La tecnica di Federer, la tattica di Murray, il fisico di Djokovic, la mente di Nadal: il talento spagnolo sembra una sintesi dei Fab Four, e può migliorare ancora molto. Vediamo come, grazie alla dettagliata analisi di Emilio Sanchez, l’ex numero 7 del mondo, pubblicata sul numero di maggio de Il Tennis Italiano
FOTO RAY GIUBILO
È arrivato un fulmine, un colpo al cuore, una benedizione per il nostro sport. Non solo per come gioca ma per la persona che è, per la sua umiltà, per come sa arrivare alla gente.
Per questo mi ritrovo al computer per analizzare le sue somiglianze con i grandi del tennis. Carlos Alcaraz è un ragazzo semplice, che veramente ama il tennis e questo amore lo fa sentire al pubblico. La gente si emoziona, salta dalle panchine, gioca per giocare e vince giocando, facendo di tutto. Non ricordo quasi nessun giocatore alla sua età con tanto tennis. Ho assistito alle prime tappe di tanti campioni, ma per lui veramente si può spendere la parola «eccezionale».
A 19 anni appena compiuti dovremmo discutere se ha il potenziale per arrivare in alto, se può vincere torni importanti; come facciamo con tutti gli altri suoi coetanei che ancora non sappiamo dove arriveranno. Ma Alcaraz è già là, il 25 aprile è entrato fra i primi 10. Lo stesso giorno di Rafa, nello stesso posto, a Barcellona. Ha vinto già tanto, ottenuto grandi risultati ma io voglio studiare in profondità dove lui fa la differenza sul campo, e di come è capace di emozionare chi assiste ai suoi match.
Per compiere un’analisi completa, paragonandolo con i 3, 4 tennisti che sono stati al top in questo anni, iniziamo con la tecnica. E per questo bisogna citare subito il suo primo coach, suo papà, che lavora al «Tiro de Pichon», il tradizionale club di Murcia che da sempre lo ha sostenuto.
Si vede immediatamente il grande lavoro di base che c’è dietro il tennis di Alcaraz, tutti i suoi colpi sono pulitissimi. Mi raccontava suo padre, Carlos senior, che a Miami il figlio ha passato tantissime ore sotto il sole, giocando contro il muro e ripetendo in continuazione i drill, gli esercizi, fino a quando li aveva in mano. Un grande lavoro, questo, di cui dobbiamo dare merito a papà Alcaraz e… al muro.
La tecnica del dritto è più simile a quella di Federer: per punto di impatto, accelerazione della mano, stile. Potremmo forse dire che grazie a movimenti simili a quelli di Rafa riesce a variare il dritto, e a trovare un maggiore arco nella traiettoria della palla in difesa rispetto allo svizzero. La sua posizione in campo è molto avanzata, e qui si vede la mano di Juan Carlos Ferrero. Anche lui giocava coi piedi sopra la linea, in questo si apprezza la somiglianza.
Allora: stile di Federer, traiettorie alla Rafa ed elasticità alla Djokovic per potersi difendere senza perdere la posizione e mantenere il massimo equilibrio anche quando si trova in difficoltà.
Per quanto riguarda il rovescio voglio sottolineare la somiglianza con quello di Djokovic: Carlos come il serbo ha tantissima facilità a colpire incrociato, e a «cambiare» sul il lungolinea senza mostrarlo. Direi invece che con lo slice è più simile a quello di Roger, gli serve per gestire lo scambio; ma lo migliorerà anche come arma offensiva. Devastante è poi la smorzata di rovescio. Pensateci, mai uno con il rovescio a due mani è stato capace, alla sua età, di essere cosi naturale con lo slice, la volée di rovescio e la smorzata. Questa scioltezza, e la grande capacità di cambiare, di manovrare il gioco, lo aiuta molto ad avere più opzioni. Per me il suo vero talento sta qui, ed è questo che può sfruttare per diventare ancora più forte.
Il servizio è il colpo che può migliorare di più: nelle rotazioni, nel piazzamento, nelle percentuali. Del resto, ha solo 19 anni. Come esecuzione sta a metà strada tra Roger e Novak. Con la prima «piatta» inizia a cercare abbastanza la T, nello stile di Roger; lo slice esterno lo «maschera» bene come Djoko; ma a me quello che piace di più è il «kick», con tanto top spin soprattutto sulla seconda di servizio, che rimbalza altissima e gli permette di dominare. Molte volte cambia posizione di esecuzione, alterna i tre tipi di servizio e qui c’è molto spazio per migliorare. Come impostazione mentale, nel servizio, è molto simile a Rafa: non serve una prima «killer» il secondo o terzo colpo invece lo sono, per consentirgli di prendere subito l’iniziativa.
Tatticamente è raffinatissimo per la sua età: grazie al lavoro con Juan Carlos, ma soprattutto alle tantissime «skills», alle opzioni che può utilizzare nei diversi momenti della partita. In questo lo vedo più simile a Federer, proprio per la capacità di variare.
Passiamo al fisico. Ha solo 18 anni, è già sviluppato, ma penso migliorerà ancora tantissimo nei prossimi cinque anni, sull’esempio di ciò che hanno fatto i Tre Grandi. Quello che posso assicurare è che già a questa età ha i piedi, il footwork di Roger, la forza ed esplosione di Rafa, l’ equilibrio e la flessibilità di Novak: fenomenale. Ma voglio sottolineare, sempre per quanto riguarda il fisico, l’occhio che gli permette di valutare la velocità, l’altezza del rimbalzo, la pesantezza della palla. Tutti i grandi, compreso Andy Murray, in questo sono i migliori. Carlos è come loro, e forse diventerà anche meglio. Trova sempre il tempo giusto, a volte dà quasi l’impressione di potersi prendere un caffè fra il rimbalzo e l’impatto. Insomma è un privilegiato, ha un dono di Dio.
Anche mentalmente Carlitos è eccezionale. I grandi giocano sempre benissimo, lottano, soffrono per tutta la partita; ma la grande differenza sta in come giocano i punti importanti. Carlos è come loro, e lo ha dimostrato a Miami. In finale aveva problemi con il suo «piano A», quindi si è messo a fare serve & volley: 11 volte, e 11 volée vincenti… Nel torneo ha poi giocato 60 dropshot e ne ha vinti 56. La smorzata è un colpo ad alto rischio, ma lui la esegue in maniera naturale, con tantissimo margine e sicurezza. Questo perché possiede la forza innata di credere in se stesso. Sa che il suo gioco è diverso, lo sfrutta, e quando sbaglia lo dimentica in fretta, gioca sempre nel presente. È questo che mi fa impazzire: non ha paura di niente, nemmeno di sperimentare nuove soluzioni. Per lui giocare a tennis significa giocare per vincere, tirando, attaccando, e questa è una dote, un stato mentale ideale e superiore. La gente inoltre lo ama perché il suo è un tennis spettacolare, divertente, che fa innamorare, che emoziona. Alla sua età né Federer, né Djokovic, né Nadal, che pure già vinceva col cuore e con le gambe, si potevano paragonare a lui.
Per riassumere, direi in chiusura che Alcaraz ha la tecnica di Federer, la tattica di Murray, il fisico di Djoko e la testa di Rafa. Assistendo ai suoi match a Miami mi sono emozionato, mi alzavo dalla sedia per applaudirlo. Mi ha inspirato, mi sono ri-innamorato del tennis, e adesso lo prendo come modello per i miei figli e gli allievi dell’accademia. Ne sono convinto: se continua a migliorare, Carlos può diventare uno dei pochi capaci di rivoluzionare il tennis.