Nel torneo cadetto francese è tempo di verdetti: a giocarsi il titolo due ex top 20 come Jerzy Janowicz ed Ernests Gulbis, giocatori accomunati dallo stesso desiderio: tornare ai fasti del passato


Una finale extra lusso

I tornei Challenger sono senza ombra di dubbio una vetrina importante per i tanti giovani tennisti in rampa di lancio, che cominciano ad assaporare il vero senso della competizione professionistica approcciandosi a competizioni di questa portata. Step necessario ed imprescindibile per il salto nel tennis che conta, col tempo le manifestazioni del circuito minore hanno visto tutti i più grandi campioni formarsi ed affermare tutto il proprio potenziale sin dalle primissime fasi di carriera. Talvolta però possono anche essere scenario di ritorni, di improvvisi ed insperati comebacks di giocatori con un ottimo passato Atp che riescono ad indovinare la giusta settimana per tornare ad essere competitivi come un tempo.

Il Challenger di Pau, in Francia, ne è un classico esempio: a giocarsi il titolo saranno due giocatori navigati ed esperti, scomparsi o quasi dai radar Atp, come Jerzy Janowicz, sprofondato oltre la millesima posizione dell’attuale ranking Atp, ed il lettone Ernests Gulbis. In Francia, lì dove si era affacciato al grande tennis con la strabiliante finale ottenuta nell’edizione 2012 di Parigi Bercy, il polacco sta lentamente cercando di tornare a quei livelli che nella stagione immediatamente successiva lo hanno portato a scalare la classifica mondiale fino al gradino numero 14. In tal senso, guardando le statistiche dei match disputati, le sensazioni sono più che incoraggianti: nei 5 incontri vinti nel torneo francese, Jerzy ha concesso la miseria di 7 palle break – tutte annullate – e ha lasciato per strada solo un set all’azzurro Lorenzo Giustino negli ottavi di finale.

L’analisi di Gianluca Carbone, coach di Giustino

Gianluca Carbone, coach del tennista italiano, è rimasto impressionato dalle seppur note attitudini offensive del giocatore di Lodz, apparso rivitalizzato a livello di fiducia soprattuto nei fondamentali da fondo campo: “Il servizio di Janowicz è parecchio solido come qualche anno fa – ha dichiarato al termine della partita – è un colpo tipico dei più grandi, dei giganti, come Opelka o altri: ha un movimento corretto, molto buono tecnicamente e difficilissimo da decifrare. Da fondo campo ha tenuto molto bene seppur penso che non sia ancora al massimo del suo rendimento. L’ho visto un po’ lento sugli spostamenti laterali, ma penso rientrerà in forma in pochi mesi. Onestamente Lorenzo non poteva fare più di così”.


Un tennis da sempre completo e ricco di soluzioni quello di Janowicz, che sopratutto sulle superfici rapide può ancora dire la sua nonostante la mobilità non sia quella di un tempo: “Oltre al servizio, a rete gioca sempre bene – ha proseguito Carbone – senza dubbio qualora mantenga percentuali elevate con la battuta può sopperire alle carenze negli spostamenti”. Per continuare ad immagazzinare punti preziosi per scalare velocemente un ranking quantomai poco veritiero, l’attuale 1036 del mondo cercherà di mettere le mani su quello che sarebbe il trofeo numero 5 della sua carriera, in una finale che lo vedrà opposto ad un giocatore talentuoso e completamente fuori dagli schemi come Gulbis, ex top ten che non ha mai fatto della continuità – e spesso della serietà – il suo cavallo di battaglia. Nonostante la figura del lettone imponga massima cautela nei giudizi, il 2020 sembra esser iniziato col piede giusto per il tennista di Riga: prima il terzo turno agli Australian Open partendo dalle qualificazioni, ora la finale Challenger numero 8 della carriera lasciano ben sperare per ritrovare ai livelli che gli competono un giocatore di altissimo profilo, capace – se in giornata – di battere chiunque.