di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Sesto titolo stagionale (12° in carriera), quinto negli ultimi 7 tornei giocati; 29esima vittoria su 31 incontri disputati. Il numero 1 al mondo, già conquistato matematicamente grazie alla vittoria negli ottavi su Petra Kvitova, è un traguardo quanto mai meritato. Certo, nel caso non avesse vinto il titolo, non sarebbero mancate le critiche dei soliti sciacalli, subito pronti a mettere in dubbio l’effettiva validità del ranking che, da questa settimana, sarà guidato da una giocatrice, ancora a secco in quanto a slam, ma che da oggi può festeggiare il primo titolo in uno dei 4 tornei “Mandatory” (insieme a Indian Wells, Miami e Madrid), i primi in ordine di importanza dopo i major.
La vittoria odierna su Vera Zvonareva (a sua volta fresca di best ranking, numero 3), oltre a sancire la netta superiorità della biondona scandinava, pone fine con tutta probabilità anche alla lotta per il primato di fine anno. Nella Race, la classifica in cui vengono presi in considerazione i risultati del 2010, il suo vantaggio nei confronti della Zvonareva è di 1174 punti (7270 a 6096). I Wta Championships ne mettono in palio 1500, per la giocatrice che dovesse aggiudicarseli senza, però, perdere alcun match nel round robin. Occorre ricordare, inoltre, che il solo scendere in campo dà diritto a 70 punti per incontro. Questo significa che, in realtà, il margine di vantaggio della Wozniacki è virtualmente pari a 1384 punti. Vera, che potrà comunque limare qualcosina a Mosca (470 punti in palio per la vincitrice) dove la danese non è iscritta, dovrà comunque obbligatoriamente raggiungere la finale a Doha, sperando nell’uscita precoce della Wozniacki, difficilmente pronosticabile in questo momento.
Caroline diventa così irraggiungibile per Serena Williams (attualmente 3a nella Race a quota 5355) che a questo punto, probabilmente desisterà dai suoi propositi di rentree, lasciando via libera alle azzurre in Fed Cup.
Quello odierno tra “Caro” e Vera rappresentava il loro terzo confronto nel giro di poco più di un mese. Per la neo numero 1 c’era la voglia di vendicare l’inopinata sconfitta subita a New York in semifinale, cui la danese era giunta cedendo soli 17 game (meno di quattro per match) nei primi 5 incontri. Come a Flushing Meadows a partire meglio è la Zvonareva che, dopo aver annullato una palla break nel secondo game, strappa il servizio all’avversaria nel gioco successivo.
Pazienza e aggressività. Erano state queste due paroline magiche, ripetute come un mantra alla vigilia del match newyorkese, il motto vincente della medaglia di bronzo olimpica, un mese fa. Ben presto, però, lo strappo iniziale si rivela illusorio.
E’ proprio la pazienza a venir meno. Avanti 3-1, Vera mette in fila una lunga serie di errori (soprattutto con il dritto) di cui approfitta la neo numero 1 del mondo. E’ un parziale di 20 punti a 5, a regalare alla danese una striscia di 5 giochi consecutivi, grazie alla quale si aggiudica per 6-3 un primo set equilibratissimo nei primi 4 game, ma poi scivolato via troppo in fretta tra le grinfie di Caroline.
Entrambe le giocatrici tirano il fiato nel secondo set. La Zvonareva limita il numero degli errori gratuiti, approfittando di un passaggio a vuoto dell’avversaria nel quarto game. L’improvviso break a zero subito dalla scandinava, decide le sorti del secondo set, conclusosi a sua volta per 6-3.
Il parziale appena perso non scalfisce le sicurezze di una giocatrice che, malgrado abbia da poco compiuto 20 anni, interpreta ogni partita da veterana. Caroline capisce di dover chiedere qualcosa in più al servizio e di dover essere maggiormente aggressiva nello scambio. Il break che deciderà il set (ancora per 6-3) e il match, giunge nel secondo gioco. Vera si porta per due volte sullo 0-30 (nel 5° e 7° game), ma in entrambe le occasioni, la Wozniacki si salva da campionessa. Pardon, da numero 1.
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