccante. Mi aspetto che giochi come sa fare. Abbiamo trascorso molto tempo a lavorare su alcuni aspetti solitamente trascurati. Vedremo se funzionerà”. Secondo Chardy, scendere in campo venerdì sarà il miglior momento della sua carriera. “Giocare una finale di Coppa Davis in casa è il sogno di ogni giocatore. Sono orgoglioso di poter scendere in campo, ho dato tutto in allenamento ed è un grande orgoglio avere la fiducia di Noah. La userò tutta, sono convinto che possa darmi molto”. D'altra parte, il buon Yannick sa come caricare i suoi. Lo ha convocato nella sua stanza e gli ha comunicato la decisione in un discorso a quattr'occhi. “Coric? È un ottimo giocatore, l'ho battuto in passato ma quest'anno è cresciuto molto. Sarà una partita diversa rispetto al passato, dovrò concentrarmi su quello che ho fatto in allenamento”. Avrà bisogno di un mezzo miracolo, perché il suo tennis – in effetti – ha alcuni buchi che possono diventare molto profondi se vengono centrati dall'avversario. Ma con 25.000 spettatori a fare il tifo, tutto può sembrare più facile. E poi basta dare un'occhiata alla panchina…