Si può vedere la luce in fondo al tunnel da numero 350 ATP, a 24 anni di età? È possibile se ti chiami Carlos Boluda. Per dirla con gli spagnoli, Carlos Boluda Purkiss. Di tanto in tanto, il suo nome emerge perché la sua storia attira, è vendibile, affascinante. Si parla di un ragazzo che soltanto una decina d'anni fa era considerato il “Nuovo Nadal”. Non certo per lo stile e nemmeno per il fisico, ma perché intorno ai 14 anni vinceva tutto, anche più di Rafa. Come accade in questi casi, gli sponsor gli sono piombati addosso. E lui, ragazzo semplice, dell'entroterra spagnolo, si è trovato in un mondo più grande di lui. Le sconfitte e un grave infortunio a 18 anni lo hanno portato sull'orlo del ritiro. “Credevo che le persone mi stessero accanto perché mi apprezzavano come persona, invece era solo interesse. Ho visto lo sporco del tennis”. Oggi è uno dei tanti che sgomitano nel circuito minore. Ha navigato nell'inferno dei tornei Futures, adesso sta mettendo il naso nel mondo Challenger dopo una stagione notevole, la migliore della sua carriera: si è aggiudicato tre titoli Futures (uno in Sri Lanka e due in Marocco), conditi da sei finali. In questo momento, Carlos è numero 350 e ha obiettivi un po' indefiniti. Di sicuro, si è posto una scadenza. “L'idea è chiudere il 2017 tra i top-300 ATP, per poi cercare di migliorare l'anno prossimo. Se dovessi scendere nuovamente intorno al numero 500-600, smetto”. Lo dice con convinzione, senza incertezze. Dietro alle sue parole c'è la coscienza di un ragazzo che, una volta esaurito il bengodi economico dell'adolescenza, è costretto a farsi aiutare dai genitori. Vive ancora con loro, ad Alicante, e non sopporta che continuino a mettere mano al conto corrente. “Il 2017 è stata la mia migliore stagione, ma non mi è rimasto in tasca assolutamente niente. Ho usato i guadagni per pagare l'attività, l'unica soddisfazione è stata quella di poter fare tutto da solo. Nei tornei Futures, fino ai quarti di finale, non guadagni nulla. Per intascare qualcosa devi arrivare almeno in semifinale”.
SOLO RICONOSCENZA PER NIKE
I quattrini sono stati usati in modo intelligente. Carlos si allena a Villena presso l'accademia Equelite, quella di Juan Carlos Ferrero. Si lavora bene, da quelle parti. Boluda lo sapeva: quando si è trovato davanti a un bivio, non ha avuto dubbi. “A casa non avevo più opzioni interessanti, ma volevo continuare a vivere ad Alicante. L'accademia Equelite era la soluzione migliore, anche se ogni giorno devo guidare per 45-50 minuti per raggiungerla”. Gli sta bene così: dopo anni in cui era tutto facile, tutto dovuto, adesso va avanti soltanto perché lo vuole lui. Ogni mattina parte da casa alle 8 del mattino e non rientra mai prima delle 20.30 “A Villena avevo già lavorato un anno quando ne avevo 16. Il mio nuovo coach è Oscar Soria e abbiamo subito lavorato bene. Sono cresciuto notevolmente sul piano atletico. Anche la testa è importante, ma quando il fisico è a posto vado meglio anche con il cervello”. Cercando qua e là, si trovano vecchie immagini che lo vedevano vincere il “Petit As”, mitico torneo Under 12-14, una specie di lasciapassare per il mito. In quel periodo, Nike lo ha messo sotto contratto per dieci anni. Oggi Carlos non indossa più il “baffo”, ma è passato a Joma, azienda spagnola che veste (tra gli altri) Feliciano Lopez. “Posso solo ringraziare Nike. Per loro ero una promessa, i miei risultati hanno rappresentato una delusione ma hanno rispettato il contratto fino all'ultimo giorno. Lo stesso ha fatto Prince. Una liberazione? Forse: passare a Joma è stato un po' come cominciare da zero. Non è che i contratti passati me li abbiano regalati, ma tutto quello che ottengo adesso mi sembra davvero meritato”. Carlos compirà molto presto i 25 anni (il prossimo 11 gennaio), ma il 2018 sarà la stagione decisiva. “Se peggioro, non vado avanti. Se fossi ricco potrei permettermi di fare atri 3-4 anni nel circuito Futures, ma non è il mio caso. Non posso continuare a far spendere i miei”. Non sarà mai il nuovo Nadal (anzi, non lo è mai stato), ma il futuro gli sorride. Si è fidanzato con una modella-avvocato-giornalista, Akett Maria Sabbagh, che lo ha intervistato qualche settimana fa, durante il Challenger di Santo Domingo. Lei vive a Barcellona ma è nata lì. Un amore che funziona: dovesse andare male col tennis, potrà consolarsi. Ma adesso sembra finalmente pronto per vivere una carriera da Carlos, e non da Rafa mancato. Era quello che voleva.