Ruben Ramirez Hidalgo è il più anziano tra i top 100. Il segreto: “Amo il tennis, è tutta la mia vita”. Tanti lo scambiano per Gaudio e Dolgopolov, lui non pensa al ritiro nonostante due figlie.
Ruben Ramirez Hidalgo nel giorno della "quasi vittoria" contro Roger Federer
Di Riccardo Bisti – 2 maggio 2013
Il cavaliere solitario del tennis mondiale è ricordato per un paio di episodi. Il primo (molto globale) riguarda un match buttato via a Monte Carlo contro Roger Federer. Avanti 5-1 nel terzo set, Ruben Ramirez Hidalgo si rese conto di cosa stava succedendo e finì col perdere. Il secondo (molto personale), riguarda la sua simpatia. Anni fa, facevamo compilare a tutti i top 100 delle schede per scegliere il giocatore perfetto: miglior dritto, miglior rovescio, ecc…Il buon Ruben fece il finto offeso quando vide che mancava il suo nome tra i migliori dritti del circuito. “Beh, puoi sempre aggiungerti!”. E lui: “Vabbè, vabbè…”, accontentandosi di mettere la croce accanto a Roger Federer. Oggi ha 35 anni e fa due mestieri: il padre e il tennista. In barba a Tommy Haas, è lui il più anziano tra i top 100. Non è stato numero 2 ATP, ha vinto molto meno, ma ha la stessa passione. In 15 anni di carriera ha giocato soprattutto tornei challenger, nel 90% dei casi sulla terra battuta, da buon spagnolo che si alza la manica destra prima di ogni punto e gioca ogni punto col braccio nudo (ma indossare uno smanicato no?). Ramirez Hidalgo gioca ancora perché gli piace il tennis. Secondo lui non c’è un modo migliore per guadagnarsi da vivere. E allora perché smettere? La passione è nata una vita fa, ad Alicante, quando suo padre lo portava al club e lui ha iniziato a raccogliere le palle altrui prima di iniziare a colpire. “Ruben ha 35 anni, ma ha ancora la mentalità di un principiante” dice Santiago Ventura, ex giocatore con cui co-gestisce un’accademia nella città natale. “Da noi ci sono ragazzi di 21-23 anni, ma Ruben si allena più duramente di loro. Gli piace da matti giocare a tennis”.
La seconda giovinezza di Ramirez Hidalgo è partita da un infortunio alla caviglia destra patito a San Paolo (quello dei campi in condizioni pietose, ricordate?). Ha potuto ricaricarsi e ha ripreso a giocare bene sulla terra americana, raggiungendo i quarti a Houston. Poi ha vinto (a modo suo) il challenger di Panama City, vincendo alla distanza tre delle cinque partite. La finale contro il colombiano Alejandro Gonzalez è durata quasi 3 ore. “Quando ci vediamo, ci salutiamo sempre – racconta Tommy Haas – è dura riuscire a fare quello che lui ha fatto in questi anni, giocando centinaia di challenger e qualificazioni. Ama lo sport”. Dopo Panama City, ha raggiunto le semifinali a Savannah, battendo Mardy Fish prima di giocarsela alla pari con Ryan Harrison, 15 anni più giovane di lui. “In tanti mi chiedono perché continuo a giocare – dice il diretto interessato – io dico sempre che il tennis è la mia vita. Il tennis mi dà tutto, molto di più di quanto avessi sognato da giovane”. L’esperienza gli ha consentito di trascorrere gli ultimi anni senza allenatore, riducendo drasticamente le spese. Per arrotondare, partecipa a diverse gare a squadre. Il suo prize money parla di circa 2 milioni di dollari intascati in carriera. Non è poco, ma non gli sarà rimasto granchè: “E’ difficile fare soldi, ma se entri tra i top 100 si può guadagnare qualcosa”. Il torneo più redditizio della sua carriera è stato il Roland Garros 2006, quando battè David Ferrer e giunse agli ottavi, intascando 84.000 dollari. Per lui era come giocare in casa, visto che sua madre è francese.
In 20 partecipazioni Slam, fu l’unica volta in cui superò il secondo turno. In tutta la carriera, non ha mai raggiunto una finale ATP. Buona parte della sua popolarità, più che ai risultati, è dovuta alla presunta somiglianza con Gaston Gaudio e Alexandr Dolgopolov. In più di un’occasione gli hanno chiesto un autografo, scambiandolo per l’argentino o per l’ucraino. Lui sta al gioco e firma. Come detto, è un tipo simpatico e (molto) spiritoso. La vittoria che ricorda con più piacere quellaa su James Blake a New Haven 2006, quando annullò cinque matchpoint all’allora numero 5 ATP. Sempre quell’anno, ha raggiunto il numero 50 del ranking, sua miglior classifica di sempre. E poi c’è il ricordo di Monte Carlo 2008, quando stava per punire Federer. Un tweener lo portò sul 4-0 nel terzo set. “Forse quel colpo ha fatto arrabbiare Federer, che allora ha preso a giocare alla grande”. E il futuro? Oggi è numero 98 ATP e si è assicurato il main draw a Wimbledon (27.000 euro sicuri…), mentre per Parigi non ce l’ha fatta e dovrà giocare le qualificazioni. Secondo Santiago Ventura, che ha due anni meno di lui ma ha già smesso, Ramirez Hidalgo giocherà anche nel 2014. Gli va bene perché ha l’appoggio della moglie Cristina e delle figlie Martina e Valeria, rispettivamente di 4 e 2 anni. “Ogni anno dico che vado avanti ancora un anno e mia moglie mi sostiene. Oggi però è più difficile perché mia figlia si rende conto della mia lontananza e chiede sempre quanti giorni starò via e quando tornerò”. Intanto è tornato tra i top 100 ed ha realizzato tutti i sogni di ragazzo. “Ho giocato tutti i tornei che da piccolo vedevo in TV. Vi pare poco?”. Per niente.
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