Anni ’50. La “globe-trotters del tennis”, riconoscibili Sedgman, Gonzales, Trabert e Hartwig
Dilettanti o professionisti?
Assolutamente dilettanti. Quasi tutti i giocatori appartenevano a un ceto agiato ed è ovvio che nessuno pensasse di ricavare un utile dalla pratica del tennis, anche se all’epoca fiorivano costose scommesse fra i giocatori e gli spettatori dei circoli. Col tempo però si fece avanti una categoria di tennisti cosiddetti “poveri” che presero la decisione di guadagnare con il tennis, questi furono dichiarati “professionisti”. Sorse una controversia e una serie di equivoci che ebbe la durata di 80 anni. I dilettanti erano convinti di essere i detentori del vero tennis e, forti del prestigio delle nobili personalità che annoveravano, ottenevano di escludere dai più prestigiosi tornei i professionisti. Questi però erano bene organizzati, facevano proseliti e le loro esibizioni, altamente qualificate attiravano un grosso pubblico. C’erano anche altri lati della vicenda che andavano considerati: quanti fra i cosiddetti “dilettanti” prendevano compensi sottobanco? Che valore poteva avere un torneo internazionale nel 1938, per esempio, che escludeva giocatori come Don Budge o Fred Perry, allora i più forti del mondo, ma passati al professionismo? Solo nel 1968 avvenne la fusione tra dilettanti e professionisti – con la collaborazione del campione americano Jack Kamer – quando venne giocato il primo torneo “Open” cioè aperto a tutti.